POST CINEMATOGRAFICI

indice completo dei  1300 film 2016 - 2018

lista film (pdf)  2015   2014   2012-13

2016

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2017

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2018

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2019

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2020

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2021

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2022

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micro-recensioni dei film guardati nel 2016   (dal 301°al 350°)


leggi tutte le 50 micro-recensioni (in basso, dopo i poster)

Stanley Kubrick, USA, 1987

Gary Fleder,USA, 2003

Julien Duvivier, UK 1948

Francesco Rosi, Ita, 1962

Christopher Nolan, USA, 2005

Steven Spielberg, USA, 1993

Alan Yuen, Cina, 2011

Stephen Hopkins, USA, 2000

C. Coelho da Silva, Por, 2008

Victor Gaviria, Col, 1990

Andrew Dominik, USA, 2007

Dean DeBlois,, USA, 2014

Arturo Ropstein, Mex, 1999

Emilio Maillé, Col, 2005

Héctor Oliveira, Arg, 1979

Octavio Cortàzar, Cuba, 1981

Lucrecia Martel, Arg, 2001

Miguel Littin, Cile, 1969

Ira Sachs, USA, 2016

J. A. Bayona, USA, 2016

Jean Renoir, Fra, 1938

David Lynch, USA, 201

M. O. Gòmez, Cuba, 1969

Manuel Pérez, Cuba, 1973

Benito Zambrano, Cuba, 2005

Scott Derrickson, USA, 2016

Orlando Lubbert, Cile, 2001

Sam Mendes, USA, 1999

Rodrigo Sorogoyen, Spa, 2016

Arturo Ropstein, Mex, 2011

Andrés Baiz, Col, 2005

Ken Loach, UK, 2016

Michael Cimino, USA, 1978

Felipe Aljure, Col, 1993

Sergio Cabrera, Col, 1996

Servando Gonzalez, USA, 1965

Carlos Saura, Spa, 1981

Dago Garcia, Col, 2005

Gustavo Santi, USA, 2009

Matias Bize, Cile, 2005

Francesco Rosi, Ita, 1970

Francesco Rosi, Ita, 1976

Alfonso Cuaròn, Mex, 1991

Alfred Hitchcock, UK, 1930

Alfred Hitchcock, UK, 1931

Alfred Hitchcock, UK, 1931

Alfred Hitchcock, UK, 1932

J. P. Jeunet, Fra, 2001

Billy Wilder, USA, 1950

Robert Siodmak, USA, 1949

301 * “Full Metal Jacket” (di Stanley Kubrik, UK-USA, 1987) * con Matthew Modine, R. Lee Ermey, Vincent D'Onofrio
Penultimo film di Kubrik, terzo e ultimo di soggetto bellico. Di “Full Metal Jacket” fu regista, produttore e sceneggiatore, a partire dal romanzo parzialmente autobiografico di Gustav Hasford “The Short-Timers”, del 1979. L’autore del libro, ex-marine che aveva anche combattuto in Vietnam, collaborò all’adattamento cinematografico. Un film ponderato e ben studiato dal regista newyorkese che è stato uno dei meno prolifici fra i grandi del cinema eppure uno fra i più apprezzati ... solo 11 film nell’arco di 46 anni (da “Fear and desire”, 1953, a “Eyes wide shut”, 1999) e 3 corti (a inizio carriera). Quindi fra questo e l’ultimo trascorsero ben 12 anni, mentre il precedente (“The Shining”, altro cult) risaliva a 7 anni prima.
Ho scritto “soggetto bellico”, ma di guerra vera e propria si parla poco, il nocciolo della questione, come per i due precedenti è l’insensatezza di molti aspetti del sistema militare e la manipolazione dei soldati ai quali vengono inculcati a forza, con pressioni psicologiche e talvolta anche fisiche, alcuni concetti campati in aria, spesso dannosi per i soldati stessi e chi sta attorno a loro, ma certamente utili a chi ha il comando.
Dei tre questo è certamente il più crudo e cruento e ciò è vero sia per la prima parte (addestramento delle reclute nel “boot camp” dei Marines) che per la seconda, quando i protagonisti si troveranno a dover agire sul campo, in prima linea, in Vietnam.
Chiaramente anti-bellico come i precedenti, comprende anche varie considerazioni sul machismo, spesso parte integrante dell’addestramento militare.
Oltre all’ottimo sviluppo dell’argomento, il film è egregiamente diretto e ben interpretato ... da non perdere.

IMDb 8,3 RT 95% * Nomination Oscar per miglior sceneggiatura * all’87° posto fra i migliori film di tutti i tempi nella classifica IMDb
 

302 * “Runaway jury” (di Gary Fleder, USA, 2003) tit. it. “La giuria” * con John Cusack, Rachel Weisz, Gene Hackman, Dustin Hoffman
Come quasi tutti i film-thriller del genere, “Runaway jury” corre sul filo del poco plausibile, altalenando fra l’incredibile e il quasi impossibile. Di solito i film esaltano queste pecche, meno evidenti nei relativi romanzi originali e questo vale ovviamente anche per l’enormemente sovrastimato Dan Brown, Robert Ludlum e soci.
Come ho anticipato, anche in questo caso il regista ha esagerato-spettacolarizzato i pochi scontri fisici, l’inseguimento e le poche scene d’azione. Secondo me, avrebbe ottenuto un risultato molto migliore se si fosse attenuto di più alla essenza della trama (ottima) fatta di misteri, ricatti, sospetti, e trappole. Per l’ennesima volta l’adattamento cinematografico è molto inferiore al testo originale.
“Runaway jury” è la trasposizione cinematografica dell’omonimo romanzo scritto nel 1996 da John Grisham (dai suoi libri sono stati tratti anche “Il socio”, “Il rapporto Pelican”, “L’uomo della pioggia”, “Il cliente”).
Nel suo genere resta comunque un buon film, ben interpretato, con Gene Hackman che sovrasta nettamente gli altri.
IMDb 7,1 RT 72%

 

303 * “Anna Karenina” (di Julien Duvivier, UK, 1948) * con Vivien Leigh, Ralph Richardson, Kieron Moore
L’omonimo romanzo di Lev Tolstoj del 1877, è stato proposto in una dozzina di versioni cinematografiche, la metà dell’epoca del muto, e numerosi adattamenti per la televisione. Greta Garbo ne è stata l’interprete più famosa e ha ricoperto il ruolo di Anna Karenina due volte, per l’ultimo muto (1927) e il primo sonoro (1935) e per molti anni è stata il termine di paragone per le attrici protagoniste degli adattamenti successivi. A quanto ho letto, questo di Julien Duvivier è quello più fedele al testo originale, pur distaccandosene in vari punti.
In quanto a carisma, certamente Vivien Leigh (la Scarlett di “Via col vento) è perfetta per il ruolo, attirando l’attenzione di tutti, dovunque si trovi. Bravo Ralph Richardson nelle vesti del marito, abbastanza deludente e scialbo Kieron Moore che interpreta il conte Vronsky, amante di Anna.
Le scene ambientate a Mosca e San Pietroburgo, sono ben ricostruite, così come notevoli sono i costumi e la cura dei dettagli. Al contrario, le scene legate al treno sono veramente pessime, degne di un muto di serie B.
Interessante, nonostante sia un po’ deprimente ...
IMDb 6,7

 

304 * “Salvatore Giuliano” (di Francesco Rosi, Ita, 1962) * con Salvo Randone, Pietro Cammarata, Federico Zardi, Frank Wolff,
Altro ottimo film-quasi documentario di Francesco Rosi, stavolta ambientato nella Sicilia del dopoguerra e avente come protagonista Salvatore Giuliano ... il “bandito Giuliano”. Pur essendo molto preciso in quanto a date, nomi e avvenimenti principali, non si deve prendere per oro colato tutto quanto si vede sia perché è impossibile descrivere dettagliatamente una storia così ricca che coinvolge tante persone, sia e soprattutto perché molto della storia di Giuliano non si conosce.
Il film inizia proprio con le scene di un avvenimento certo - la sua uccisione - che a tutt’oggi non è stato completamente chiarito ed è stato coperto dal “segreto di stato” fino a pochi mesi fa, così come la strage di Portella della Ginestra (1 maggio 1947, con 11 morti e 27 feriti) attribuita alla banda di Giuliano. Ai flashback che trattano dei suoi ultimi anni di vita seguono numerose scene del processo tenutosi a Viterbo per il suddetto massacro, che vedeva sul banco degli imputati il braccio destro di Giuliano (Gaspare Pisciotta), i suoi luogotenenti e tanti “picciotti” arruolati quasi per forza.
In questa seconda parte del film Rosi comincia a mettere in luce la rete di connivenze fra mafia, politica, polizia e carabinieri che, in un modo o nell’altro, tentarono di sfruttare la fama e le azioni di Giuliano a proprio vantaggio. Chiaramente vengono presentate varie ipotesi, affermazioni poi ritrattate, accuse non dimostrate e, alla fine dei conti, l’unica verità inconfutabile è quella utilizzata da giornalista Tommaso Besozzi come titolo della notizia apparsa il giorno dopo l’uccisione “Di sicuro c’è solo che è morto”.
Il film, molto realistico per essere stato girato nei veri luoghi degli avvenimenti trattati e per l’impiego di tanti attori non professionisti scelti fra i residenti di Montelepre e Castelvetrano, è comunque estremamente utile per solleticare i curiosi ad approfondire vari argomenti che, specialmente oggi, pochi conoscono come il movimento indipendentista siciliano (MIS), il suo braccio armato (ELVIS), i contatti mafia-truppe alleate, fino al misterioso avvelenamento nel carcere dell’Ucciardone di Gaspare Pisciotta, dopo che questi aveva pubblicamente minacciato di svelare i nomi dei veri mandanti della strage di Portella della Ginestra.
Un pezzo di storia italiana poco conosciuto, tanti misteri che non verranno mai svelati.
Quasi obbligatorio guardarlo ... e con attenzione.
IMDb 7,5 RT 100%

 

305* “Batman begins” (di Christopher Nolan, USA, 2005) * con Christian Bale, Michael Caine, Ken Watanabe, Morgan Freeman, Gary Oldman, Tom Wilkinson, Cillian Murphy, Cathy Holmes, Rutger Hauer
L’avevo visto una decina di anni fa e non mi aveva entusiasmato, l’ho rivisto ieri in versione originale e il giudizio non è cambiato, al contrario, mi è sembrato ancora peggiore di quanto mi ricordassi. La storia è traballante, gli inseguimenti (immancabili nei film d’azione americani) rasentano il ridicolo, nessun attore è all’altezza dei suoi precedenti film (e non c’è la scusa del doppiaggio), le scene di scontro fisico sono troppo veloci e spezzettate e quindi poco coinvolgenti. Con il cast (vedi sopra) ed il budget a disposizione (150 milioni di dollari) Nolan avrebbe dovuto fare molto di meglio.
Pur ammettendo che il mio giudizio possa essere condizionato dal fatto che questo genere di film non sono i miei preferiti, senz’altro molti saranno d’accordo nel dire che i successivi due della serie (“The Dark Knight” e “The Dark Knight rises”), così come “Inception” sono nettamente migliori di “Batman begins”.
IMDb 8,3 RT 100% * al 110° posto nella classifica dei film di tutti i tempi IMDb

 

306* “Schindler's list” (di Steven Spielberg, USA, 1993) * con Liam Neeson, Ben Kingsley, Ralph Fiennes
C’è molto poco da aggiungere ai fiumi di parole già scritti in merito a questa opera maestra di Spielberg.
Ottime le interpretazioni dei tre attori principali, come spesso accade per Kingsley e Fiennes, più sorprendente per Liam Neeson.
Le oltre 3 tre ore scorrono in fretta, anche se certo non posso dire “piacevolmente” visto il tema.
Ottima la fotografia e la scelta del bianco e nero, con solo un paio di tocchi di colore (famoso il cappottino rosso della bambina).
Imperdibile!
IMDb 8,9 RT 100% * 7 Oscar e 5 Nomination * al 6° posto nella classifica dei film di tutti i tempi IMDb

 

307* “Shaolin” (di Alan Yuen, Cina, 2011) * con Andy Lau, Nicholas Tse, Jackie Chan, Bingbing Fan, Wu Jing
Questo è un film che ha i suoi meriti nel volersi distaccare dai film classici di arti marziali, aggiungendo un po’ di filosofia/spiritualità, un po’ di commedia con l’ineffabile Jackie Chan in un ruolo a lui poco comune ma nel quale riesce bene, e tanto melodramma (forse un po’ troppo). Buoni gli attori, così come le scenografie.
Tuttavia, proprio per questo voler mettere tutto insieme, Alan Yuen ha scontentato tutti. Gli amanti dei combattimenti poco hanno gradito la parte lacrimevole e religiosa, mentre quelli che hanno apprezzato la parte drammatica non sono stati certo contenti dei tanti scontri fisici, con bastoni, con spade e anche con armi da fuoco.
Un film per niente malvagio, ma consigliato solo a chi riesce a “sopportarne” i vari aspetti, riassumibili in tre parole: lacrime, sangue e religione.
IMDb 6,9 RT 74%

 

308 * “Under suspicion” (di Stephen Hopkins, USA, 2000) * con Morgan Freeman, Gene Hackman, Monica Bellucci, Thomas Jane
Due eccellenti attori con interpretazioni all’altezza della loro fama e un’avvenente “attrice” che notoriamente non riesce a recitare nella sua lingua - e in inglese (non doppiata) è assolutamente inespressiva - in un pessimo remake americano di un buon film francese del 1981: “Garde à vue” (di Claude Miller, tit. it. “Guardato a vista”).
La confusione fra remake e titoli (spesso mal tradotti, come è ben noto) aumenta con il fatto che esiste un altro “Under suspicion” (film inglese del 1991 con Liam Neeson) che niente ha a che vedere con gli altri due, invece entrambe tratti dal romanzo di John Wainwright “Brainwash” (1979) edito in Italia nel 1981 come “Lavaggio del cervello” (stavolta traduzione letterale) e riedito nel 2011 come “Stato di fermo”.
Quindi film omonimi che non hanno niente in comune, remake con titoli diversi fra loro e diversi dal romanzo dal quale sono tratti, edito in Italia con titoli differenti ... perché?
Le palle al piede di questo “Under suspicion” sono la pessima regia e l’inadeguatezza di Monica Bellucci (ruolo interpretato da Romy Schneider nel 1981) mentre Freeman e Hackman reggono il confronto con Lino Ventura e Michel Serrault. L’ambientazione “esotica” a San Juan de Puerto Rico in una notte di festa non è significativa quanto la notte dell’ultimo dell’anno a Parigi. La regia e il montaggio con continui e repentini cambi di scena dalla stazione di polizia ai luoghi dei delitti, con l’immaginaria incombente presenza dell’ispettore, rasenta il ridicolo.
In conclusione, è evidente che neanche Morgan Freeman e Gene Hackman riescono a salvare questo film molto scadente.
IMDb 6,5 RT 49%

 

309 * “Amalia - o filme” (di C. Coelho da Silva, Por, 2008) * con Sandra Barata Belo, Carla Chambel, Ricardo Carriço
Film per niente disprezzabile basato sulla vita della più famosa fadista di tutti i tempi: Amalia Rodrigues, nota anche come la "Rainha do Fado" (Regina del Fado).
Inizia e finisce in una stanza d'albergo di New York, nella quale la cantante, allora 64enne, è in attesa di un responso medico. A partire da quel punto, con l'ansia di chi ha già tentato varie volte il suicidio, si ripercorrono numerosi momenti salienti della sua vita a iniziare da quando, bambina, cantava per le strade nei dintorni del porto di Lisbona e dalla separazione (momentanea) dai genitori, per poi passare a esibirsi nei “retiros”, nei locali di tutto il Portogallo ed infine nei più famosi teatri del mondo (dal Teatro Real de Madrid, al Radio City Music Hall di New York, all’Olympia di Parigi). Chiaramente, nelle quasi due ore del film si ascoltano strofe di quasi tutti i fado più famosi, ma la musica non diventa mai invadente o predominante.
La storia è inevitabilmente spezzettata visto che sviluppa nell’arco di una settantina di anni. La scelta di far interpretate le sorelle Rodrigues alle stesse attrici (Sandra Barata Belo/Amalia e Carla Chambel/Celeste) dai 20 agli oltre 70 anni è stata una scelta, forse dettata da un budget limitato, azzardata in quanto, seppur brave, non sono sostenute da un trucco adeguato. Celeste, di 3 anni più giovane di Amalia, anche lei fadista e tuttora in vita (93 anni) ha avuto un ruolo importante nella vita della sorella e quindi anche nel film.
Imperdibile per chi apprezza il fado e di conseguenza ammira Amalia Rodrigues, piacevole per il resto del pubblico
IMDb 6,4

 

310 * “Rodrigo D: No Futuro” (di Víctor Gaviria, Col, 1990) * con Ramiro Meneses, Carlos Mario Restrepo, Jackson Idrian Gallego
Film colombiano molto poco convincente, troppo soft sull’ambiente che vorrebbe descrivere (i giovani della periferia degradata di Medellin), ben lontano da altri film di argomento simile come “Los olvidados” (di Luis Buñuel, 1950, Mex), “Los golfos” (di Carlos Saura, 1960, Spa, tit. it. “I monelli” traduzione indecente) o il relativamente più recente “Pixote” (di Hector Babenco, 1981, Bra).
Le intenzioni erano quelle di produrre un “Cinéma vérité”, utilizzando luoghi reali e attori non professionisti scelti fra i ragazzi locali (6 dei 9 protagonisti sono morti ammazzati prima di aver compiuto 20 anni).
Il film è slegato e privo di continuità, a dispetto di il titolo non ha un vero e proprio protagonista, i vari fatti non sono strettamente collegati fra loro e, pur volendo focalizzare l’attenzione dello spettatore su quell’ambiente di quasi emarginati, ne fornisce una immagine fin troppo edulcorata, nonostante un paio di rapine non violente e gli spari conclusivi.
Collegata alle ambizioni di Rodrigo di diventare batterista di un gruppo punk-metal di stile colombiano e questo tipo di musica (adattata alla realtà locale) è quella che fa da sottofondo, ... per rendersene conto basta leggere i nomi delle band e dei pezzi nei fermo-immagine fra le foto, come Necromantic, Blasfemia, Sacrilegio, Mierda che eseguono Existencia putrefacta, Violentas arenas e No te desanime, matate (non penso sia necessaria la traduzione).
L’ho guardato dopo aver letto numerose recensioni positive e per la sua Nomination alla Palma d’Oro a Cannes 1990, ma devo dire che sono rimasto molto deluso.
IMDb 7,0

 

311 * “The Assassination of Jesse James by the Coward Robert Ford” (di Andrew Dominik, USA, 2007) * con Brad Pitt, Casey Affleck, Sam Shepard
Film “quasi-western” a dir poco anomalo questo di Dominik, con lunghissimo titolo che non lascia spazio a sorprese. Della carriera avventurosa-criminale di Jesse James svela e fa vedere ben poco, concentrandosi quasi esclusivamente sui rapporti all’interno della banda, fra ammirazione smodata che diventa quasi venerazione, gelosie, tradimenti e vendette. Questo approccio lo rende quindi particolare ed il proseguimento della storia dopo l’assassinio di Jesse James è a dir poco sorprendente. Il film sembra essere abbastanza preciso e vicino alla realtà, anche se ha ricevuto varie critiche dai biografi più pignoli.
Complessivamente è piacevole, ma risulta un po’ lento anche perché appesantito dalla voce fuori campo. Bella la fotografia, caratterizzata da colori quasi virati al seppia, specialmente per quanto riguarda gli esterni girati in Canada (giudicati più simili a come doveva essere il midwest di fine ‘800).
Dominik è un regista neozelandese molto poco prolifico, solo 3 film fra il 2000 ed il 2012 ed solo da poco il mese scorso è giunto nelle sale il suo quarto lavoro, un documentario avente come protagonista Nick Cave.
IMDb 7,5 RT 76% *
2 Nomination Oscar: Casey Affleck (non protagonista) e Roger Deakins (fotografia)

 

312 * “How to Train Your Dragon 2” (di Dean DeBlois, USA, 2014) aka “Dragon Trainer 2” * animazione
Ogni tanto un buon film d’animazione non guasta. Questo è uno di quei sequel che riesce a rimanere allo stesso ottimo livello del primo della serie.
Pur essendo per lo più scontato come quasi tutti i cartoon ci sono varie svolte e sorprese e la parte sentimentale/familiare/lacrimevole è un po’ stucchevole, ma sono i disegni quelli che contano, forse ancor più dell’animazione.
La varietà di draghi è fantastica, di dimensioni molto diverse, colori quasi sempre sgargianti, somiglianze con animali reali le cui sembianze sono adattate con l’aggiunta delle necessarie ali, artigli, denti affilati, creste, aculei e code. Date un’occhiata alle foto allegate ...
Nomination Oscar miglior film d’animazione nel 2015
IMDb 7,9 RT 97%

 

313 * “El coronel no tiene quien le escriba” (di Arturo Ripstein, Mex, 1999) tit. it. “Nessuno scrive al colonnello” * con Fernando Luján, Marisa Paredes, Salma Hayek
Un discreto film, adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo breve di Gabriel García Márquez del 1961, il quale sostiene che sia il miglior scritto.
Ho trovato ottima l’ambientazione nel desolato paesino colombiano sulla sponda di un fiume che scorre placidamente nella selva, con personaggi credibili, edifici più o meno in rovina e tanta pioggia e conseguente fango. La trama, il dramma e l’ambiente quindi ben si adattavano allo stile di Ripstein, uno dei più apprezzati registi messicani viventi, il quale spesso tratta di storie quasi estreme come in “El castillo de la pureza”, in “Un lugar si limites” o nel recente “La calle de la amargura”).
Consiglio di guardarlo con attenzione e cogliere le sfumature dei caratteri dei personaggi e degli avvenimenti ma, trattandosi di un adattamento, solo chi ha letto il libro potrà apprezzare (o meno) le aggiunte e le variazioni effettuate da Ripstein.
Nomination Palma d’Oro a Cannes, vincitore al Sundance
IMDb 6,9

 

314 * “Rosario Tijeras” (di Emilio Maillé, Col, 2005) * con Flora Martínez, Unax Ugalde, Manolo Cardona
Della serie di film latinoamericani visti in questi giorni, questo era il meno promettente ma devo confessare che, al contrario, mi è piaciuto più di molti altri. Solo pochi giorni fa avevo guardato “Rodrigo D.: no fututro” ambientato come questo a Medellin, Colombia, cittadina molto movimentata (per usare un eufemismo). Ho trovato “Rosario Tijeras” (nome e soprannome della protagonista) avvincente, di ottimo ritmo e pieno di sorprese, oltre che di interessanti scene piene di colore locale (moderno) dalla movida notturna allo spaccio, dalle pistolettate facili all’apoteosi delle scene del morto che, dopo il funerale, viene portato in giro per locali vestito a festa a “bere e a divertirsi”.
La pecca maggiore è che per raccontare troppo (gli eventi e gli intrecci son tanti) molte cose non sono spiegate abbastanza chiaramente e l’osservatore esterno resta quindi spesso confuso. Per i colombiani è invece tutto molto più chiaro, e infatti in patria ebbe un gran successo tant’è che dopo pochi anni ne fu fatta una serie tv.
Chi è interessato a sapere qualcosa del sud Americanon se lo dovrebbe perdere. In Europa è sicuramente uscito in Francia, Polonia, Spagna e Germania partecipando anche a vari Festival, non sembra sia giunto in Italia ma si trova su YouTube.
IMDb 6,4

 

315 * “La nona” (di Héctor Olivera, Arg, 1979) * con Pepe Soriano, Juan Carlos Altavista, Osvaldo Terranova
Una nonna (quella del titolo, in castigliano la doppia “n” non esiste) ultracentenaria, indistruttibile e perennemente affamata, immigrata dall’Italia, nel film si parla di Catanzaro. Un nipote Chicho (Ciccio) che vede il lavoro come la morte e, pur di non lavorare tenterà in ogni modo di liberarsi della nonna (che “consuma” troppo) escogitando metodi inusuali, crudeli, impensabili e improponibili.
Completano la famiglia Carmelo, l'unico che lavora, Anyula (pron. Angiùla), Maria e l'avvenente giovane nipote Marta che dice di lavorare, spesso in turni di notte, ma non è chiaro quale sia il suo vero mestiere ... anche se qualche sospetto sorge agli spettatori.
La nonna parla quasi esclusivamente in italiano, con accento meridionale, che ben si mischia con l’argentino..
Come in ogni commedia alcune situazioni sono esagerate, ma il film procede snello proponendo una lunga serie di tentativi di disfarsi della nonna da parte dei parenti. Divertente senza cadere nel banale e tantomeno nel volgare, per gli argentini è un film classico, del quale esiste anche la versione teatrale.
IMDb 7,2

 

316 * “Guardafronteras” (di Octavio Cortázar, Cuba, 1981) * con Javier González, Tito Junco, Alberto Pujol
Uno dei pochi film cubani degli anni ‘80, chiaramente di propaganda. Un piccolo drappello di militari (più o meno coscritti, non di carriera) viene dislocato su una della tante piccole isole (cayos) poco distanti dalla costa settentrionale di Cuba, “a 90km dal nemico” (USA).
Lasciati su una spiaggia con poco o niente, mancano anche i viveri, sono a guardia dei “pirati”, così identificati nel corso di tutto il film, ma si tratta in effetti di controrivoluzionari visto che sull’isola deserta non c’è niente di economicamente rilevante. Dopo la prima mezz’oretta di addestramento (ben diverso da quello dei marines di Full Metal Jacket), quando sembra che le due ore debbano scorrere solo mostrando i problemi dell’accampamento, c’è la prima incursione con conseguente scambio a fuoco e altri seguiranno fino alla fine.
“Guardafronteras” non è certo memorabile e neanche rilevante dal punto di vista cinematografico (eppure non del tutto disprezzabile) ma il suo interesse risiede proprio nel fatto di essere un film di regime che in molte occasioni diventa propaganda pura, specialmente nei dialoghi fra il sergente (l’unico militare di carriera ed il solo con un minimo di esperienza) e un giovane abbastanza colto e preparato per questo soprannominato “politico”,.
Il film rappresenta una delle poche occasioni di conoscere almeno uno spaccato di ciò che accadeva a Cuba nei primi anni ’80 e per questo è estremamente interessante.
IMDb 6,6

 

317 * “La ciénaga” (di Lucrecia Martel, Arg, 2001) * con Mercedes Morán, Graciela Borges, Martín Adjemián
Una vera perdita di tempo, film senza né capo né coda, aventi per protagonisti i membri di due famiglie benestanti e molto numerose, che oziano nel caldo afoso e umido dell’entroterra argentino, quasi al confine con la Bolivia.
In un ambiente quasi oppressivo così come l’aria, con qualche acquazzone che non solo non rinfresca l’aria ma ne accresce l’umidità, si seguono i “ragazzi” dai bambini agli ultraventenni in dentro e fuori le grandi case di campagna, in un turbinio di incontri, fra un incidente e l’altro, gli adulti continuano a lamentarsi del caldo, a confidarsi i loro problemi e a bere alcoolici.
Veramente scadente, mi hanno ingannato il 7,0 su IMDb, l’86% di critiche positive su Rotten Tomatoes e i numerosi premi e Nomination ottenuti non solo in patria e nel vicino Uruguay, ma anche a Berlino e al Sundance.
A mio modesto parere ve lo potete perdere senza alcun rimpianto.
IMDb 7,0 RT 86%

 

318 * “El chacal de Nahueltoro” (di Miguel Littin, Cile, 1969) * con Nelson Villagra, Shenda Román, Marcelo Romo
Sembra iniziare in modo incerto, ma in effetti penso che è solo un disorientamento per il modo nel quale è porta la storia. Accompagnato dalla narrazione in prima persona della vita di Jorge (detto anche José) Valenzuela, alias el Chacal de Nahueltoro, lo spettatore viene edotto in merito alla tribolata infanzia del protagonista, al suo volontario allontanamento da casa, alle sue peregrinazioni ed infine al delitto plurimo. In questa seconda parte contribuiscono chiarire gli avvenimenti le domande del giudice nel corso del processo e, una volta in prigione, le interviste di un giornalista.
Man mano che il film procede si apprezza sempre di più l’abilità del regista nel mostrare lo stretto necessario senza indulgere in nessuna scena di violenza, fra finzione scenica e documentario. Riesce cercare di rivelare la parte umana del Chacal che sembra coinvolgere quasi tutti quelli che entrano in contatto con lui, dal prete al giornalista, dai compagni di prigione al direttore, fino alla significativa scena finale. Un film crudo, basato su eventi reali avvenuti nel 1960 e conclusisi con la fucilazione del Chacal nel 1963.
Prodotto dalla scuola di Cine Experimental de la Universidad de Chile, riportò l’attenzione sulle polemiche che seguirono alla fucilazione in quanto a molti sembrava un controsenso riabilitare completamente un detenuto (anche se colpevole di un efferato pluriomicidio) per poi fucilarlo.
Penso sia necessario spendere qualche parola in più per Miguel Littin, del quale qualche vecchio cinefilo dovrebbe ricordare almeno il nome. Diresse alcuni fra i pochi film cileni giunti in Europa e in Italia e faceva parte del movimento del Nuevo Cine Chileno, con registi come Aldo Francia e Raúl Ruiz, ha ottenuto due Nomination al Festival di Cannes e due premi a quello di Venezia.
Littin dovette scappare dal Cile nel ’73 a seguito del golpe di Pinochet, trasferendosi prima in Messico e poi in Spagna. Dopo 10 anni di dittatura, Pinochet permise ad un certo numero di oppositori di rientrare in patria, ma Littin non era nella lista. Così decise di ritornare clandestinamente e riuscì anche a girare un documentario sulla dittatura. Gabriel García Márquez gli propose di scrivere un libro sulla sua esperienza e così nacque “La aventura de Miguel Littín clandestino en Chile”, pubblicato nel 1986. Ma anche il libro era più o meno clandestino in patria e pare che Pinochet riuscì a farne bruciare 15.000 copie.
Imperdibile per i cinefili. Prima dell'oggi acclamato Larrain, e senza nulla togliere ai suoi meriti, in Cile esisteva Miguel Littin.
IMDb 7,6  

 

319 * “Little Men” (di Ira Sachs, USA, 2016) * con Michael Barbieri, Theo Taplitz, Greg Kinnear, Jennifer Ehle, Paulina García
Buon film, quasi acclamato dalla critica, ma secondo me incompleto. La storia si sviluppa velocemente, ma con pochi avvenimenti e suprficiale analisi dei personaggi. Occasione sprecata visto che, tolti i titoli, dura appena 80 minuti e quindi c’era ancora una mezz’oretta a disposizione rimanendo ben sotto le due ore. Storia di vita “normale” newyorkese che coinvolge due famiglie, una composta solo da madre e figlio e l’altra da una coppia con figlio più una sorella del padre. Si incontrano in occasione della morte di una persona legata ad entrambe e si scontrano su questioni di diritto e soprattutto economiche. Ciò tuttavia vale solo per gli adulti e non certo per i due ragazzi 13enni che diventano grandi amici ed il titolo del film li vorrebbe far apparire più maturi dei loro genitori.
Considerando che si tirano in ballo anche il rinnovamento dei quartieri come Brooklyn, il fallimento dell’artigianato anche se di qualità (in questo caso una sartoria), gli insuccessi di un genitore che viene quasi mantenuto dalla moglie affermata professionista e le aspirazioni artistiche dei due adolescenti appare subito chiaro che sulla stessa trama si poteva costruire ben altro film.
Bravi i giovani Michael Barbieri e Theo Taplitz, con il primo che si distingue in particolar modo. Parlo di entrambi e di un’altra giovane promessa in questo post
Al momento non è annunciato in Italia.
IMDb 7,2 RT 98%

 

320 * “Un monstruo viene a verme” (di J. A. Bayona, Spa-USA, 2016) tit. int. “A Monster calls” * con Lewis MacDougall, Sigourney Weaver, Felicity Jones
Altro ottimo film del regista catalano Juan Antonio Bayona, già noto al grande pubblico per “El orfanato” e “The impossible”, appena arrivato nelle sale dopo varie proiezioni nei festival, ho letto che in Italia sarà distribuito dalla Lucky Red ma non si sa quando uscirà, si dice in primavera 2017.
Definirlo un film per ragazzi mi sembra arrischiato pur essendo tratto dall'omonimo romanzo di Patrick Ness (“A Monster Calls”, 2011) che a vinto vari premi di letteratura giovanile. In Italia è stato pubblicato con il nome “Sette minuti dopo la mezzanotte” e probabilmente questo sarà anche il titolo italiano del film.
Il giovane Lewis MacDougall mi è sembrato straordinariamente bravo per la sua età in particolare se si considera il difficile e drammatico ruolo che si è trovato ad interpretare, Conor, un ragazzo pressoché solo, con una madre malata terminale (F. Jones), un nonna autoritaria (S. Weaver) che appare di tanto in tanto a dettare legge e, come se non bastasse, i bulli che lo “martirizzano” a scuola. Parlo di MacDougall e di un altro paio di suoi promettenti coetanei in questo post
Il film è visualmente affascinante, la casa si trova nella brumosa campagna inglese e il panorama dalla finestra di Conor include campi più o meno desolati, una recinzione con un cancello, un cimitero, un vecchio edificio cadente ed un grande tasso (albero) che si anima e viene a confrontarsi con il ragazzo.
Di solito i film nei quali si mischiano attori e disegni, non sono fra i miei preferiti, ma questo ha due pregi: c’è un unico “mostro” (l’albero) e l’altra parte disegnata e animata (egregiamente) si riferisce solo a storie che il tasso racconta a Conor.
Allo spettatore attento non sfugge che al di là del dramma vissuto dal ragazzo, un altro fondamentale messaggio viene comunicato attraverso le “parabole” narrate dal “mostro”, che con sottile logica sovvertono e capovolgono la trama tradizionale e, per estensione, contrastano con i modi di fare abituali, spesso illogici e non sinceri.
Fra l’attesa di una morte annunciata ed ineludibile e la profondità delle suddette storie non penso che i coetanei di Conor possano cogliere il valore del film e probabilmente non lo gradiranno. Al contrario, gli adulti attenti, pensanti e con un gusto per l’immagine ne saranno probabilmente entusiasti.
Buona l’animazione, ottimi i disegni “acquerellati” delle storie e l’interpretazione di Lewis MacDougall/Conor, eccellente la regia.
Da non perdere ... e fate attenzione alle foto di famiglia mostrate al termine del film, dove compare l’attore che dà voce al “mostro”.
IMDb 7,7 RT 83%

 

321 * “La bête humaine” (di Jean Renoir, Fra, 1938) tit. it. “La bestia umana” * con Jean Gabin, Julien Carette, Simone Simon
Classico noir francese, tratto da un altrettanto classico romanzo di Emile Zola. La vera protagonista è la bella e giovane Simone Simon che con la sua avvenenza riesce a manipolare gli uomini che le stanno attorno. A tal proposito è significativo il titolo alternativo utilizzato in UK dal significato molto chiaro e certamente misogino “Judas Was a Woman” (Giuda era una donna) a sottolineare la falsità della protagonista Séverine. Questa, però, alla fine avrà a che fare con il quasi squilibrato Jacques Lantier (interpretato da Jean Gabin).
Per lo più si svolge in ambito “ferroviario” con suo marito capostazione e amante macchinista, un delitto e un suicidio in treno, molte scene nella locomotiva (a vapore), nelle carrozze, nelle stazioni e fra i binari.
Non è imperdibile, ma certamente un ottimo film nel suo genere e per quell’epoca.
IMDb 7,7 RT 93%

 

322 * “Mulholland drive” (di David Lynch, USA, 2001) * con Naomi Watts, Laura Harring, Justin Theroux
Film che all’inizio sembra avere una storia banale, già sfruttata tante volte, a partire da qualcuno che perde la memoria e non ricorda neanche il proprio nome. Anche il fatto che tutto inizia proprio nel momento nel quale la protagonista sembra stia per essere uccisa, non è proprio una novità, ma nelle successive due ore succederà di tutto e di più, con intrecci di storie, personaggi che appariranno in scene significative le cui ragioni sono però molto difficili da comprendere. In questa lunga carrellata di eventi - spesso violenti - e di strani coprotagonisti, lo spettatore comincia a perdersi per poi ricevere il “colpo conclusivo” negli ultimi minuti quando le sue ipotesi di possibili collegamenti logici (se fosse riuscito ad elaborane) crollano in conseguenza del colpo di scena finale.
Questa struttura inusuale della storia, scritta dallo stesso Lynch, ha portato il regista ad essere osannato da molti e pesantemente criticato da tanti, pochissimi sono quelli che rimangono indifferenti dopo aver guardato “Mulholland drive” che in varie classifiche compare al primo posto fra i migliori film degli anni 2000.
Se vi volete scervellare e divertire (vari eventi collaterali sarebbero degni di un’ottima commedia) non ve lo perdete per nessuna ragione al mondo, ma se siete di quelli che vogliono sempre trovare una spiegazione logica e certa a tutto evitatelo.
Lynch si è sempre rifiutato di chiarire i tanti dubbi che inevitabilmente sorgono negli spettatori, dicendo che quello era proprio il suo obiettivo ... spiazzarli.
IMDb 8,0 RT 88% Nomination Oscar per Lynch, miglior regia

 

323 * “La primera carga al machete” (di Manuel Octavio Gómez, Cuba, 1969) * con Adolfo Llauradó, José Rodríguez, Idalia Anreus
Come quasi tutti i film cubani prodotti nell’era castrista, anche questo ha una decisa connotazione politica anche se non proprio di propaganda. Infatti, si riferisce alla prima rivoluzione cubana (1868) alla quale seguì la cosiddetta Guerra dei 10 anni che si concluse con la sconfitta dei cubani. Questi dovettero attendere fin quasi alla fine del secolo prima di liberarsi del regime spagnolo.
La tecnica è interessante ed apprezzabile in quanto durante tutta la prima ora si alternano ricostruzioni di eventi e incontri (più che plausibili ma non storicamente certi) e vere e proprie brevi interviste non solo a militari e possidenti, ma anche campesinos e rivoluzionari.
Singolare è anche il montaggio con l’alternanza dei bollettini di guerra delle opposte fazioni, che ovviamente descrivono gli avvenimenti in modo completamente diverso, mentre sullo schermo scorrono le immagini che, ovviamente, avvalorano il punto di vista rivoluzionario.
Il film si perde un po’ verso la fine, quando si dilunga troppo sullo scontro conclusivo.
Storicamente molto interessante, anche se quanto esposto deve essere filtrato dopo aver approfondito almeno un po’ l’argomento leggendo cronache di diversa origine. Belle anche le riprese esterne nelle strade e nei palazzi di epoca coloniale.
Interessante anche ascoltare il panegirico del machete, strumento che diventa quasi un'estensione del braccio di qualunque lavoratore cubano, che lo usa per tutta la vita nei modi più disparati. Al film è stato perfino dedicato un francobollo (fra le foto).
IMDb 6,9

 

324 * “El hombre de Maisinicù” (di Manuel Pérez, Cuba, 1973) * con Mario Balmaseda, Miguel Benavides, Rogelio Blain
A differenza di “La primera carga al machete” visto appena prima, questo ha taglio molto più documentaristico narrando con dovizia di particolari la storia di Alberto Delgado y Delgado, rivoluzionario infiltrato fra le fila dei “bandidos” (controrivoluzionari) e diventato eroe per aver fatto arrestare molti di loro.
Accesissime sono le discussioni e gli scontri verbali, in particolar modo fra quelli che non accettavano il regime castrista.
Ovviamente, anche in questo caso, essendo il film prodotto dall’Instituto Cubano del Arte e Industrias Cinematográficos e quindi di regime, viene fornita una versione (quella ufficiale cubana) molto pro-rivoluzione, ma altre fonti raccontano la storia da un differente punto di vista, in alcuni punti sostanzialmente diverso. In questo documento
potrete conoscere molto di più di quanto avrete appreso guardando le immagini e ascoltando i frequenti commenti della voce fuori campo a riguardo delle azioni di Delgado, il cosiddetto “hombre de Maisinicù”, personaggio assolutamente reale.
In conclusione, anche in questo caso l’interesse è soprattutto storico in quanto si narrano avvenimenti dei quali “in occidente” si è sempre saputo molto poco e quel poco era molto di parte, qualunque fosse la fonte.
IMDb 7,4

 

325 * “Habana blues” (di Benito Zambrano, Cuba, 2005) * con Alberto Yoel, Roberto San Martín, Yailene Sierra
Dopo tre film “classici” cubani guardati in pochi giorni, eccone uno di appena una decina di anni fa, scelto per le mediamente buone recensioni, che tuttavia mi ha parecchio deluso. Non lasciatevi ingannare dal titolo ... non è un film propriamente musicale, ce n’è per fortuna poca e di non eccelsa qualità ed anche gli interpreti sono abbastanza scadenti, insomma non ha niente di neanche lontanamente simile a “Buena Vista Social Club”.
Anche i vari componenti del relativamente numeroso gruppo musicale al quale viene offerta la possibilità di andare in Spagna per una tournee e per produrre un disco sono descritti in modo superficiale e confuso. Verso la fine si toccano temi “sensibili” come “l’orgoglio cubano” e l’emigrazione clandestina via mare in Florida.
Anche se prodotti con mezzi scarsissimi e spesso troppo didascalici, i film del secolo scorso sono di tutt’altro livello.
IMDb 7,2

 

326 * “Doctor Strange” (di Scott Derrickson, USA, 2016) * con Benedict Cumberbatch, Chiwetel Ejiofor, Mads Mikkelsen, Tilda Swinton, Rachel McAdams
Ennesimo prodotto della Marvel che, almeno a me che non sono assolutamente un lettore di questo tipo di comics ma apprezzo i film ben fatti e anche gli effetti speciali innovativi, è sembrato abbastanza diverso dai soliti. “Doctor Strange” si è rivelato quasi perfetto per avere trama non proprio banale (p.e. solo scontri buoni vs cattivi), ma un mix di piccole dosi di filosofia, di metafisica, di esoterismo, separazione di mente e corpo, volontà che trascende la scienza e, per fortuna, senza eccessivi scontri e con minima e trascurabile parte sentimentale.
Oltre a tutto ciò (che personalmente reputo pregi), il film si avvale di spettacolari effetti speciali e non dei soliti. In parte sembrano essere amplificazioni di quelli apprezzati in “Inception” con livelli paralleli e piani che si ribaltano, i disegni di fuoco che restano sospesi in aria, l’applicazione della semplice ed antichissima tecnica del caleidoscopio fornisce immagini in continua evoluzione e poco importa che non siano strettamente connesse con la trama, anche le stesse riprese riproposte a ritroso così come i fermo-immagine sono perfettamente utilizzati seppur già visti, ma quella che sembra essere la novità assoluta sono le rotazioni di edifici e simili che si scompongono in una miriade di parti che girano quasi all’unisono come un’enorme macchina fatta di soli ingranaggi.
In conclusione, reputo “Doctor Strange” un film del genere fantastico più che buono, che può quindi soddisfare molti spettatori: dai fans della Marvel agli amanti degli effetti speciali, da quelli che propendono per storie con magia, esoterismo e filosofia e non solo superpoteri ai semplici amanti del cinema, nel senso più ampio del termine.
Potrebbe essere ottenere la Nomination Oscar per gli Effetti Speciali, e forse qualcosa in più. Consigliato.
IMDb 8,0 RT 100%
PS - Se lo andate a vedere, non lasciate la sala appena compaiono i titoli di coda ... dopo un po’ appare un’anticipazione del sequel!

 

327 * “Taxi para tres” (di Orlando Lubbert, Cile, 2001) * con Alejandro Trejo, Fernando Gómez Rovira, Daniel Muñoz
Sagace “comedia negra” cilena che ebbe un grande successo non solo in patria ma in tutta l’iberoamerica, ottenendo ben 16 premi da 21 nomination, e in Europa vincendo a San Sebastian dove fece scalpore in quanto, pur essendo un film indipendente, a basso costo e non spagnolo, relegò al secondo posto la superproduzione “Juana la Loca”.
Il film inizia con l’assalto ad un tassista che viene costretto a “fornire assistenza e trasporto” ai due aggressori nel corso di successive rapine. Il rapporto fra i tre ben presto si evolve, entra in scena un’amante e viene coinvolta la famiglia del tassista, il tutto con la presenza sempre più assillante del commissario di polizia.
I due rapinatori si dimostrano più che sprovveduti, ma molto più di buon cuore che spietati e varie sono le situazioni esilaranti, favorite anche dalle particolari facce dei nostri tre eroi e dal loro modo di esprimersi (talvolta è difficile seguire il loro biascicare, pur essendo chiaro il senso).
In Europa fu distribuito in Francia, Germania, Polonia e Svizzera (oltre che in Spagna, ovviamente) ma non ho trovato traccia di una eventuale uscita in Italia. Se trovate una versione per voi comprensibile, guardate questa ora e mezza di piacevole “comedia negra”, con finale assolutamente a sorpresa!.
IMDb 7,0

 

328 * “American Beauty” (di Sam Mendes, USA, 1999) * con Kevin Spacey, Annette Benning, Thora Birch, Wes Bentley, Chris Cooper
Ennesimo mistero, almeno per me, in quanto ai criteri di attribuzione di premi cinematografici, in questo caso i ben 5 Oscar assegnati ad "American beauty". E non solo, incredibilmente (sempre dal mio punto di vista) nel ranking IMDb è accreditato di un 8,4/10 che addirittura lo porta al 64° posto fra i migliori film di tutti i tempi! Penso che qualunque persona che vada al cine con una certa frequenza possa nominare almeno un centinaio di film di gran lunga migliori.
Per rimanere nel campo dei voti e delle statistiche ho notato che, comunque, moltissimi sono quelli che non lo hanno apprezzato per niente tanto è che, partendo dal basso, ci sono ben 200 giudizi con 1 sola stella prima di trovarne uno con 2 (su un massimo di 10). Sembra che si tratti di uno di quei casi “o lo ami o lo odi”, senza vie di mezzo. Io non sono stato così drastico e, con molta benevolenza, ho dato un 6 a questo film che non è chiaro se dovesse essere un dramma o una commedia con qualche risvolto drammatico. Lo descriverei a metà fra una commedia “da piangere” e un dramma “da ridere”.
I personaggi sono singolarmente abbastanza credibili, ma il metterli tutti insieme nella stessa storia è improponibile e i dialoghi sono pressoché penosi in quanto assolutamente banali. Ha i suoi meriti (pochi) solo se visto come presa in giro di tanti atteggiamenti tipici di una certa classe media americana che in questo caso include l'ex marine omofobo e machista, la cheerleader finta divoratrice di uomini, i gay molto socievoli, due madri frustrate (seppur per motivi molto diversi), una coppia con divorzio in corso e un’altra sull'orlo della separazione, le ragazze in piena crisi d’identità.
In conclusione, il film viene salvato un po' dalle performance degli attori, a cominciare da Kevin Spacey e Annette Bening, fino al sempre ottimo Chris Cooper (purtroppo quasi sempre relegato a ruoli minori) e l’allora quasi esordiente Wes Bentley che interpretano i loro “disturbati” vicini, da qualche coincidenza creata ad arte e un paio di risvolti inattesi, ma in ogni caso mi è parso di gran lunga inferiore alla sua (usurpata) fama.
Il presunto psicopatico in fin dei conti è l'unico essere pensante di tutto il gruppo ... riuscirà a salvarsi?
IMDb 8,4 RT 88% * al 63° posto della classifica IMDb dei film di tutti i tempi

 

329 * “Que Dios nos perdone” (di Rodrigo Sorogoyen, Spa, 2016) * con Antonio de la Torre, Roberto Álamo, Roberto Álamo, Mónica López
Poliziesco più che buono, abbastanza violento e tendente al noir-drammatico, con protagonisti due poliziotti che devono cercare di fermare un serial killer di anziane. La maggior parte del film si svolge in una Madrid torrida e afosa, esattamente nei giorni della visita del Papa (Benedetto XVI - Ratzinger) e la concomitante Giornata Mondiale della Gioventù dell’agosto 2011.
La tensione è alle stelle anche fra gli stessi ispettori della sezione incaricata del caso fra i quali non corre buon sangue e vari di loro non sono proprio degli stinchi di santo. Dei due protagonisti Velardo (Antonio de la Torre) è quello che pensa e conduce le indagini in modo attento e logico, ma talvolta è frenato (e per questo deriso perfino dai suoi superiori) dalla sua balbuzie. Il suo partner è Alfaro (Roberto Álamo), un violento sempre pronto allo scontro fisico anche con i colleghi, appena rientrato in servizio dopo un periodo di sospensione proprio per una aggressione. Ognuno ha i suoi problemi personali e di relazione che li rendono ancor più “sensibili”. Varie volte sembra di giungere alla conclusione della caccia, ma ciò non avviene. Il finale presenta vari eventi inaspettati e abbastanza inusuali per film del genere.
Ci sono varie incongruenze (non significative) che non sto a sottolineare per non svelare niente, ma la storia nella sua completezza regge, scorre bene e mantiene costantemente alta la tensione.
“Que Dios nos perdone” è appena uscito nelle sale spagnole dopo la prima del 18 settembre al Festival di San San Sebastián, dove ha vinto il Premio della Giuria e ottenuto la nomination alla Concha de Oro. Al momento non è annunciato in Italia.
IMDb 7,9  FA 7,4

 

330 * “Las razones del corazon” (di Arturo Ripstein, Mex, 2011) * con Arcelia Ramírez, Vladimir Cruz, Plutarco Haza
Una “Madame Bovary” (di Gustave Flaubert, 1856) trasferita nel Messico dei nostri giorni e adattata in classico “stile Ripstein”, più tragico che drammatico. Questo sempre tanto discusso, ma allo stesso tempo molto apprezzato, regista messicano che si fece le ossa con il maestro Luis Buñuel stavolta sceglie di girare un film tutto in interni, in vari appartamenti e nei corridoi, il terrazzo e la portineria di uno stesso condominio.
Questo stare sempre al chiuso, fra inquadrature fisse e lenti piani-sequenza, con colonna sonora quasi del tutto assente, rende il film ancora più cupo e deprimente, a volte quasi uno spettacolo teatrale più che cinematografico. A tutto ciò contribuisce anche la scelta di Ripstein di tornare al bianco e nero, scelta che confermerà nel film successivo “La calle de la amargura” (2015) che vanta anche una fotografia stupenda che riporta in qualche modo all’espressionismo tedesco degli anni ’20. Ottima l’interpretazione di Arcelia Ramírez, protagonista assoluta, nei panni di Emilia (moderna Emma Bovary).
Non per tutti ... agli interessati suggerisco di leggere questo articolo
IMDb 6,8 RT 88%

 

331 * “Satanàs” (di Andrés Baiz, Col/Mex, 2005) * con Damián Alcázar, Marcela Valencia, Blas Jaramillo, Lucia Rengifo
Ispirato ad un famoso fatto di sangue colombiano, noto come il massacro di Pozzetto (5 dicembre 1986), il film segue non solo gli ultimi giorni dell'artefice dello stesso, ma anche le vite di altre persone che alla fine saranno coinvolte, per un mptivo o solo per trovarsi nel momento sbagliato al posto sbagliato, il ristorante italiano “Pozzetto”.
Damián Alcázar, con un'altra ottima performance, interpreta l'apparentemente placido e gentile Elías Delgado che ai suoi problemi personali e al pessimo rapporto con sua madre aggiunge i postumi della sua esperienza in Vietnam, quelli che oggi si chiamano “disturbo post traumatico da stress”.
Al film non giova staccarsi dal fatto reale e dal successivo libro-inchiesta per seguire le tre storie principali che sembrano "parallele" ma in effetti si intersecano più volte prima di convergere e concludersi nell’evento.
Baiz avrebbe avuto la possibilità di scavare almeno un po' più a fondo alla ricerca seguendo le varie tracce che portano a conclusioni ben diverse dalla versione ufficiale frettolosamente fornita per chiudere velocemente il caso che, essendo morto l'esecutore materiale sul posto, non prevedeva processo. Ancora oggi in Colombia si discute sui principali fatti poco chiari “suicidio o ucciso dalla polizia?”, “quanti furono quelli effettivamente uccisi da Delgado e quanti dagli spari dei poliziotti?, “lo stupro ci fu o meno? e se sì la vittima fu la madre o la figlia?”.
Una storia torbida e violenta in quasi ogni aspetto, ben realizzata, eppure penso che fosse assolutamente superfluo aggiungere altro al dramma di Delgado. Non è da disdegnare, ma è senz’altro un’occasione sprecata.
IMDb 7,3

 

332 * “I, Daniel Blake” (di Ken Loach, UK, 2016) * con Dave Johns, Hayley Squires, Sharon Percy
L’inossidabile e combattivo Ken Loach, 80 anni compiuti a giugno scorso, è ancora sulla cresta dell’onda con un ennesimo film "sociale" focalizzato sulla follia, astrusità e machiavellismo della burocrazia che sembra essere uguale in ogni parte del mondo. In questa storia pressoché kafkiana seguiamo soprattutto il Daniel Blake del titolo, ma poco dopo l’inizio, proprio in uno dei primi “scontri” con la macchina burocratica (più che altro un muro di gomma), perora la causa di una giovane madre con due figli piccoli e di lì in avanti farà il possibile per aiutarla e verrà a sua volta assistito.
Certamente un buon film, ben strutturato e interpretato pur avendo un calo prima della conclusione per vari eventi un po’ sopra le righe.
Per l'ennesima volta la critica ha apprezzato il suo lavoro ma, come di consueto, pare che non sia stato altrettanto ben accolto dal grande pubblico (ma certo Loach non l'ha girato a quel tipo di platea) visto che non si tratta di una commedia, non c’è sesso, né sparatorie, né sangue che sembrano essere i soli temi che facciano cassetta.
Ha già partecipato a numerosi festival ottenendo ben 3 premi a Cannes a vincendo a Locarno, San Sebastian e Vancouver.
Nelle previsioni per gli Oscar molti lo inseriscono fra i papabili per una Nomination
IMDb 8,1 RT 92%

 

333 * “The Deer Hunter” (di Michael Cimino, USA, 1978) tit. it. “Il cacciatore” * con Robert De Niro, Christopher Walken, Meryl Streep, John Savage, John Cazale
Senz’altro il miglior film di Cimino, forse l’unico veramente buono. Sull’onda di questo successo, due anni dopo scrisse e diresse la megaproduzione “I cancelli del cielo” che, oltre a essere scadente, fu un grande flop al botteghino e fu addirittura la causa principale del fallimento della United (si parla di 44mln di spese e solo 3 di incassi). Successivamente Cimino ha diretto pochissimi altri film (fiaschi) toccando il fondo con “Il siciliano” (1987, se non l’avete visto, evitatelo).
Il migliore non equivale a dire che “Il cacciatore” sia un capolavoro e onestamente penso che sia sopravvalutato per stare fra i primi 200 di tutti i tempi. La sua pecca principale è la prima ora, quasi tutta incentrata su un matrimonio con tutte le varie routine di scherzi, balli, lacrime, ubriacature ecc., tante cose e situazioni viste e riviste in varie salse, non strettamente collegate agli eventi successivi. Durando circa 3 ore, si poteva tranquillamente dimezzare questo lento, noioso e banale inizio. Al contrario, il resto del film scorre bene, ha le giuste pause e quasi perfetti momenti di tensione sia nelle scene in Vietnam, sia in quelle di caccia, sia in quelle dei rapporti interpersonali. Ottima la fotografia e le riprese esterne, con eccellente scelta delle location. Un grande contributo al successo del film deriva senza dubbio anche dalle ottime interpretazioni non solo di De Niro, Walken e Streep che ricoprono i ruoli principali, ma anche di quelli ai quali sono stati affidati ruoli di contorno come Cazale, Savage, Dzundza e Grifasi.
Nel complesso è comunque un film da non perdere, meritò senz’altro i 5 Oscar e le altre due Nomination.
IMDb 8,2 RT 94%

 

334 * “La gente de la Universal” (di Felipe Aljure, Col, 1991) * con Álvaro Rodríguez, Jennifer Steffens, Robinson Díaz
Questa è una delle più conosciute commedie colombiane degli anni ’90 ed è, ovviamente, del genere nero.
La Universal è un’agenzia investigativa di Bogotà praticamente composta solo da una coppia - Diógenes e Fabiola Hernandez - che in un appartamento del centro hanno casa e ufficio e sono temporaneamente affiancati da Clemente, nipote di lui. Per conto di un ricchissimo spagnolo che si trova in carcere devono indagare sui movimenti dell’amante, una pornostar. Aggiungete il fatto che nessuno mantiene gli impegni (morali o commerciali che siano), che la corruzione è dilagante (qualunque minima cosa è soggetta a mance o tangenti), che tutti sembrano essere “allupati” e quindi tradiscono senza alcun ritegno, l’arrivo della moglie dello spagnolo (con madre al seguito), problemi di soldi e qualche pistolettata e avete un’idea di cosa possa succedere in questo film.
Le inquadrature scelte da Felipe Aljure (regista e co-sceneggiatore) sono molto singolari, con un simpatico eccesso di primissimi piani e dettagli, originali riprese verticali dal basso il tutto spesso proposto con montaggio rapido. Non è certo un capolavoro e alcune situazioni sono scontate, ma ci sono anche molte sorprese e tanti personaggi particolari ben pensati anche se hanno parti brevissime. In questo senso trovo che il casting sia stato perfetto per questo tipo di film ... guardate la serie di immagini ...
Stranamente, dopo questo successo Aljure ha diretto solo altri due film a distanza di molto tempo: “El colombian dream” (2005) e “Tres escapularios” (2015). Per passare un paio d'ore spensierate cominciate a godervi questo.
IMDb 7,5

 

335 * “Ilona llega con la lluvia” (di Sergio Cabrera, Col-Ita, 1996) * con Margarita Rosa de Francisco, Humberto Dorado, Imanol Arias, Pastora Vega
Del libro si leggono solo recensioni positive e, a guardare il film (deludente) si può immaginare come una buona penna abbia potuto descrivere in modo appassionante i vari ambienti di città portuali di metà secolo scorso.
In effetti la storia raccontata in Ilona non mi convince per la parte marittima-armatoriale, ma l'atmosfera è ben coinvolgente e intricante a prescindere dall'essere fedele o meno all’omonimo romanzo di Álvaro Mutis, pubblicato nel 1988 (successivamente ho scoperto che Maqroll è protagonista di numerosi romanzi di Mutis mentre il personaggio di Abdul Bashur è stato aggiunto, preso da un successivo romanzo del 1990).
La recitazione è abbastanza convincente e la scelta di ambienti, palazzi e luoghi è più che buona, ma la parte nelle quali si mostrano navi piccole o grandi, la tempesta a "secchiate" e la stiva nella quale dimora Larisa quasi più grande dell’imbarcazione stessa sono assolutamente incongruenti rasentando il ridicolo (ma questo è un problema comune di cui soffrono anche numerose megaproduzioni).
Mi rendo conto che forse molti non notano questi “goof”, ma francamente a me che sono sempre stato vicino al mare e l’ho solcato in quasi ogni tipo di imbarcazione da kayak a gozzi, da motoscafi a barche a vela, da traghetti a cargo transoceanici le scene di mare mal rappresentate danno molto fastidio. Ultimo caso che mi viene in mente è “In the heart of the sea” la cui sceneggiatura era tutt'altro che malvagia ma le numerose ridicole scene in mare (spesso inutili e tirate per le lunghe) erano "indecenti" e hanno rovinato un film potenzialmente buono. Scusate lo sfogo, ma penso che un buon regista possa - e dovrebbe - dire molto di più anche facendo vedere molto meno ...
Sergio Cabrera ha quindi perso l’occasione di dirigere un altro buon film dopo “La estrategia del caracol” limitandosi a un prodotto semplicemente dignitoso.
IMDb 7,1

 

336 * “The fool killer” (di Servando González, USA, 1965) * con Edward Albert, Anthony Perkins, Dana Elcar, Henry Hull
Servando González è stato un cineasta messicano particolare, a 30 anni era già direttore Estudios Churubusco (paragonabili a Cinecittà), nel 1960 diresse il suo primo film “Yanco” che ricevette ottima accoglienza. Con “The fool killer” (suo secondo film) divenne il primo regista messicano a dirigere negli Stati Uniti, e nello stesso anno girò anche “Viento negro” (altro buon film). Nel 1968 filmò per conto del governo gli scontri fra polizia e studenti che poi sfociarono nella “matanza en la Plaza de las Tres Culturas de Tlatelolco” (2 ottobre 1968, pochi giorni prima dell’inizio delle Olimpiadi). Oltre a questa insolita presenza messicana il film conta sulla partecipazione, in un ruolo secondario ma di rilievo, di Anthony Perkins, all’epoca già divenuto famoso per essere stato protagonista in “Psycho” (Hitchcock, 1960) e “The Trial” (Orson Welles, 1962).
Tutto questo “spiegamento di forze” in un film sostanzialmente per ragazzi, avente come protagonista un dodicenne che scappa dai suoi genitori adottivi e nel corso della sua fuga verso il west incontra personaggi a dir poco peculiari. Il giovane George Mellish, questo il suo nome, è ben interpretato dall’esordiente Edward Albert che sarebbe tornato sullo schermo solo nel 1972 prima di iniziare a lavorare in tv in una quantità di telefilm.
La vita nel midwest appena dopo la guerra civile è rappresentata in modo classico (come in quasi tutti i film dell’epoca) attraverso situazioni e personaggi caratteristici, dai vagabondi ai predicatori e ai reduci di guerra (con qualche postumo) come Milo Bogardus, interpretato da Anthony Perkins.
Sceneggiatura adattata dall’omonimo romanzo di Helen Eustis (1954),

Ben fatto, merita una visione. L’originale si trova su YouTube, sembra che non sia stata realizzata una versione italiana.
IMDb 7,5

 

337 * “Bodas de sangre” (di Carlos Saura, Spa, 1981) * con Antonio Gades, Cristina Hoyos, Juan Antonio Jiménez
Primo film della trilogia del flamenco di Carlos Saura (“Carmen”,1983, e “El amor brujo”, 1986), poi continuata con i quasi documentari “Sevillanas” (1992), “Flamenco” (1995) e “Flamenco, Flamenco” (2010), con l’intermezzo dell’ottimo “Salomé” (2002).
Va visto quindi quasi come una prova generale e in quanto tale si deve accettare lo scarso equilibrio fra la parte introduttiva (la preparazione dello spettacolo e la vita nei camerini), le prove dei vari passi ed infine la prova generale in costume. In un film di poco più di un’ora mi sembra uno spreco perdere quasi 20 minuti nei camerini fra trucco e vestizione, conditi da chiacchiere oggettivamente poco interessanti. Al contrario la parte della prova generale conta forse con alcune delle migliori scene dei film di flamenco di Saura, comprendendo sia passi classici del flamenco sia di “ballo drammatico moderno”, in vari punti addirittura senza accompagnamento musicale.
Un peccato non aver utilizzato al meglio l'eccellente dramma omonimo di Federico García Lorca. Una chicca l'interpretazione di Pepe Blanco del famoso pasodoble "Ay mi sombrero".
Imprescindibile per gli amanti del genere e per i cinefili che vogliano avere una visione completa del lavoro di Saura il quale, pur restando in tema musicale, è uscito dall’ambiente prettamente spagnolo del flamenco con altri film quali “Fados” e “Tango”.
IMDb 7,5

 

338 * “Mi abuelo, mi papà y yo” (di Dago García, Juan Carlos Vásquez, Col, 2005) * con Miguel Varoni, Jaime Barbini, Juan Fernando Sánchez
Commedia strana, sia nel senso che è abbastanza singolare come approccio e sviluppo, sia nel senso che differisce dalle altre pellicole colombiane viste di recente. Ha degli aspetti seri e quasi drammatici concentrati nell'ambito delle relazioni familiari e di coppia (2 matrimoni e un divorzio). Non c'è violenza, né droga, né armi ... e neanche se ne parla.
La narrazione viene assistita da tre voci fuori campo che, in prima persona, descrivono a turno le sensazioni dei tre protagonisti ed esprimono le loro opinioni. Al centro, non solo per l'età, c'è un padre maniaco per la musica per la quale perde il lavoro, spende quasi tutti i suoi soldi (per un organo) e riesce ad inimicarsi tutti i membri della famiglia: da suo padre (il nonno - abuelo), alla moglie, ai figli.
Commedia leggera, a tratti un po' insensata, ma con spunti divertenti e sottili, ha anche il pregio di non cadere mai nel ridicolo o nel volgare. Certamente sufficiente, dà l’idea di un ambiente borghese colombiano..
IMDb 6,2

 

339 * “Bad memories” (di Gustavo Santi, USA, 2009) aka “Lo pasado pisado” * con Gustavo Santi, Jorge Villarino, John Aguilar, Fabiana Pascali
Film abbastanza "misterioso", non se ne trovano quasi notizie in rete, solo un poster, ma è su youtube. Dalle notizie recuperate leggendo i commenti al film e le risposte dello stesso Santi si viene a sapere che non si tratta di una storia vera (come si lascia invece intendere alla fine citando nomi, cognomi, date e condanne) ma di un adattamento di avvenimenti del 1970.
Gustavo Santi (produttore, regista e protagonista) ha partecipato a vari festival, ottenendo anche qualche riconoscimento, ma non è riuscito a trovare un distributore. Egli stesso l’ha caricato su YouTube e questo al momento è ancora il suo unico film.
In breve, un sommozzatore professionista argentino, da molti anni in California, per caso ascolta una conversazione telefonica e riconosce la voce del sergente che 20 anni prima lo ha torturato per due interi giorni. Vorrebbe vendicarsi, ma avendo intuito che stanno progettando un grande attentato a Buens Aires, è costretto a rinviare i suoi piani per cercare di saperne di più ed evitare una strage.
La storia ha quindi fatto presa su molti di quelli che hanno vissuto quei periodi di violenze, torture e sparizioni anche se il film è molto naïf.
A discolpa di Santi c’è da dire che non aveva alcuna esperienza, ma si è messo comunque in gioco facendo tutto da solo, con la collaborazione di pochi amici, riuscendo ad inserire varie scene d’azione e riprese subacquee, il tutto in poco più di una settimana e con un budget di 20.000 dollari ... e questo torna tutto a suo onore e merito.
IMDb 5,7

 

340 * “En la cama” (di Matías Bize, Cile, 2009) * con Blanca Lewin, Gonzalo Valenzuela
Nelle mie peregrinazioni fra le cinematografie latine meno conosciute, eccomi al pluripremiato “En la cama”, film cileno quasi sperimentale con solo due attori, interamente girato in una stanza di motel.
Una “occasionale” coppia di giovani, fra un amplesso e l’altro (ma non è assolutamente un porno) cominciano a conoscersi iniziando dalle “presentazioni” (non conoscono o non ricordano i nomi essendosi appena incontrati ad una festa). Fra banalità, luoghi comuni e qualche considerazione seria si va avanti per circa un’ora e mezza fino allo scoprire o rivelare alcuni segreti personali.
L’esercizio non era per niente facile, tuttavia Matías Bize se l’è cavata abbastanza bene raggiungendo certamente la sufficienza, ma non molto di più. Buona l’interpretazione di Blanca Lewin che si è guadagnata 4 dei 10 premi ottenuti dal film alla pari del regista, gli altri 2 se li è aggiudicati lo sceneggiatore Julio Rojas. Interessante.
IMDb 6,4

 

341 * “Uomini contro” (di Francesco Rosi, Ita, 1970) * con Mark Frechette, Alain Cuny, Gian Maria Volontè
In questo film Rosi non si scaglia direttamente contro il sistema politico come tante altre volte, ma con l’ordinamento militare, la cecità (finta o vera che sia, da pazzi o da ipocriti poco cambia) di chi ha il comando, dell’illogicità della guerra, in particolare se combattuta con criteri e strategie antiquate non adeguate agli armamenti moderni.
Storia esemplare (adattata dal libro di Lussu “Un anno sull’altipiano”), quasi una parabola, che vede protagonisti folli invasati, idealisti e i “poveri cristi”, vale a dire i giovani e meno giovani provenienti da ogni parte della penisola e mandati a farsi massacrare sulle montagne del nord-est.
Considerati i diversi mezzi a disposizione oso dire che è lecito paragonarlo ai film anti-war di Kubrick.
Buon cinema italiano, film da non perdere.
IMDb 7,7

 

342 * “Cadaveri eccellenti” (di Francesco Rosi, Ita, 1976) * con Lino Ventura, Tino Carraro, Marcel Bozzuffi
Fra “Uomini contro” (1970, appena visto e recensito) e questo, Rosi diresse due film basati su fatti reali: “Il caso Mattei” (1972) e “Lucky Luciano” (1973). In “Cadaveri eccellenti” resta in tema politico ma torna alla fiction del genere poliziesco, ma di quello “intellettuale”. L’ispettore Rogas (Lino Ventura) si trova a dover investigare su una serie di misteriosi assassinii di alti magistrati. Lui pensa che si tratti di una vendetta personale, ma molti sono interessati a far credere il contrario.
Un bel poliziesco con interessantissime location fra Napoli, Sicilia e Roma e interpretato da un folto stuolo di ottimi attori italiani e stranieri anche se i nomi di molti di loro non sono di primissimo piano nel mondo cinematografico. Il cast internazionale, oltre a Lino Ventura, include Max von Sydow, Fernando Rey, Alain Cluny, Tina Aumont, Charles Vanel, Marcel Bozzuffi. A questi si affiancano tanti italiani, per lo più del mondo del teatro (garanzia di qualità), come Tino Carraro, Anna Proclemer, Luigi Pistilli, Paolo Bonacelli. Tranne il protagonista, tutti hanno brevi parti facendolo diventare quasi un film quasi corale, ma questo continuo ricambio di personaggi (politici, magistrati, poliziotti, sovversivi, ecc.) rende la storia un po’ confusa e difficile da seguire.
Comunque sia, Rosi ci fornisce un ennesimo buon cinema film, da non perdere.
IMDb 7,5

 

343 * “Sólo con tu pareja ” (di Alfonso Cuarón, Mex, 1991) tit. it. “Uno per tutte” * con Daniel Giménez Cacho, Claudia Ramírez, Luis de Icaza
Film di esordio dell’ormai più che affermato Alfonso Cuarón, 2 Oscar (+ 4 Nomination), regista di Gravity, “Children of Men”, “Harry Potter and the Prisoner of Azkaban”, “Y tu mamá también”, ...
Si tratta di una commedia con ottimi spunti, anche se senza troppa continuità, con poche situazioni già viste ma con personaggi molto originali e geniali così come vari particolari: metodo di suicidio (assoluta novità!), l’improvvisa apparizione dei mariachi, gli asiatici più che alticci, i piccoli coni di carta, la giornaliera corsa del protagonista nudo per le scale, il bambino dell’ascensore (memorabile), ...
Con il senno di poi, si può ben dire che il regista e sceneggiatore messicano già all’epoca aveva idee abbastanza chiare.
Commedia originale, fra la nera e la demenziale, più che piacevole, ben costruita e ben interpretata da un cast di buon livello nel quale si distingue il protagonista Daniel Giménez Cacho (La mala educacion, Blancanieves, Profundo carmesì, ...).
Senz'altro consigliata.
IMDb 7,1

 

344 * “Juno and the Paycock” (di Alfred Hitchcock, UK, 1930) tit. it. “Giunone e il pavone” * con Sara Allgood, Edward Chapman, Barry Fitzgerald
Secondo film sonoro di Hitchcock, dopo l’esordio con “Blackmail”. Senz’altro uno dei suoi peggiori, il peggiore in assoluto secondo il regista stesso. Tratto da una famosa commedia di Sean O'Casey e adattato dall’autore medesim in collaborazione con il regista, il film resta troppo teatrale, forse anche perché interpretato dagli stessi attori che lo portavano in scena sul palcoscenico e senza che Hitchcock riuscisse a dargli più verve.
Abbastanza noioso, banale e neanche divertente, anche se forse all’epoca sarà piaciuto a chi era in grado di cogliere i vari riferimenti alla situazione politica della guerra d’indipendenza irlandese. Sottigliezze che ai più non è dato di intendere nelle discussioni fra i coniugi Boyle, il figlio che ha perso un braccio combattendo, la figlia che viene “sedotta e abbandonata” da un furfante che raggira anche la famiglia con una falsa eredità e il compagno di pub Joxer.
Il punteggio del film su IMDB la dice lunga ... IMDb 4,8

 

345 * “Mary” (di Alfred Hitchcock, UK, 1931) * con Alfred Abel, Olga Tschechowa, Paul Graetz
Questo è un film molto singolare in quanto si tratta di un doppione di “Murder!”, lo si potrebbe definire un bis-make. Infatti non è un remake in quanto i due film furono girati contemporaneamente utilizzando gli stessi set e pressoché identica sceneggiatura, con la sola differenza che “Mary” fu interpretato da attori tedeschi che recitavano nella loro madrelingua. Evidentemente era più semplice fare così che ipotizzare un doppiaggio, all’epoca praticamente impossibile. Alcuni addirittura non lo annoverano neanche nella lista delle pellicole assimilandolo in tutto e per tutto a “Murder!”.
Come per il precedente “Juno ...” anche in questo caso la sceneggiatura deriva da una piece teatrale, a sua volta tratta dal romanzo di Clemence Dane "Enter Sir John" adattata per il cinema dall’autore e dal regista.
Del lotto dei 4 film di Hitchcock (cronologicamente consecutivi) che ho guadato in tre giorni dopo aver trovato il dvd di “Juno ...” questo è di gran lunga il migliore sia per l’interessante trama nella quale si ritrovano varie situazioni simili a quelle per le quali il regista diventò poi famoso, sia per le scene, in particolare quelle iniziali che si rifanno un po’ all’espressionismo tedesco.
La versione originale (di discreta qualità) si trova su YouTube, con sottotitoli in varie lingue. Vale la pena guardarlo.
IMDb 6,0

 

346 * “The Skin Game” (di Alfred Hitchcock, UK, 1931) tit. it. “Fiamma d’amore” * con Edmund Gwenn, Jill Esmond, C.V. France
Troviamo di nuovo Hitchcock nelle vesti di regista e co-sceneggiatore in questo film vituperato da molti (in una classifica appare addirittura come peggiore in assoluto) che a me, tuttavia, non è del tutto dispiaciuto. La trama è interessante anche se in parte prevedibile e c’è anche un po’ di mistero accompagnato da un po’ di suspense.
Da notare l’ennesima traduzione a vanvera del titolo, il cui significato è in effetti “gioco sporco”, “sleale” e così è stato tradotto in altri idiomi essendo oltretutto perfettamente attinente alla storia. Infatti si tratta di uno scontro fra due famiglie che pur di ottenere ciò che vogliono e non darla vinta agli altri useranno ogni mezzo senza prevedere le conseguenze che, ovviamente, saranno tragiche.
IMDb 5,8 ma secondo me merita almeno la sufficienza

347 * “Rich and Strange” (di Alfred Hitchcock, UK, 1932) tit. it. "Ricco e bizzarro" * con Henry Kendall, Joan Barry, Percy Marmont
Con questo ho visto tutti i film del periodo inglese di Hitchcock e credo di poter affermare che è il peggiore di tutti. La trama ha poco senso, è mal costruita e mal realizzata, e con “l’aiuto” di una pessima recitazione il disastro è fatto. Non lo trovo migliore di Juno . Questa di “Rich and Strange” sarà l’ultima sceneggiatura (in questo caso adattata da un romanzo di Dale Collins) curata da Hitchcock; successivamente collaborerà solo in pochi altri casi, in modo poco determinante e non ufficialmente (uncredited).
Evidentemente era necessaria questa sfilza di film insoddisfacenti (anche per lui stesso) per rendersi conto che il suo mestiere doveva essere il regista e non lo sceneggiatore.
Una coppia borghese (insulsa come tutta la trama), insoddisfatta della routine quotidiana, sogna di viaggiare e ne ha l’occasione ricevendo una notevole quantità di danaro quale anticipo di una eredità. Quindi parte alla volta dell’Europa e di lì, in nave, prosegue per l’Estremo Oriente. Vi risparmio il resto.
Da guardare solo se siete interessati a completare la vostra conoscenza dei film diretti da Hitchcock.
IMDb 5,9

 

348 * “Le fabuleux destin d'Amélie Poulin (Amélie)” (di Jean-Pierre Jeunet, Fra, 2001) * con Audrey Tautou, Mathieu Kassovitz, Jamel Debbouze, Dominique Pinon, Rufus,
Film estremamente piacevole, con spunti geniali, personaggi peculiari e strampalati al limite del plausibile, legami visivi e temporali ben congegnati, fotografia molto contrastata con colori forti quasi psichedelici, con solo poche fasi di stanca. Eppure, secondo me, Jean-Pierre Jeunet fece meglio nel suo film d'esordio Delicatessen (1991), con Dominique Pinon come protagonista, qui relegato a ruolo secondario. Comunque in Amélie, molto meno dark dell’altro, ha perso solo poco del suo umorismo ma la parte surreale quasi scompare.
Si avvale di un cast evidentemente scelto accuratamente e sfrutta alla perfezione i singolari volti dei protagonisti, non solo quello di Audrey Tautou, ma anche e soprattutto quelli di Dominique Pinon, Mathieu Kassovitz e Jamel Debbouze.
Originale l'introduzione con l'infanzia di Amélie narrata da voce fuori campo e descritta in poche significative ed esilaranti scene interpretate dalla piccola Flora Guiet.
Assolutamente da non perdere.
IMDb 8,4 RT 89% 5 Nomination Oscar *  al 77° posto nella classifica IMDb dei migliori film di tutti i tempi

 

349 * “Sunset Boulevard” (di Billy Wilder, USA, 1950) * con William Holden, Gloria Swanson, Erich von Stroheim, Nancy Olson
Lo si potrebbe definire un elogio del cinema per i tanti riferimenti, per svilupparsi in un ambiente ai margini del mondo hollywoodiano, per il titolo, per la presenza di due icone come Bette Davis e Erich von Stroheim fra gli attori e di altri personaggi famosi nella parte di loro stessi come il regista Cecil B. DeMille (I 10 Comandamenti, Cleopatra, Il più grande spettacolo del mondo), Buster Keaton (basta il nome) e la meno conosciuta Hedda Hopper che da attrice fallita passò ad essere la giornalista di gossip più temuta di Hollywood per vari decenni (qualcuno la ricorderà interpretata da Helen Mirren in Trumbo).
Gloria Swanson talvolta dà l’impressione di esagerare nell’evidenziare la follia della protagonista, ma probabilmente era proprio quello che le veniva richiesto da Wilder. Il personaggio di Max sembra costruito apposta per Erich von Stroheim, cineasta famoso e apprezzato ai tempi del muto e adesso costretto ad arrangiarsi. Certamente non si sarà sforzato molto per interpretare alla perfezione la scena finale, quando torna ad essere al lato degli operatori e a dire “Action!”, con uno sguardo pieno di tristezza e nostalgia. Oneste le prove di William Holden e Nancy Olson. Tutti e 4 ottennero la Nomination ma nessuno di loro l’ambita statuetta. I 3 Oscar furono assegnati a “Sunset Boulevard” per sceneggiatura, scenografia e commento musicale.
Chiunque sia interessato al cinema e non l’ha ancora visto deve assolutamente provvedere a colmare questa sua lacuna al più presto.
IMDb 8,5 RT 98% 3 Oscar e 8 Nomination * al 53° posto nella classifica IMDb dei migliori film di tutti i tempi

 

350 * “Criss Cross” (di Robert Siodmak, USA, 1949) tit. it. “Doppio gioco” * con Burt Lancaster, Yvonne DeCarlo, Dan Duryea
Ottimo noir classico, firmato da uno degli indiscussi maestri di questo genere: Robert Siodmak (La scala a chiocciola, The Killers, L’urlo della città, Christmas Holiday).
La trama è avvincente e piena di sorprese e colpi di scena e ovviamente non ne parlo. Ottimamente interpretato non solo dai tre interpreti principali (di chiara fama), ma anche da tutti gli ottimi caratteristi che li affiancano.
Da non perdere.
Curiosità: il film segna l’esordio (uncredited) di Tony Curtis che in una delle scene iniziali del film appare mentre balla con Yvonne DeCarlo. Lo stesso Tony Curtis nel 1957 interpretò (da co-protagonista) un altro noir con Burt Lancaster “Sweet Smell of Success” (Piombo rovente) che entusiasmerà quelli che avranno apprezzato “Criss Cross”.
IMDb 7,5 RT 100%

Per informazioni generiche, tecniche e recensioni  dei film consiglio di consultare i seguenti siti:

IMDb (Internet Movie Database) : il più completo, la Bibbia del Cinema, con archivio di 3.5mln di titoli e quasi 7mln di nomi (in inglese)

Rotten Tomatoes : meno dati di IMDb, raccoglie soprattutto recensioni in rete, quindi carente su film datati (in inglese, con numerose recensioni in spagnolo)

Film Affinity/es : trovo che sia il più completo per quanto riguarda film spagnoli e dell'AmericaLatina (in spagnolo)

Allo Ciné : sopratutto cinema francese, ma non solo (in francese)

 Upperstall.com  : specializzato in cinema indiano. uno dei più frequentati al mondo fra i siti che si occupano di cinema  (in inglese)

per ricevere o fornire informazioni cinematograiche potete scrivermi a giovis@giovis.com

     

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