La storia narra delle continue
scoperte fatte dai tre principi dovute sì al caso, ma anche e soprattutto
alla loro sagacia e alla loro capacità di osservazione. In effetti i tre
principi utilizzavano l’abduzione (processo logico, ma quasi un’arte) che
permette di giungere a conclusioni molto verosimili ancorché non certe.
Nel corso del tempo dal significato iniziale si è passati a dar più peso
alle conclusioni tratte che al procedimento logico e quindi oggi
comunemente per serendipity
s’intende sia la capacità, che il
processo o l’avvenimento di cogliere dei risvolti utili derivanti da un
risultato sbagliato o un evento inaspettato.
Viene intesa come la capacità
di trovare o creare cose di valore per caso, di identificare pregi e
risvolti positivi di un risultato inatteso, scoprire qualcosa di
imprevisto mentre si sta ricercando tutt'altro, interpretare correttamente
un fenomeno casuale nel corso di un’indagine scientifica diversamente
orientata, cogliere al volo le opportunità derivanti dal caso e dalla
fortuna, cercare una cosa interessante e, senza volerlo, trovarne una
strabiliante. Su questi temi è stata di recente organizzata una conferenza
dal significativo titolo “Serendipità: finché non la conosci pensi sia
solo fortuna”. Infatti, anche se molti associano i due termini, essi
non sono assolutamente sinonimi e la maggior parte delle scoperte
continuano a nascere dal caso, dalla sagacia e dall'osservazione, i tre
elementi basilari della serendipity che può considerarsi non solo
un metodo di ricerca, ma anche une stile di vita.
Pasteur diceva “Il caso favorisce la mente
preparata” e a prova di ciò è utile ricordare che numerose importanti
scoperte scientifiche, tecnologiche e mediche - fra le quali la
legge di gravità (grazie alla famosa mela caduta in testa a
Newton), il principio d’Archimede (che gli fece gridare Eureka), il nylon, il teflon, il velcro,
il post-it, l’insulina, la penicillina - ne sono esempi lampanti. Solo applicando i metodi della
serendipity il camminatore raziocinante troverà sempre nuovi spunti e
nuovi motivi per esplorare territori prima sconosciuti o osservare i
continui cambiamenti che si succedono ininterrottamente anche in aree
relativamente circoscritte. Il non sapere cosa si stia cercando o la
consapevolezza di non cercare niente in particolare stimolano
nell’escursionista una tensione positiva che quasi mai resta priva di
gratificazioni e di stimoli. Questi a loro volta portano a nuove scoperte,
solo momentaneamente appaganti, e quindi a ulteriori aspettative che
diventano incentivi per continuare ad errare in tutti gli ambienti
possibili.
Anche se è opportuno partire con un
progetto, mira o destinazione, è altrettanto fondamentale essere sempre ed
in ogni momento pronti a modificare, adattare, variare i propri piani in
conseguenza di circostanze, eventi, incontri, percezioni e tracce. E’
importante saper valutare i minimi indizi, anche quelli che ai più possano
sembrare assolutamente insignificanti o privi di interesse come una
piccola impronta sul terreno, un rumore insolito o semplicemente un colore
insolito per un certo habitat.
In conclusione, per godere appieno di una
camminata di qualsiasi lunghezza e impegno, a prescindere dall’ambiente
nel quale si sviluppa, si deve procedere con apertura mentale e con la
giusta concentrazione non solo sull’avanzamento, ma anche su tutto ciò che
ci circonda perché l’insolito, il bello, lo straordinario sono sempre a
portata di mano, di occhio o di orecchio e non si deve perdere l’occasione
di goderne in quanto sono spesso situazioni pressoché irripetibili.
|
© Giovanni Visetti |