Janare
Secondo la fantasia popolare, la janara è un
favoloso mostro femminile, capace di volare, che agisce di notte e che è presente
soprattutto nella zona di Nerano.
Diversa l'opinione di Gaetano Amalfi, il quale, nel
testo Tradizioni ed usi nella Penisola sorrentina, ritiene la janara
una strega. Essenzialmente malefica, la janara è una donna, che ha
ottenuto un potere soprannaturale, grazie ad un patto col demonio.
Pettegoleggia, si stizzisce, si vendica, gelosa come le femminucce che ne han
creato il tipo, ad immagine e similitudine propria.
A Massa Lubrense, nel periodo settembre, ottobre e
metà novembre, i cacciatori di quaglie si recavano in montagna, presso la
località Prete janche. Tale posto era l'ideale per praticare questo tipo
di caccia, in quanto vi affluiva un maggior numero di uccelli, soprattutto di
notte. I cacciatori erano armati di coppi e acetilene. Il coppo è un bastone
alla cui estremità viene fissata una rete di spago; la acetilene una torcia a
gas. Prete janche era il luogo di caccia, ma anche di raduno delle
cosiddette janare. L'esistenza e l'identità di questi esseri non sono
state mai verificate: non si sa, ad esempio, se le janare fossero state
delle persone fisiche, oppure cose di altra provenienza. Il fatto sta che
durante il periodo notturno accadevano degli episodi del tutto strani. Dai
racconti dei cacciatori si evince infatti che durante la notte si creavano dei
vortici d'aria anche a tempo atmosferico ottimale, seguiti da fischi, ed
apparivano dei grossi volatili che erano imprendibili.
* Una terza leggenda narra che anni addietro anche
una giovane coppia di sposi fu interessata dal fenomeno delle janare. Si
racconta infatti che una notte lo sposo, svegliatosi, si accorse che la moglie
non dormiva accanto a lui, per cui si mise a cercarla per tutta la casa. Ma dopo
vane ricerche, se ne tornò a letto. La notte successiva, lo sposo, incuriosito,
pensò bene di spiare la moglie. Fu così che l'uomo si accorse che la donna,
dopo essersi cosparsa di uno strano unguento, si lanciò dalla finestra,
volando. A quella visione il marito rimase sconvolto e decise di sostituire il
fluido magico con dell'acqua. La terza notte la moglie, ignara della
sostituzione, si cosparse di nuovo col fluido, e, lanciandosi, precipitò.
Quando il marito si recò a soccorrerla, pronunciò le seguenti parole: "Meglio
na mugliera cu 'e cosce rotte, ca janara". (Traduzione: "Meglio
una moglie con le gambe rotte, che strega")
*
Delle Janare ho sentito dire che escono di notte per fare dei dispetti, non
bisogna lasciare le finestre aperte perché altrimenti entrano in casa e non si
possono più cacciare; non bisogna stendere la biancheria di notte ai bambini
altrimenti piangono sempre. Una volta mio padre mi raccontò che la notte quando
lavorava nella cava venivano a trovarlo dodici signore che volevano cenare dopo
che si erano sfamate sparivano nella notte.
|
o'
munaciello, spirito della casa
Il Douglas racconta che a Massa Lubrense molte
persone credono al munaciello. Si tratta di uno spirito domestico, che può
anche essere utile, se si sa come trattarlo. D buoni numeri per il lotto e
indica dove sono nascosti i tesori; ma bisogna tenere la cosa tutta per sé,
senza imitare quella sciocca massaia, che ogni giorno si vedeva riempire d'olio
la giara, fino a quando non mandò a monte questa fortuna, confidando il segreto
alla vicina. Questo munaciello assume le forme pi diverse: a volte
protegge la casa assumendo la forma di un serpente, altre volte si presenta al
viandante atterrito come uno spettro o anche come un cadavere senza testa.
Più spesso ancora si limita a fare dispetti o a
prendere in giro la gente. Nella speranza di trarlo in inganno, un tale rimise
in ordine e arredò una torre diruta, che si diceva fosse abitata dallo spirito;
ma la prima sera in cui vi entrò, venne buttato fuori dal letto. Se si guarda
dal mare verso Cantone, si nota, ad occidente, proprio sotto la cima del monte
S. Costanzo, una costruzione gialla, isolata, in mezzo agli olivi: la chiamano Grale,
con un nome di cui si ignora il significato, o casa degli spiriti. Era la
residenza estiva dei monaci che vivevano pi in basso e di essa si raccontano
cose strane e non certo edificanti. Questa casa degli spiriti sarebbe,
infatti, uno dei rifugi preferiti del munaciello, il quale avrebbe
gettato una donna dal tetto, dal letto un bambino ed in seguito, trasformatosi
in porco, avrebbe costretto un uomo a precipitarsi in un burrone dove morì.
Le leggende locali che riguardano il munaciello,
il quale, a volte, accompagnato da uno o pi gatti, potrebbero riempire
addirittura un volume. Egli il monaco malizioso e furbo, che ha un piede
nell'inferno; ma ci che lo rende particolarmente interessante il fatto che,
intorno a questa concezione moderna, che lo rappresenta come un frate
grassottello e vivace, si sono venuti radunando molti frammenti di superstizioni
antichi e medievali, che affiorano, qua e là, sulla corrente del tempo: la
Strega, Sabazio, la regina Mab, Poltergeist, lo Spirito familiare, Proteo e così
via. Si formata, così, una composizione eterogenea, come quella delle isole
lussureggianti dei mari del Sud, che hanno avuto origine, appunto, dalla
sedimentazione di materiale di trasporto fluviale intorno ad un minuscolo nucleo
iniziale.
Invece
del monaciello io ne sono stata vittima. Quando nacqui mia madre non
aveva latte e mi mandò da una donna che mi allattò, costei aveva il monaciello
in casa. Spesso mentre dormivo mi prendeva e mi metteva sotto il letto dove
c'erano le patate. Altre volte, quando fui più grande mi capitò di vedere un
piccolo uomo con un cappello rosso che faceva molti dispetti. Una volta mentre
ero salita su un albero per prender un fico mi vidi alle spalle quest'uomo che
mi spinse giù. Piangendo raccontai la cosa alla signora, ma lei mi calmò
dicendo che avevo solo sognato. Più tardi il marito, che era un ubriacone, mi
svelò che nella loro casa c'era il monaciello e la moglie non lo sbrovognava
(rivelava) perché le faceva trovare i soldi nello zucchero. Il monaciello
ritenendomi un'estranea alla famiglia cercava di cacciarmi. Quest'uomo dopo
pochi mesi morì.
*
Dicevano che esistevano i munacielli, io non ho mai visto niente, però
lo dicevano. Una volta dicono che una signora aveva le mucche e ogni volta che
le allattava trovava sempre un serpente sul focolare. Lei non ne parlava mai con
nessuno, nemmeno con i figli. Prendeva una giarra di latte, glielo dava, lui lo
prendeva e se ne andava. Oppure si addormentava, stava un poco lì e se ne
andava. Persino che una volta ne parlò, se ne dovette andare di casa: aveva
solo disgrazie, morivano le mucche. Ebbe disgrazie in famiglia e se ne dovette
andare di casa.
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le sirene
La
maggior parte degli studiosi del settore individuano nel piccolo arcipelago de
Li
Galli le mitologiche isole delle Sirene e sulle origini, sia di queste fantastiche
creature che degli scogli, sono state elaborate teorie di tutti i generi, un
intreccio di mitologia, storia e letteratura. C'è chi asserisce che le Sirene
vissero proprio su questi scogli e chi invece identifica la terra delle Sirene
con il Promontorium Minervae. I
fautori di questa seconda teoria sostengono che successivamente, dopo il
passaggio di Ulisse, primo mortale a resistere al loro canto, queste mitiche
creature si gettarono in mare, annegarono e si tramutarono in questi scogli. Ma
in Omero le Sirene sono solo due (Telxiope e Aglaofone) e gli scogli sono tre (i
maggiori) e allora si dovrebbe dare ascolto a Licofrone che ne nomina tre:
Partenòpe, Leucosìa e Lìgeia figlie di una musa (ma non si sa quale fra
Calliope, Tersicore o Melpomene). Invece secondo la tradizione antica le Sirene
erano figlie di due divinità marine: Forco e Cheto.
In
principio le Sirene erano rappresentate come fanciulle, poi si aggiunsero le ali
e anche il corpo di uccello, lasciando solo nel volto le sembianze muliebri. Ciò
giustificherebbe la loro presenza in queste terre visto che quasi tutti sono
concordi nel fissare la loro origine in Grecia, essendo figlie, oltre che della
Musa, del fiume Acheloo. Questo scorre, e non per caso, in Acarnania, terra di
origine dei Teleboi, primi colonizzatori di
Capri
circa 3000 anni fa, che avrebbero quidi portato con loro il culto delle Sirene.
Nel corso del loro lungo volo si vuole che le Sirene si siano fermate a
Capo
Peloro (in Sicilia) prima di raggiungere le
Bocche di Capri; itinerario seguito peraltro anche dai Teleboi. Solo
molto più tardi saranno associate ad elementi marini e comparirà la ormai
classica coda di pesce, ma intanto avranno riacquistato il busto femminile.
Un'altra leggenda le vuole vinte dal canto di Orfeo,
ma la conclusione è sempre la stessa: annegamento e trasformazione in scogli.
Una, seppur minima, variante a queste storie è quella secondo la quale i loro
corpi furono invece trasportati dal mare sulle spiagge di
Napoli
(Partenope), di Posidonia - l'attuale
Paestum
- (Leucosia, dal nome della quale deriverebbe
Punta
Licosa), e di Terina (Ligeia).
Circa la collocazione di quest'ultima si deve notare che su alcuni testi si
parla di una Terina in Calabria, nei
pressi di Sant'Eufemia, mentre altri
sostengono che il corpo della Sirena fosse stato spinto dalle onde sulle rocce
della Punta della Campanella che
quindi si sarebbe chiamata anche Ligera.
(Le
Coste di Sorrento e di Amalfi - di Giovanni Visetti - Editoriale
Scientifica - 1991)
Le Sirene subirono una loro trasformazione marina: da
esseri terrestri, quali erano in un primo tempo, si ritirarono nelle profondità
porporine dell'Oceano, attraverso una migrazione che impose anche qualche
mutamento alla loro struttura anatomica. Gi Euripide diceva di loro che
abitavano l'Ade con Persefone. Dei e semidei percorrono, quindi, lo stesso
cammino degli uomini: EODEM COGIMUR.
E' interessante, peraltro, questa sorprendente
metamorfosi delle Sirene durante i secoli del Medio Evo. Come avvenne? Secondo
Schrader, la prima volta in cui si parlò di Sirene con la coda di pesce fu nel
"Liber monstrorum", scritto alla fine del sesto secolo, dove si
afferma che furono invenzione dei Franchi. Per il Douglas, invece, pi probabile
che fanciulle con la coda di pesce esistessero da tempo immemorabile, almeno in
tutto l'emisfero settentrionale, e che il compilatore di quell'antichissima
opera, non riuscendo a trovare un'opportuna sistemazione alla Sirene classiche,
abbia preferito collocarle tra le forme animali che gli erano pi familiari. Non
dimentichiamo, infatti, che Sant'Isidoro, che fu contemporaneo del "Liber
monstrorum" e gli scrittori bizantini attribuirono tutti alle Sirene
l'antica veste di uccelli e che solo gli Etruschi tolsero completamete alle
Sirene i loro caratteri di uccelli.
(
La terra delle Sirene -
Norman Douglas)
E' dubbio se vere Sirene vivano ancora tra noi, oggi,
quando sono state messe a coltura vaste distese di terra sterile, e
l'incontaminata superficie del mare forma oggetto di studi e di relazioni
ufficiali. Creature del genere, tuttavia, furono ancora trovate in un passato
non troppo remoto. Jacopo Noierus riferisce infatti che nel 1403 una sirena,
catturata nello Zuider Zee, fu portata ad Haarlem e poiché era nuda, si lasciò
vestire, imparò a mangiare come un'olandese, a filare ed a gustare altre
occupazioni femminili. Era di modi gentili e visse fino a tarda età; ma non
parlò mai. Quei bravi borghesi non conoscevano nulla del linguaggio della gente
di mare che, forse, avrebbe reso possibile l'insegnamento della loro lingua, e
perciò essa restò muta sino alla fine dei suoi giorni. Il che veramente è da
rimpiangere, perché, se si eccettua il racconto arabo "Giulnar nato dal
mare", a noi sono pervenute scarsissime notizie sugli usi domestici e sugli
argomenti di conversazione delle sirene medievali.
Nei reali archivi del Portogallo si conservano i
documenti relativi all'aspra contesa insorta tra la corona e il Gran Maestro
dell'ordine di San Giacomo in merito al diritto di proprietà sulle Sirene
abbandonate dal mare sulle spiagge del Gran Maestro. La lite si concluse in
favore del Re: "Sia sancito ce le Sirene e gli altri mostri marini che
saranno gettati dalle onde sulle spiagge del Gran Maestro entrino a far parte
della proprietà del Re". Questo sembrerebbe dimostrare che a quel
tempo le Sirene erano abbastanza numerose. D'altra parte, uno degli episodi più
sicuri è quello riferito dal capitano John Smith, quello della storia di
Pocahontas, il quale è certo degno di fede. "A questo punto, non posso
non ricordare" dice "la meravigliosa creatura di Dio, che vidi
con questi occhi nell'anno 1910. Una mattina, al primo spuntar del sole, mi
trovavo sulla spiaggia, non lontano dal porto di Saint John, quando vidi un
mostro marino che nuotava velocemente verso di me. Ella era d'aspetto seducente:
gli occhi, il naso, le orecchie, le guance, la bocca, il collo, la fronte ed il
viso nel suo insieme sembravano quelli di una splendida fanciulla; i capelli dai
riflessi azzurri le ricadevano lunghi sulle spalle..." Uno strano
pesce, in verità. Il resto del racconto si trova nella "Historia Antipodum"
di Gottfried. Anche dalle opere di Gessner, Rondeletius, Scaliger e di tanta
altra brava gente, risulta evidente che, al tempo loro, le Sirene erano
abbastanza comuni e, certo per questa ragione, godevano discutibile reputazione:
perch tutto ci che comune sembra di scarso pregio, come dimostra efficacemente
la stessa parola "volgare". Questa considerazione aiuta forse
anche a spiegare la loro appendice ittica poiché le Sirene più antiche
somigliavano agli uccelli. La trasformazione dovette aver luogo, immagino, al
tempo di sant'Agostino, quando numerosi pagani cominciarono ad ostentare abiti e
caratteri nuovi, non sempre con proprio vantaggio, e dovette coinvolgere anche
le Sirene nate nelle acque dell'Ellade, che avremmo potuto supporre più
rispettabili e più conservatrici delle altre. ...
Nulla attraversò mai la piccola Grecia senza uscirne
rinnovato e purificato: mille correnti torbide affluirono verso l'Ellade da ogni
parte del mondo per defluire in modo splendido, come un fiume limpido e
tranquillo che doveva fecondare il mondo. Così avvenne anche per le Sirene:
come tante altre cose, esse erano solo un prodotto importato, una delle nuove
idee che, al seguito delle correnti commerciali, erano riuscite ad insinuarsi
tra i Greci e ne alimentavano la fantasia artistica. Oggi, che conosciamo
qualche cosa di più dell'antica civiltà di paesi che ebbero rapporti con la
Grecia, come l'Egitto e la Fenicia, siamo in grado di apprezzare meglio il genio
ellenico, che fu veramente prodigioso nella trasformazione di tutto ciò che
aveva preso in prestito da altri. ...
E' risultato
chiaro che le Sirene non erano indigene della Grecia, ma appartenevano a cicli
non ellenici e più primitivi: "restarono" come dice Butcher
"parole straniere prese a prestito in una lingua, mai perfettamente
assimilate". Come avvenne per tante altre concezioni animistiche,
comuni a molti mari e terre, esse furono trascinate nell'Ellade e vi furono
purificate. Le Sirene che sono familiari a noi non sono demoni di putrefazione,
ma esseri pieni di grazia, che rappresentano una prova del potere umanizzante
dei Greci; non della massa dei Greci, naturalmente, come qualcuno ha creduto, ma
solo dei maestri, di coloro cioè che sentirono la bruttezza come peccato e
credettero sempre che la vendetta ideale è la clemenza. ... Le Sirene
greche vengono raffigurate con i caratteri dell'eterna giovinezza: se ne stanno
su scogli circondati dal mare con la lira in mano, o sorgono dalle acque
lucenti, percuotono i cimbali e scompaiono. Nel loro mito ci sono quella
indeterminatezza, distanza e discrezione che rendono possibile le
interpretazioni più diverse e costituiscono il fascino di molte altre
concezioni greche, che non sono il prodotto di una mente sola, ma formano una
specie di complesso poliedrico, che riflette i vari strati delle culture
sovrapposte: forme belle, ma evanescenti.
Una volta, le Sirene sfidarono le Muse ad una gara di
canto; ne uscirono battute e le Muse vollero ornarsi con le penne delle
avversarie sconfitte. ... Nel corso del viaggio verso Occidente, si
fermarono a lungo sul promontorio Ateneo, che ora è chiamato Punta della
Campanella e costituisce il braccio meridionale del golfo di Napoli, e sulle
isole del golfo stesso. Su quel promontorio, battuto dalle onde, sorse in loro
onore un candido tempio, una delle meraviglie del mondo occidentale.
Nell'antichità, infatti, i promontori erano considerati sacri per i pericoli
che costituiscono per la navigazione. Statue e colonne furono presto spazzate
via ma il ricordo del tempio rimane, racchiuso nel nome del villaggio di Massa
Lubrense (delubrum). Splendida forma di sopravvivenza, se si rifletta: un tempio
racchiuso e conservato nelle lettere di una parola della quale stato dimenticato
il significato, anche se è stata trasmessa da padre in figlio, attraverso i
secoli tumultuosi dei Romani e dei Goti, dei Saraceni, dei Normanni, dei
Francesi, degli Spagnoli; parola misteriosa per il volgo, che riesce a
sopravvivere in eterno, anche dopo che documenti più labili, di pietra e di
marmo, sono completamente spariti dalla terra.
Un'impressione abbastanza soddisfacente della zona si
può avere dal famoso convento del Deserto, sopra Sorrento, oppure dalla vetta
del Monte S. Costanzo, più vicina all'estremità del promontorio. San Costanzo
dovrebbe essere un'isola, come la vicina Capri; ma, probabilmente, rimarrà
attaccato alla terraferma ancora per altre poche migliaia di anni. Da
quell'altezza, l'occhio può spaziare sui due golfi di Napoli e di Salerno,
separati da una catena di colline; la massa imponente e scoscesa del S. Angelo,
che si allunga attraverso la penisola, preclude alla vista il mondo retrostante.
Questa la Terra delle Sirene. A sud giacciono le isolette delle Sirene, chiamate
oggi Li Galli; a occidente Capri, giustamente associata ad esse dall'aspetto
roccioso e seducente; Sorrento, il cui nome derivato dalle medesime isolette, si
stende sul versante settentrionale. ...
Ricordiamo quei vascelli dalle polene finemente
scolpite che nell'antichità solcavano le onde tra Capri e la punta della
Campanella e che riportarono in Occidente oggetti, opere letterarie e pensieri
che, in gran parte, rappresentano ancora il meglio della moderna civiltà
nostra... Più di recente altre memorie aspre e gloriose si sono accumulate e
hanno messo radici su queste rocce e sulle isolette... Fu qui, senza dubbio, che
Ulisse incontrò le Sirene, durante uno di quei periodi di pesante ristagno
estivo, che son conosciuti, da queste parti, come scirocco chiaro o tempo di
bafogna:
Mentre ch'io parlo, la nave alata veleggia; / ed
ecco qual nebbia lontana / i lidi delle Sirene sorgere su dal mare... / Il vento
cessato: nel cielo / gran quiete; nel mare in silenzio / il moto dell'onda
ristagna: / certo un demonio perverso / ha l'aria calmata, il mar levigato
e assonnato... / Caduto il vento, dormono
i flutti in bonaccia.
Questo passo di Omero potrebbe aver suggerito a
Cerquand l'idea che le Sirene "sont le calme sous le vent des hautes
falaises et des îles", con una interpretazione che, più tardi, egli
stesso rifiutò. ...
Erano caste sacerdotesse. Non erano caste
sacerdotesse, ma proprio il contrario. Erano raggi di sole. Erano pericolose
scogliere. Erano una razza di miti pastorelle. Erano simboli di attrazione.
Erano cannibali. Erano spiriti planetari. Erano profetesse. Erano una specie di
gufi orientali. Erano le armoniose facoltà dello spirito. Erano pinguini.
(
La terra delle Sirene -
Norman Douglas)
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