151* “Blues: The Soul of a man” (di Wim Wenders, USA, 2003) * con
T Bone Burnett, Nick Cave, Skip James
Secondo dei 7 film-documentari che
costituiscono la serie “The Blues” coordinata e prodotta da Martin
Scorsese. Egli stesso ha diretto il primo (From Mali to Mississippi)
mentre l’ultimo è stato opera di Clint Eastwood che nell’occasione
partecipa attivamente esibendosi al piano.
L’asse portante di questo The Soul
of a man è costituito da una breve panoramica sulle carriere di tre
Bluesman: Blind Willie Johnson, Skip James e J.B. Lenoir. Si
alternano filmati d’epoca, ricostruzioni in bianco e nero nelle
quali i primi due sono interpretati rispettivamente da Chris Thomas
King e Keith B. Brown mentre il terzo compare sono in riprese
originali, interviste, spezzoni di esibizioni dal vivo. Queste
includono interpretazioni molto più moderne, con adattamenti di
pezzi originali ai quali si alternano nel montaggio.
Nel film appaiono, e si esibiscono
nomi famosi, artisti di riconosciuto talento come Lou Reed, Nick
Cave, John Mayall, Shemekia Copeland, T-Bone Burnett, Los Lobos,
Lucinda Williams, Cassandra Wilson e altri ancora.
La musica la fa da padrona per la
maggior parte del film e le interviste e le brevi scene ricostruite
sono significative e ben distribuite. Personalmente mi sono piaciute
molto di più le parti di vero Blues, di meno gli adattamenti moderni
tendenti al rock ... ma è questione di gusti.
Penso che comunque il film possa
interessare anche a quelli che di Blues sanno poco o niente, basta
che apprezzino la musica. La visione della serie completa dei
documentari potrebbe farli appassionare a questo genere.
IMDb 7,5
152 * “Do the right thing” (di Spike Lee, USA, 1989) *
con Danny Aiello,
Ossie Davis, Ruby Dee
Uno dei più conosciuti film di Spike Lee, il primo della serie di
iniziali successi che in pochi anni lo portò all’attenzione del
pubblico (i tre successivi furono “Mo’ better Blues”, “Jungle Fever”
e “Malcolm X”). Secondo me è anche uno dei suoi migliori per quanto
riguarda la critica alle controversie razziali all’interno stesso
della comunità afro-americana, forse superato solo dal molto anomalo
“Get on the bus”, secondo me sottovalutato e certamente molto mal
distribuito in soli 12 paesi fra i quali l’Italia dove circolò con
il titolo “Bus in viaggio” (?!?!).
Quasi tutta la storia di “Do the right thing” ruota attorno alla
famiglia italo-americana dei Fragione e alla loro “Sal’spizzeria”,
ultimo pezzo “storico” di quell’area di Brooklyn diventata quasi del
tutto afro-americana.
Il capofamiglia Sal (un ottimo Danny Aiello) è coadiuvato molto
malvolentieri dai figlio Pino/John Turturro e Vito/Richard Edson e
deve vedersela con la molto variegata umanità del quartiere. Non sto
qui ad elencare i tanti ottimi caratteristi che interpretano
personaggi a dir poco singolari i quali, pur non essendo né
particolarmente cattivi, né malavitosi, né veramente razzisti, con i
loro atteggiamenti uniti a sbruffoneria e testardaggine porteranno
la situazione al punto di rottura e quindi a catastrofiche
conseguenze.
Il film è da vedere e non da raccontare, dunque passo a una chicca
divenuta veramente tale solo in quest’ultimo anno: viene menzionato
Trump (prossimo presidente USA???) che già all’epoca era un
personaggio molto noto avendo costruito fra l’altro l’enorme
hotel-casinò Trump's Plaza (citato nel film) ad Atlantic City nel
1984.
Dialogo serrato nella pizzeria di Sal:
- You want a condominium?
- A couple of straws, Mr. Trump.
- Trump's Pizza.
- I heard of that.
- That's Trump's Plaza.
RT 96% - IMDb 7,9 * 2 Nomination Oscar (Danny Aiello attore non
protagonista e Spike Lee sceneggiatura originale)
153* “Razzia sur la chnouf” (di Henri Decoin, Fra, 1955)
*
con Jean Gabin, Marcel Dalio, Lino Ventura
Noir francese che ha come protagonista un Jean Gabin a metà, e quasi
all’apice, della sua lunga carriera di attore (1928-1967) e conta
con la presenza di Lino Venura, appena alla sua seconda apparizione
sugli schermi, ma già con un ruolo importante.
Non è un vero noir classico, non un poliziesco e neanche un film di
malavita. Prodotto onesto sostenuto da un buon cast, ma la
sceneggiatura è un po’ debole e spesso basata su stereotipi. Dopo
una prima metà rapida e interessante, per lo più ambientata fra
importatori e distributori di droga all’ingrosso, il ritmo del film
rallenta, si perde fra squallidi locali popolati da consumatori di
droga, fra alcool e sesso.
Il frettoloso finale mi ha lasciato ulteriormente perplesso e
abbastanza deluso.
In conclusione resta una buona descrizione visiva della Parigi
notturna del dopoguerra, con un bel bianco e nero pulito che risulta
nitido anche negli interni e durante le scene esterne più buie, ma
poco di più.
Se volete guardare un film di questo genere, vi consiglio un buon
Melville.
IMDb 7,1
154* “Shane” (di George Stevens, USA, 1953) tit. it.
“Il cavaliere della valle solitaria” (?!?!) *
con Alan Ladd, Jean
Arthur, Van Heflin, Ben Johnson, Jack Palance
Western classico
degli anni ’50, diretto da uno dei grandi registi dell’epoca,
acclamato anche come direttore della fotografia. Due anni prima
aveva diretto il vero e originale “Un posto al sole” (“A place in
the sun”, micro-recensione
16/49) che si aggiudicò ben 6 Oscar.
La trama di Shane, come quasi tutti i western dell’epoca, è
abbastanza prevedibile e - altro classico - sono più le scazzottate
che le sparatorie. Finale scontato, ma nel complesso il film regge
molto bene nel suo genere ed il cast è di tutto rispetto. Ad Alan
Ladd, che in quanto a fama competeva con John Wayne, si affiancano
Van Heflin, Ben Johnson e Jack Palance, appena al suo quarto film,
nei panni del pistolero.
Dopo la “curiosità
Trump” citata per “Do the right thing” (152) eccone un’altra:
nel saloon Ben Johnson provoca Alan Ladd deridendolo per aver
chiesto una soda, ma non per lui (prima foto dopo il poster). Un
paio di battute ricompariranno in modo molto simile, anche se in
contesto completamente diverso, nella famosa scena di “Taxi Driver”
(Martin Scorsese, 1983) nella quale Robert De Niro si esercita
davanti allo specchio.
Shane/Alan Ladd:
“You speakin' to me?”
Chris Calloway/Ben
Johnson: “I don't see nobody else standin' there.”
Travis Bickle/Robert De Niro “parlandosi” allo specchio: “You
talking to me? Well I'm the only one here.”
Da non perdere per gli amanti dei western classici, ma se non
gradite il genere passate ad altro.
RT 97% - IMDb 7,7 * 6 Nomination agli Oscar del 1954, ma vinse solo
quello per la migliore fotografia
155 * “Dekalog” (di Krzysztof Kieslowski, Pol, 1989) RT 100%
Due parole sull’opera completa: si tratta di una serie di 10
telefilm di 53-57 minuti, ognuno dedicato ad uno dei comandamenti.
Vari attori compaiono in più episodi ed in particolare ce n’è uno,
che non parla mai, che compare in tutti e dovrebbe rappresentare un
angelo. Qualcuno sostiene che l’acqua (o comunque un liquido) è
presente in tutti i film, ma mi sembra una teoria molto debole ... i
liquidi sono dappertutto. Infine lo spettro della morte è quasi
sempre presente, ma non c’è da meravigliarsi visto che si tratta di
religione cristiana. Di conseguenza sono tutti pervasi da una certa
tristezza e certamente sono in un modo o nel’altro drammatici.
In considerazione della loro durata ne ho guardati due ogni sera e
quindi li recensirò a coppie e considero l’intero “Decalogo” come 5
film ai fini della mia statistica (per quanto possa contare).
1° - Non avrai altro Dio fuori di Me * IMDb 8,4
con Henryk Baranowski, Wojciech Klata, Maja Komorowska
Interessante inizio con la “sfida” Dio - computer. Un professore di
fisica ateo insegna a suo figlio piccolo genio che tutto è
prevedibile e controllabile ... ma ovviamente non è così, neanche
oggi, 27 anni più tardi con elaboratori estremamente più potenti ed
avanzati. Tanti simboli, tempi perfetti, ottima regia.
2° - Non nominare il nome di Dio invano * IMDb 7,9
con Krystyna Janda, Aleksander Bardini, Olgierd Lukaszewicz
In questo secondo mediometraggio non mi è del tutto chiaro il nesso
con il comandamento e non certo non è al livello del precedente. Gli
argomenti principali attorno ai quali si sviluppa la storia sono
morte, aborto ed adulterio. Anche il finale lascia spazio a varie
interpretazioni, della mia sono abbastanza certo e non sono il solo
a vederla così, ma in rete ho letto di varie altre ipotesi.
156 * “Dekalog” (di Krzysztof Kieslowski, Pol, 1989) III e IV
3° - Ricordati di santificare le feste * IMDb 7,6
con Daniel Olbrychski, Maria Pakulnis, Joanna Szczepkowska
Anche questo ha una trama non del tutto attinente al comandamento,
semplicemente si svolge fra la Vigilia e Natale. Ritornano i temi di
adulterio e morte, ma si procede con una certe suspense in quanto
non tutto è prevedibile. Riappaiono alcuni attori già visti nei due
film precedenti, ma senza avere alcun ruolo in questo. Dopo l’ottimo
primo comandamento e il buon secondo, questo mi ha un po’ deluso.
4° - Onora il padre e la madre * IMDb 8,4
con Adrianna Biedrzynska, Janusz Gajos, Artur Barcis
Con il quarto comandamento Kieslowski torna all’ottimo livello del
primo. Trama appassionante e piena di sorprese che viaggia sul filo
di un dubbio, dubbio che non verrà chiarito in modo evidente neanche
alla fine. Episodio basato su un particolarissimo rapporto padre
figlia nel quale la psicologia è fondamentale. Qualche bugia,
qualche riserva mentale, qualche provocazione ...come finirà? La
morte aleggia sulla storia con i continui ricordi della moglie-madre
deceduta anni prima.
157 * “Dekalog” (di Krzysztof Kieslowski, Pol, 1989) V e VI
5° - Non uccidere * IMDb 8,4
con Miroslaw Baka, Krzysztof Globisz, Jan Tesarz
Ancora un “buon comandamento” che per oltre la metà del tempo si
sviluppa seguendo due storie parallele, ma di quelle che alla fine
si incontrano. Si analizzano due tipologie di morte, entrambe
provocate ... dov’è la giustizia? Il tema non è certo nuovo e seppur
in tempi ridottissimi è ben affrontato e, per quanto possibile,
ripropone in modo serio temi tuttora ampiamente dibattuto come
l’equità della pena di morte.
6° - Non commettere atti impuri * IMDb 8,6
con Olaf Lubaszenko, Grazyna Szapolowska, Piotr Machalica
Nonostante questo sia l’episodio con la migliore valutazione su IMDd
(8,6), non mi è sembrato all’altezza del 1°, 4° e 5°, fin qui
nettamente i miei preferiti. La storia mi è apparsa alquanto
improbabile, poco interessante, poco appassionante. Si tratta dello
strano rapporto di un “guardone”, in effetti un giovane con problemi
psicologici-sessuali, con una donna che inizialmente spia dalla
finestra e successivamente incontra. Ripeto, tutto poco plausibile e
abbastanza noioso.
158 * “Dekalog” (di Krzysztof Kieslowski, Pol, 1989) VII e VIII
7° - Non rubare * IMDb 8,0
con Anna Polony, Maja Barelkowska, Wladyslaw Kowalski
Con questo settimo telefilm, Kieslowski ritorna ad eccellenti
livelli. La storia stavolta si dipana interamente all’interno di una
famiglia ed in particolare attorno ad una bambina “adottata” dalla
nonna che aveva ritenuto sua figlia (madre della bambina) non in
grado di crescerla. Rapporto molto complicato fra le tre generazioni
di donne, con il marito/padre/nonno che fa praticamente solo da
spettatore.
bambina
8° - Non dire falsa testimonianza * IMDb 7,7
con Maria Koscialkowska, Teresa Marczewska, Artur Barcis
Altro ottimo episodio che, come il quinto, propone un problema
esistenziale/religioso sul quale si potrebbe dibattere per anni
senza trovare una vera soluzione.
In vari precedenti comandamenti si vedevano spesso gli stessi grossi
edifici residenziali e, come detto, talvolta i protagonisti di uno
incrociavano quelli già apparsi in altra storia. In questo caso una
delle due protagoniste racconta gli esatti avvenimenti del secondo
comandamento all’altra e questa ne conferma la veridicità e dice che
sia il dottore che la donna (all’epoca incinta) vivono ancora lì,
nel suo stesso condomino. Procedendo in questa serie diventa sempre
più chiaro il fatto che Kieslowski abbia pensato il Decalogo come un
opera unica, seppur divisa in dieci episodi apparentemente
indipendenti.
159 * “Dekalog” (di Krzysztof Kieslowski, Pol, 1989)
IX e X e breve commento conclusivo
9° - Non desiderare la donna d’altri * IMDb 8,2
con Ewa Blaszczyk, Piotr Machalica, Artur Barcis
Altro buon telefilm con una trama relativa alla profonda crisi
attraversata da una giovane coppia fino a poco tempo prima felice e
ora turbata da una molto piacevole “novità”: l’impotenza di lui.
Chiaramente, nonostante l’affetto e il reciproco rispetto, qualcosa
cambia dovranno affrontarne le conseguenze. Ben interpretato e ben
girato ... anche con un tocco di suspense.
10° - Non desiderare la roba d’altri * IMDb 8,4
con Jerzy Stuhr, Zbigniew Zamachowski, Henryk Bista
Questo episodio conclusivo è completamente diverso dagli altri, con
toni da commedia. La morte è presente solo all’inizio (funerale)
dopodiché si passa a conoscere i due fratelli rimasti orfani, uno
dei quali cantante rock, la scoperta del valore dell’eredità
(assolutamente sorprendente) e i loro conseguenti goffi tentativi di
gestirli al meglio ...
Forse sarebbe stato forse più attinente “Non rubare”.
******
In conclusione, dopo aver guardato l’opera completa in 5 giorni,
concordo pienamente con il valore di Dekalog ed in particolare sui
meriti di Kieslowski in quanto regista. Volendo trovare dei punti
deboli, bisogna cercarli in alcune sceneggiature (dello stesso K.
insieme con Krzysztof Piesiewicz) e non certo nel modo nel quale
sono state scelti tempi, inquadrature e luci o come siano stati
diretti gli attori.
Ancora una volta è evidente che il buon cinema prescinde dai budget
e dagli effetti speciali che, al contrario, sembrano essere
pressoché l’unica risorsa di molti moderni registi (o
pseudo-registi).
160* “Henry V” (di Kenneth Branagh, UK, 1989) *
con Kenneth Branagh,
Derek Jacobi, Simon Shepherd
Ottima versione cinematografica del dramma storico conclusivo della
seconda tetralogia di Shakespeare (Riccardo II, Enrico IV parte 1 e
2 ed Enrico V) conosciuta anche come Enriade.
In questo film Kenneth Branagh fa la parte del leone fornendo una
superba interpretazione di Re Henry V e dirigendo brillantemente e
con mano ferma tanto le scene prettamente teatrali come la lunga
sequenza della battaglia di Agincourt.
Per molti spettatori il “limite” di questo è nel testo molto fedele
all’originale shakespiriano, quindi assolutamente obsoleto, molto
diverso dall’inglese moderno e quindi spesso difficile da
interpretare esattamente.
In brevi parti di contorno compaiono anche Emma Thompson nei panni
di Caterina di Valois e l’allora quindicenne Christian Bale.
La succitata seconda tetralogia è stata la base di “Chimes at
Midnight” (1965, conosciuto anche come “Falstaff”) diretto ed
interpretato da Orson Welles che per questo film ottenne due premi
speciali al Festival di Cannes.
RT 100% - IMDb 7,7 - Oscar costumi + 2 Nom a Kenneth Branagh come
miglior attore e per la regia
161* “Los girasoles ciegos” (di José Luis Cuerda, Spa, 2008) *
con Maribel Verdú,
Javier Cámara, Raúl Arévalo
Come spesso accade, tutti quelli che hanno letto l'omonimo libro di
Alberto Méndez hanno criticato molto il film per essere troppo
edulcorato e basato quasi esclusivamente sulla passione suscitata
nel diacono Salvador (Raúl Arévalo) dall’avvenente, e ufficialmente
vedova, Elena (Maribel Verdú).
Per il resto è semplicemente l’ennesimo film sul franchismo
dell’immediato dopo-guerra civile, argomento ricorrente ma spesso,
come in questo caso, trattato solo di sfuggita.
Merita una menzione speciale il piccolo Roger Príncep (classe 1998),
abituato ad essere apprezzato come miglior attore non protagonista
per quasi ogni interpretazione: El orfanato (2007), Los girasoles
ciegos (2008), Pájaros de papel (2010).
Precisa la regia di Cuerda, il quale però rende molto meglio nelle
commedie dell'assurdo.
162* “Harry, un ami qui vous veut du bien” (di Dominik Moll, Fra,
2000) *
con Laurent Lucas,
Sergi López, Mathilde Seigner
Thriller? Commedia dark? Dramma? Difficile definire la categoria di
appartenenza di questo film. Scene per lo più luminose, vita in
famiglia “rallegrata” da tre bambine pestifere, una casa isolata
immersa nella natura e ... Harry un vecchio “amico” spuntato dal
nulla che con la sua aria serafica, il suo gran sorriso e la sua
grande disponibilità ad aiutare gli altri condizionerà la vita
dell’intera famiglia di Michel.
Piacevole film francese, molto originale, ben interpretato (in
particolare da Sergi López / Harry), forse un po’ sopravvalutato
dalla critica. A tempo perso vale senz’altro la pena guardarlo.
RT 100% - IMDb 7,2
163* “Blues: Piano Blues” (di Clint Eastwood, USA, 2003) *
con Marcia Ball, Ray
Charles, Dr. John
Direi deludente. Non è un buon documentario, non ha niente di un
film. Consiste in una lunga serie di brevissime interviste (poche
battute) con pianisti famosi, tanti brevissimi inserti musicali (per
lo più strumentali, solo piano), non segue un filo logico e per
finire Clint Eastwood è troppo presente.
Inizia e si conclude con Ray Charles ed in mezzo ci sono tutti gli
altri pianisti blues, dal vivo, in vecchi filmati d’epoca o
semplicemente citati. Per fortuna musica ed esecuzioni sono ottime.
L’unico tocco cinematografico si trova nella scena nella quale Fats
Domino suona nel bel mezzo di una prateria nel Parco Nazionale Grand
Teton, Wyoming (vedi foto). La voce fuori campo racconta che ebbe un
pubblico d’eccezione (una decina di alci immobili ad ascoltarlo.
Appena finito il pezzo se ne andarono. Fra quelli finora visti
questo è il meno avvincente dei capitoli di “The Blues”, serie
prodotta da Scorsese coinvolgendo altri sei registi, 7
film-documentari in tutto.
RT 100% (serie completa) - IMDb 7,4 (Piano Blues)
164* “Million dollar baby” (di Clint Eastwood, USA, 2004) *
con Hilary Swank,
Clint Eastwood, Morgan Freeman
Uno dei tanti buoni film di Clint Eastwood, nella doppia veste di
regista e attore protagonista. Pluripremiato e abbastanza ben
conosciuto è nota la trama per sommi capi e ciò spesso “spaventa” un
certo tipo di spettatori. Molte volte si sentono persone dire di non
averlo visto e non volerlo vedere per essere incentrato sul
pugilato, “troppo violento”.
Penso che questo sia un retaggio di film di decenni fa e poi della
saga Rocky nella quale le scene sul ring erano più che abbondanti.
Al contrario questo, come tanti altri buoni film più moderni, ci
propone personaggi e storie che gravitano attorno al mondo della
boxe, lasciando ai combattimenti un ruolo molto marginale. Giusto
per fare qualche esempio “The fighter” (di David O. Russell, 2010, 2
Oscar, con Mark Wahlberg e Christian Bale) e il recentissimo “Creed”
(di Ryan Coogler, 2015, Nomination Oscar per Sylvester Stallone).
A chi non conosce la trama di “Million dollar baby” faccio presente
che poco dopo la metà del film si lascia la boxe per passare al puro
dramma umano.
RT 91% - IMDb 8,1 * 4 Oscar (per film e regia a Eastwood, Swank attrice
protagonista, Freeman non prot.) + 3 Nomination
165* “La teta asustada” (di Claudia Llosa, Perù, 2009) tit. it. “Il
canto di Paloma” *
con Magaly Solier, Susi Sánchez, Efraín Solís
Magaly Solier nasce come cantautrice e successivamente viene
trascinata nel mondo del cinema da Claudia Llosa con “Madeinusa”
(2006), film di esordio per entrambe. La giovane regista peruviana
la coinvolge poi anche per “La teta asustada” suo secondo film,
veramente fuori dagli schemi. Infatti è in parte recitato in
Quechua, lingua degli Indios andini, etnia alla quale appartengono
la maggior parte dei protagonisti, “immigrati” alla periferia di
Lima scappando dalle violenze della guerriglia ai margini
dell’Amazzonia.
Fausta vive in una colonia ancora in costruzione, su una collina
desertica, con la sua famiglia che si occupa di organizzazione di
feste, in particolare di matrimoni. Già solo questo spaccato
antropologico basterebbe a rendere molto interessante il film, ma
c’è molto di più nelle paure di Fausta, in particolare nei confronti
degli uomini, nei ricordi della madre.
Molto interessante anche la colonna sonora che, oltre a pezzi
tradizionali, comprende varie canzoni scritte e interpretate dalla
stessa Magaly Solier.
RT 88% - IMDb 6,7 * primo film peruviano ad ottenere una Nomination
Oscar (miglior film straniero) + Orso d’Oro a Berlino
166* “La Historia oficial” (di Luis Puenzo, Arg, 1985) *
con Norma Aleandro,
Héctor Alterio, Chunchuna Villafañe
Film senz’altro ben realizzato, ben diretto e ben interpretato,
eppure penso che debba le lodi ricevute ed il conseguente successo
più al tema trattato che alla qualità dell’opera in sé e per sé.
Spicca su tutto e tutti l’interpretazione della sempre affidabile
Norma Aleandro, ma il film non convince del tutto e, personalmente,
sono rimasto deluso dal finale.
Lo stesso tema dei
figli di desaparecidos adottati da (venduti a) famiglie borghesi è
successivamente trattato in “Cautiva” (di Gaston Biraben, 2003,
microrecensione
16/110) con una trama molto più coinvolgente e con una certa
suspense, ma sopratutto trattata dal punto di vista della giovane
ragazza.
Come tanti altri film latinoamericani è un importante mezzo per far
conoscere la storia di quei paesi che per decenni hanno vissuto fra
colpi di stato, rivoluzioni e dittature anche se spesso mascherate.
Se ne avete l’occasione, guardatelo.
RT 100% - IMDb 7,8 * Oscar Miglior film straniero, Nomination per la
sceneggiatura * altri 22 premi fra i quali quelli a Cannes, Berlino,
San Sebastian
167* “Brief encounter” (di David Lean, UK, 1945)
con Celia Johnson, Trevor Howard, Stanley Holloway
Classico film inglese dell'immediato dopoguerra, con due ottimi
attori protagonisti, coadiuvati da una mezza dozzina di
caratteristi. Sceneggiatura quasi teatrale con scene romantiche e
drammatiche che si alternano ad altre tendenti alla commedia. In
queste si distinguono in particolar modo l'ineffabile conduttrice
del teabar della stazione e l'insopportabile amica chiacchierona e
intrigante.
Film pulito, senza fronzoli e senza sbavature, diretto mirabilmente
da David Lean, che successivamente avrebbe realizzato in maniera
eccellente pellicole molto più impegnative, di generi ben diversi
fra loro, fra i quali è doveroso ricordare almeno Lawrence d’Arabia,
Il ponte sul fuime Kwai, Dottor Zivago, Passaggio in India. Lean
iniziò la sua carriera cinematografica occupandosi di montaggio a
partire dai primissimi anni ’30 e solo una decina di anni dopo passò
alla regia.
RT 89% - IMDb 8,1 - 3 Nomination Oscar (regia, attrice prot. e
sceneggiatura)
168* “Blues: Warming by the Devil's Fire” (di Charles Burnett, USA,
2003) con Carl Lumbly, Tommy Redmond Hicks, Nathaniel Lee Jr.
Quarto e ultimo dei film in mio possesso facenti parte della serie
di sette "The Blues", curati da Martin Scorsese ma affidati a vari
registi. Questo è quello che mi è piaciuto di più per le scelte
musicali, ma è forse il peggiore in quanto interpretazione della
parte di fiction (per fortuna abbastanza limitata).
Vero classico blues con performance di Lightnin Hopkins, Muddy
Waters, Sister Rosetta Tharpe, Big Bill Broonzy, Bessie Smith ed
altre pietre miliari di questo genere musicale.
Interessanti anche i filmati d'epoca dei lavori nei campi e per la
costruzione di linee ferroviarie con i condannati ai lavori forzati
nelle loro tute da lavoro a strisce orizzontali bianche e nere che
muovevano picconi e pale con gran sincronismo con il ritmo dei
canti.
A giudicare dai quattro visti sembra proprio che ciascun
film/documentario è a sé stante e affronta temi diversi e spesso si
concentra su periodi o stili specifici. Gli amanti del blues
dovrebbero guardarli (e ascoltarli) tutti.
RT 100% - IMDb 7,1
169* “Cóndores no entierran todos los días” (di Francisco Norden,
Col, 1984) *
tratto dall’omonimo
romanzo di Gustavo Álvarez Gardeazábal
con Frank Ramírez, Isabela Corona, Victor Hugo Morant
Io sostengo e ripeto spesso che tanti film stranieri, di
cinematografie di paesi lontani, semisconosciute in Italia, anche se
lungi dall'essere capolavori sono estremamente interessanti per
descriverci luoghi, tradizioni, avvenimenti o situazioni storiche,
fatti antropologicamente notevoli e pressoché unici e di conseguenze
per allargare il nostro campo di conoscenze, il che non fa mai male.
È il caso di “Cóndores no entierran todos los días” che narra dei
contrasti fra gli attivisti dei due principali partiti colombiani
(praticamente gli unici) che diventano veri e propri conflitti in
una piccola cittadina colombiana a metà del secolo scorso.
Fra i protagonisti ci sono persone di una certa cultura, borghesi,
preti e responsabili dell'informazione, che tuttavia non esitano a
tentare di farsi valere anche con la violenza in situazioni che si
evolvono e cambiano completamente in un batter d'occhio. Personaggi
come l'apparentemente tranquillo Leon Maria Lozano e l'indomita Doña
Gertrudis sono ben delineati e ben interpretati.
Mi è sembrato una buona e credibile ricostruzione nella quale, una
volta tanto, l’attenzione non è centrata su scontri fra classi
sociali diverse ma fra pari divisi solo da convinzioni politiche,
per ideali o per interesse poco importa.
IMDb 7,0 * selezione ufficiale Cannes 1984
170 * “La vendedora de rosas” (di Víctor Gaviria, Col, 1998) *
con Lady Tabares,
Marta Correa, Mileider Gil
Per molti anni è stato il film colombiano che ha ottenuto più
riconoscimenti nei festival internazionali e solo di recente è stato
superato da “El abrazo de la serpiente” e “La tierra y la sombra”
(87^ e 89^ micro-recensione di “Un film al giorno”).
Ambientato durante le feste di Natale a Medellin (Colombia), dove
ragazzine appena adolescenti della parte più degradata la sera vanno
al centro per vendere rose nei ristoranti, è un film al limite fra
realismo e documentario. La maggior parte degli interpreti furono
presi dalla strada e ciò ha condizionato la recitazione non
impeccabile, ma certamente molto spontanea. Qualcuno di loro tentò
di cambiare vita approfittando del successo e della temporanea
notorietà, ma sembra che nessuno ci sia riuscito ... alcuni sono
tornati alla vecchia vita, altri sono morti in modo violento o per
droga, vari sono finiti in carcere (anche la protagonista Lady
Tabares condannata a 26 anni per omicidio di un tassista).
Del film ho apprezzato il procedere, le riprese notturne nelle
strade di Medellin illuminate quasi esclusivamente dalle colorate
luci natalizie e dai fuochi artificiali, il commento sonoro al quale
si sovrappongono i botti festivi.
Una pecca è rappresentata dai dialoghi (talvolta tirati un po’ per
le lunghe) in quanto proprio a causa dell’ambiente in cui si svolge,
della terminologia strettamente colombiana e della dizione dei
protagonisti, spesso risultano poco comprensibili. In varie
recensioni si sottolinea la necessità dei sottotitoli anche per i
paesi dell’America latina e addirittura un messicano ha scritto di
aver lasciato la sala non riuscendo a capire i dialoghi. Certamente
si impara l’intercalare “gonorrea” che, solo in Colombia, ha
un'accezione diversa dalla malattia venerea e si usa come f#@k,
c***o, bloody, fo...to, pinche, schifoso, ecc.
IMDb 7,4 * Nomination Palma d’Oro a Cannes 1998
171 * “María, llena eres de gracia” (di Joshua Marston, Col, 2004)
*
con Catalina Sandino
Moreno, Guilied Lopez, Orlando Tobón
Più che buono questo film colombiano che ha raccolto allori in varie
parti del mondo e che non ha niente da invidiare alle ricche
produzioni americane ed europee. La protagonista Catalina Sandino
Moreno (questo il suo esordio) ottenne addirittura la Nomination
agli Oscar 2005 quale migliore attrice.
Come molte pellicole di questo paese sudamericano, anche questa
tratta di una storia legata al traffico di stupefacenti che inizia
in Colombia e termina a New York.
Un must per chi è interessato alla cinematografia dell’America
latina.
Pare che sia stato distribuito anche in Italia; tit. internazionale
"Maria, full of grace".
IMDb 7,5 RT 97% * Nomination Oscar 2005 a Catalina Sandino Moreno
protagonista * Orso d’argento a Berlino, premiato al Sundance
Festival
172 * “Soñar No Cuesta Nada” (di Rodrigo Triana, Col, 2006) con
Diego Cadavid, Juan Sebastián Aragón, Manuel José Chávez
Black comedy che trae spunto da un evento reale del maggio 2003, il
ritrovamento da parte di due compagnie dell’esercito colombiano di
un ingente quantitativo di valuta in dollari, pesos e yen in un
accampamento dei guerriglieri/narcotrafficanti.
Le tensioni all’interno del gruppo e i modi più impensati di
utilizzare le banconote sono a volte esilaranti. Alla fine del film
qualcuno riesce a salvare almeno parte del suo bottino, la maggior
parte finiscono sotto processo. Nella realtà tutti gli oltre 100
protagonisti di questa avventura furono condannati a pene fra i 3 e
7 anni (per i soldati) fino agli oltre 10 per gli ufficiali.
In vari momenti il film mostra il peggio dell’animo umano alla vista
(e al possesso) di tanti soldi, dallo sperpero alla ulteriore
avidità.
Discreto film di puro svago che fu campione di incassi per l’anno
della sua uscita, premiato al Chicago Latino Film Festival.e con il
Goya per la miglior pellicola di lingua hispanica.
IMDb 6,5
173 * “Nocaut” (di José Luis García Agraz, Mex, 1983) *
con Gonzalo Vega,
Blanca Guerra, Wolf Ruvinskis
Interessante noir della migliore tradizione messicano di questo
genere e, tanto per cambiare, il protagonista è un pugile (la boxe è
sempre stato uno degli sport più seguiti in Messico). Trama molto
articolata, con tanti colpi di scena e, purtroppo, eccessivi
flashback. Si nota chiaramente che è stato girato con mezzi molto
limitati, ciononostante il ritmo e buono e la suspense non manca.
Considerati il budget, il periodo, l’assenza di grandi attori e il
fatto che fosse il primo lungometraggio del regista José Luis García
Agraz, "Nocaut" è senz’altro un prodotto più che apprezzabile.
IMDb 7,0
174 * “Paraiso travel” (di Simon Brand, Col, 2008) *
con Aldemar Correa,
Angelica Blandon, Ana de la Reguera
Ancora una volta mi trovo in disaccordo sul modo in cui si
utilizzano i flashback. In effetti “Paraiso travel” consta di due
parti ben distinte. La principale si svolge negli Stati Uniti
procede in modo cronologicamente lineare ma è interrotta da brevi
inserti che propongono agli spettatori vari momenti
dell’immigrazione clandestina dei due protagonisti dalla Colombia
agli USA via Panama, Guatemala e Messico.
Interessanti la parte del viaggio (che poteva essere trattata
meglio) e la descrizione della solidarietà colombiana a New York; un
plauso allo sceneggiatore per non essersi buttato sulle solite
questioni di traffico e spaccio di droga.
Purtroppo il protagonista è troppo poco credibile sia come
personaggio che come interpretazione.
In sostanza, pur partendo da una buona idea il risultato è
un’occasione mancata.
IMDb 7,1 RT 43%
175 * “Janitzio” (di Carlos Navarro, Mex, 1934) *
con Emilio
Fernández, María Teresa Orozco, Gilberto González
“Janitzio” è uno dei primi film dell’Epoca d’Oro del cine messicano
nella quale Emilio Fernández “El Indio” (in questo film al suo primo
ruolo da protagonista) fu fra i registi più distinti pur continuando
talvolta ad essere attore. In una classifica dei migliori film
messicani di sempre, compilata a fine anni ’90 compaion ben 10 film
diretti da El Indio.
A questo straordinario personaggio (rivoluzionario,
imprigionato, evaso, esule in California, trovarobe, tuttofare,
modello per la statuetta dell’Oscar, comparsa, attore, regista)
dedicai un post un paio di anni fa
Film con vari punti in comune con Redes (1936, di E. Gómez Muriel e
Fred Zinnemann, proprio lo Zinnemann regista di “Mezzogiorno di
Fuoco”, 1952), ma stavolta non si tratta di contrasti fra pescatori
indigenas e grossisti. Anche se quello è lo spunto, la storia ruota
attorno al malvagio rappresentante della compagnia che compra tutto
il pescato di Janitzio (piccola isola del Lago di Patzcuaro) che si
intrometta fra due innamorati.
Pur svolgendosi in tempi moderni, sull’isola vigono ancora le ferree
leggi precolombine che porteranno ad un inevitabile tragico finale..
La storia sembra spesso scontata ma, a parte vari avvenimenti
facilmente prevedibili, riserva numerosi colpi di scena. Terribile
il commento sonoro.
“Janitzio” mi riporta alla mente anche un altro film degli anni ’30:
“Tabù” di F.W. Murnau
Micro-recensione di
Redes (16/45)
IMDb 7,1
176 * “The blues brothers” (di John Landis, USA, 1980) *
con John Belushi,
Dan Aykroyd
A questo film ho dedicato un intero post (con vari videoclip) sul
mio blog Discettazioni Erranti
colonna sonora: Ray
Charles, Aretha Franklyn, James Brown, John Lee Hooker, Otis
Redding, Fats Domino, Cab Calloway
IMDb 7,9 RT 85%
177 * “The help” (di Tate Taylor, USA, 2011) *
con
Emma Stone, Viola Davis, Octavia Spencer
Oscar a Octavia Spencer (nei panni di Minny Jackson), come miglior
attrice non protagonista – altri 78 premi e 111 nomination
Anche se è di solito classificato come “drammatico”, questo film
concede molto alla commedia, anche se molto amara. Infatti il
rapporto fra la “servitù” e i ricchi possidenti del sud degli Stati
Uniti (nella fattispecie Jackson, Mississippi) non era proprio
idilliaco. Certamente i ricchi non erano tutti schiavisti rimasti al
1800, ma credo di essere nel giusto affermando che se in qualche
famiglia c’erano migliori rapporti, in tante altre la situazione era
molto peggiore. Molti personaggi sono un po’ sopra le righe ...
esagerati, a cominciare dalla perfida Hilly (Bryce Dallas Howard) e
dalla svampita Celia (Jessica Chastain, Nomination all’Oscar per
questa interpretazione).
Buon film, da non perdere, anche se secondo me un po’
sopravvalutato, ma mai quanto Emma Stone che non convince neanche in
questa occasione.
Occupa il 239° posto nella classifica di tutti i tempi di IMDb, ma
molti (più qualificati di me) non sono per niente d’accordo. Basti
prendere nota del fatto che il 25% di tutte le recensioni raccolte
da RottenTomatoes sono negative e considerando solo quelle dei Top
Critics oltre un terzo lo bocciano, lasciandolo con un misero rating
di 64%.
IMDb 8,1 RT 75%
178 * “La sombra del caminante” (di Ciro Guerra, Col, 2004) con
Lowin Allende, César Badillo, Julián Díaz
Film di esordio di Ciro Guerra, regista del recente “El abrazo de la
serpiente” (Nomination Oscar 2016)
Protagonisti sono due personaggi fuori del’ordinario, che si
incontrano per caso, ma che hanno un passato in comune. In varie
occasioni ognuno aiuta l’altro ma è evidente la mancanza di fiducia
fra loro. Solo alla fine lo spettatore conoscerà le cause della
amputazione della gamba di uno e la pallottola in testa dell’altro
(il “silletero” = taxi umano che trasporta gente su una sedia legata
sulle spalle).
Fin oltre la metà del film (girato in bianco e nero) è apprezzabile
e notevole il linguaggio filmico, spesso con serie di brevissime
riprese separate fra loro da dissolvenze al nero. All’opposto ci
sono lunghe carrellate, panoramiche e soggettive; particolarmente
interessante quella della visione di Mañe con la camera puntata a
terra che lentamente rivela oggetti e dettagli. Nel finale si perde
un po’ e i troppi racconti, purtroppo, prendono il sopravvento sulle
immagini.
Già in questa opera prima, ad appena 23 anni, Guerra dimostra di
avere buone idee (è sua anche la sceneggiatura) e padronanza dei
mezzi tecnici.
IMDb 7,1
179
* “Foreign correspondent” (di Alfred Hitchcock, USA, 1940)
con Joel McCrea, Laraine Day,
Herbert Marshall, George Sanders
Questi secondo film girato da
Hitchcock negli States (il primo era stato “Rebecca”) non è di certo
fra i suoi migliori, nonostante un ricchissimo budget. Soffre molto
del fatto di trattare dell’inizio della II Guerra Mondiale ed essere
stato girato nel primo anno di guerra diventando quasi un film di
propaganda. Trama debole, troppo parlare, un po’ di storia romantica
e solo la scena del mulino riesce a creare un poco di suspense.
Scadente l’inseguimento in auto così
come lo sono le scene con il detective, pessime quelle
dell’ammaraggio.
Quale ciliegina sulla torta segnalo
il fantasioso titolo italiano “Il prigioniero di Amsterdam” contro
la traduzione letterale “Corrispondente dall’estero” ripreso in
altre lingue con il simile “Inviato speciale” ... ci dobbiamo sempre
distinguere.
Hitchcock compare come passante che,
leggendo il giornale, incrocia Joel McCrea.
IMDb 7,6 RT 94% * 6 Nomination
Oscar
180 * “El orfanato” (di J.A. Bayona, Spa, 2007)
con Belén Rueda, Fernando Cayo, Roger Príncep
Si potrebbe quasi dire che al momento sia l’unico vero film di
Bayona ... ed è un peccato. Delle 14 regie elencate su IMDb 10 si
riferiscono a short e video ed episodi di serie TV, 1 completato ma
non ancora uscito nelle sale e un altro annunciato per il 2018, e
quindi restano solo “El orfanato” (da considerare film d’esordio) e
“Lo imposible” (2012, ambientato nel dopo-tsunami in Thailandia).
Dicevo unico in quanto solo il primo è pura fiction, il secondo è
basato su una tragica storia reale vissuta da una famiglia a seguito
del disastroso evento del 2004. Visto che entrambe hanno fatto
incetta di premi e anche avuto un buon successo al botteghino, c’è
da chiedersi come mai Bayona abbia prodotto così poco.
Tornando a “El orfanato” c’è da dire che qualcuno lo classifica come
horror ma in realtà è tutt’altro, posizionandosi fra un mystery e un
thriller, con minimi tocchi di horror. Ben interpretato e con
un’ottima ambientazione in un enorme ex-orfanatrofio isolato ed
immerso in un parco, richiama nel complesso “The others” (Amenábar,
2001) ma ci sono anche vere e proprie citazioni di horror come “The
shining” (Kubrick, 1980).
A chi piace questo genere, ed in particolare queste situazioni di
grandi edifici con una “storia”, ma al momento abitati solo da poche
persone (fra le quali bambini) che confondono realtà, ricordi e
visioni, suggerisco di guardare i tre film in relativamente rapida
successione e paragonare gli stili di Bayona, Amenábar e del maestro
Kubrick nel rappresentare corridoi e stanze vuote (o quasi) con il
sottofondo di sinistri scricchiolii o nell’assoluto silenzio,
nell’interrompere l’apparente calma con improvvise apparizioni, far
vedere per pochissimi fotogrammi dettagli importanti nel contesto
della storia, creare una vera suspense senza aver bisogno di urla,
cadaveri, sangue e mostri pur parlando di morte.
Da non perdere.
IMDb 7,5 RT 93% - 185° nella classifica di tutti i tempi di IMDb
181 * “Compulsion” (di Richard Fleischer, USA, 1959) tit. it
“Frenesia del delitto” * con Orson Welles, Dean Stockwell, Bradford
Dillman, E.G. Marshall, Diane Varsi
Truccato da settantenne (ma all’epoca aveva solo 44 anni) Orson
Welles appare nelle vesti dell’avvocato difensore dei due veri
protagonisti solo ben oltre la metà del film e tuttavia si impone
come interprete principale sui pur ottimi comprimari. L’arringa
finale è un eccelso esempio di recitazione, ma le sue qualità di
vero attore (sia teatrale che cinematografico) erano già ben note e
non c’è critico che dissenta i merito alla bravura di Welles.
Fleischer fa un ottimo lavoro alternando tempi e dettagli da
thriller a discussioni filosofiche mediante le quali descrive la
psiche disturbata della coppia di giovani criminali, e passando
dalle scene di vita studentesca a quelle dell’aula di tribunale.
Occhio alle inquadrature degli occhiali!
Non mi dilungo a raccontare i particolari, in rete potrete trovare
trame succinte così come quelle analitiche, scena per scena.
Mi preme segnalare che, nonostante la versione più comune sia di
103minuti, il film è su YouTube anche in un edizione di 121 minuti,
oltretutto in HD a 720p. (mancano pochissimi secondi, praticamente
solo “The End”, l’ultima battuta del film è compresa).
https://www.youtube.com/watch?v=EITeeLbgbvg
Agli interessati consiglio certamente questa in quanto, anche se
nella versione ridotta probabilmente sono state tagliate scene
reputate di minore importanza, sono due ore di ottimo cinema che
appassiona, sulla base di buona sceneggiatura (che vagamente
riprende un vero crimine e successivo processo degli anni ’20) e
magistralmente interpretato.
Da non perdere!
IMDb 7,5 RT 100%
182 * “Snatch” (di Guy Ritchie, UK, 2000) *
con Jason Statham,
Brad Pitt, Benicio Del Toro
Divertente, folle, con tanto slang e accenti spesso incomprensibili
(per fortuna c’erano i sottotitoli), personaggi sopra le righe,
avvenimenti e incontri al limite del credibile che si susseguono e
si intrecciano a ritmi vertiginosi ... questo era il cinema del
primo Guy Ritchie. Aveva iniziato con “Lock, stock and 2 smoking
barrels” (1998, simile ambientazione), ma dopo “Snatch” si era perso
con “Swept away” (pessimo a detta di tutti, flop al botteghino)
remake di “Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare
d'agosto” (Wertmuller, 1974) con M. Melato e G. Giannini sostituiti
da Madonna e Adriano Giannini, il figlio di Giancarlo.
Successivamente è tornato al genere “malavitoso britannico” con
“Revolver” e “Rock’rolla”, buoni ma senza tornare ai livelli dei
primi due.
Il film diverte nonostante la violenza (che però si immagina e non
si vede) e in quanto bisogna per forza parteggiare per qualche
criminale non essendoci “buoni”, Un ottimo casting e le più che
buone interpretazioni degli attori, fra le quali spicca quella di
Brad Pitt, insieme con il rapido montaggio ed alla adeguata colonna
sonora fanno di Snatch un film godibile, anche se non memorabile dal
punto di vista strettamente cinematografico.
IMDb 8,3 RT 73% *
al 92° posto nella
classifica di tutti i tempi di IMDb
183 * “2001: A Space Odyissey” (di Stanley Kubrick, USA, 1968)
con Keir Dullea, Gary Lockwood, William Sylvester
Quale chiusura della prima metà del mio obiettivo di guardare una
media di un film al giorno nel corso del 2016, ho voluto sceglierne
uno significativo, classico, unanimemente considerato un una
pellicola che ha segnato la storia del cinema.
Mi sono goduto questo “2001: A Space Odyssey” oltre
quarant’anni dopo la mia prima visione di questa pellicola, forse la
più famosa, sicuramente la più rilevante delle 11 dirette da
Kubrick, le prime tre delle quali praticamente misconosciute.
Di questo “2001: ...” devo dire che la scena iniziale avente per
protagonisti i primati mi sembra tirata un po' per le lunghe e la
performance dei mimi è lungi dall'essere memorabile. A mio modo di
vedere questa è la pecca (se di pecca si può parlare) più evidente
dell'intero film. Per il resto, nella sua semplicità la trama è
affascinante e con pochi eventi, minima azione e dialoghi ridotti
all'osso riesce sia a creare suspense sia lasciare porte aperte per
varie interpretazioni o comunque ne suggerisce molteplici .
Avvincente il viaggio verso “Jupiter e oltre l’infinito” che
tradotto in immagini con una serie di colori psichedelici ed effetti
caleidoscopici affascinanti.
Trovo pressoché inutile aggiungere altro, “2001: ...” è un film che
deve essere guardato, digerito, metabolizzato e infine commentato
discutendone con altri. Penso che analizzarlo a caldo sia riduttivo
e limitarsi a raccontarlo del tutto inutile.
IMDb 8,3 RT 94% *
Oscar per gli
effetti speciali + 3 Nomination (regia, sceneggiatura originale,
scenografia) * all’89° posto nella classifica di tutti i tempi di IMDb
184 * “Shutter island” (di Martin Scorsese, USA, 2010) *
con Leonardo
DiCaprio, Ben Kingsley, Emily Mortimer, Mark Ruffalo, Max Von Sydow,
Michelle Wiliams,
Sarebbe bastato leggere i titoli per rendersi conto che c’erano
tutti i presupposti per un ottimo film, ma dopo averlo guardato se
ne è certi visto che nessuno è stato al di sotto delle aspettative.
Scorsese ha diretto uno stuolo di attori, giovani e meno giovani,
scelti con cura e perfettamente calati nei rispettivi personaggi.
Qualcuno avrà notato che in apertura di questo post non mi sono
limitato a citarne i soliti tre principali che appaiono nella scheda
standard IMDb in quanto non potevo non menzionare almeno Ben
Kingsley (Oscar per Ghandi), Max Von Sydow (oltre 150 film
all’attivo, 2 nomination), Michelle Wiliams (3 Nomination Oscar, chi
non la ricorda nelle vesti di Marilyn Monroe?), Patricia Clarkson (1
Nomination anche per lei) e tanti ottimi caratteristi conosciuti
anche se quasi nessuno ne conosce il nome.
A tutto ciò va aggiunto il fatto che la sceneggiatura è adattata da
un romanzo di Dennis Lehane, scrittore non molto conosciuto al
grande pubblico che tuttavia ha prodotto ottimi thriller già
all’inizio della sua carriera, tre dei quali sono stati adattati per
il cinema ottenendo un notevole successo:
“Gone Baby Gone” (1998, film omonimo di Ben Affleck del 2007)
“Mystic River” (2001, film omonimo di Clint Eastwood del 2003)
“Shutter island” (2003, film omonimo di Martin Scorsese del 2010)
Bella anche l’ambientazione e la fotografia. Se ve lo siete perso,
non vi resta altro da fare che correre ai ripari al più presto e
guardarlo con molta attenzione ... tanti arrivano al “twist” finale
e si trovano spiazzati.
IMDb 8,1 RT 69%
* all 185° posto nella classifica di tutti i tempi di IMDb
185 * “Los viajes del viento” (di Ciro Guerra, Col, 2009) *
con Marciano
Martínez, Yull Núñez, Agustin Nieves
Dopo aver apprezzato “La sombra del caminante” (2004) e “El abrazo
de la serpiente” (2015) ero ansioso di guardare quest’altro film di
Ciro Guerra e anche questo mi ha entusiasmato, confermando tutte le
positive sensazioni degli altri due. “Los viajes del viento” è a
colori ed è proposto in formato 2,35:1, un formato perfetto per gli
ambienti naturali aperti.
Si tratta di una storia interessante del viaggio di un suonatore di
fisarmonica che vuole restituire lo strumento al suo vecchio
maestro. Procede a dorso d’asino, a piedi e in canoa e lungo il
cammino incontrerà umanità molto varia e si troverà in situazioni
molto inusuali. Belli i colori, le scene, le inquadrature, la musica
e bravi gli attori protagonisti così come i comprimari e comparse.
Altro su Ciro Guerra, sua moglie e produttrice Cristina Gallego e
sul cinema colombiano, nonché sudamericano in genere l’ho
postato su ma, come potrete ben comprendere, il discorso dovrebbe essere
molto più lungo e toccare altre cinematografie.
FILM da NON PERDERE!
IMDb 7,4
186 * “El viaje a ninguna parte” (di Fernando Fernán Gómez, Spa,
1986) con José Sacristán, Laura del Sol, Fernando Fernán Gómez, Juan
Diego
Film deludente anche se è di solito inserito fra i migliori diretti
da Fernando Fernán Gómez (30 regie, 202 film come attore). Trama
stiracchiata, scene tirate per le lunghe, interpretazioni non
memorabili alcune sopra le righe José Sacristán.
Solo il finale si salva mischiando i ricordi di una carriera di
attore dal teatro itinerante fra i piccoli paesi della Spagna
durante il franchismo fino al relativo e millantato successo quasi
al limite della mitomania. Mi hanno colpito le citazioni estasiate
di José Sacristán che racconta delle sue conoscenze con le stelle
del cine messicano dell’Epoca de Oro, da DoloresDel Rio a Maria
Felix, da Emilio Fernández “El Indio” a Mario Moreno “Cantinflas”.
Sorge spontaneo il paragone con “Pajaros de papel” (Emilio Aragón
,2010) avente simile ambientazione ma a mio parere molto migliore di
questo sopravvalutato “Viaje ...”
IMDb 7,7
187 * “El 7° dia” (di Carlos Saura, Spa, 2004)
*
con José Garcia, Eulàlia Ramon, Yohana Cobo, Juan Diego, Victoria
Abril
Al contrario del precedente “El viaje a ninguna parte” di F. Fernán
Gómez, visto ieri, questo film misconosciuto di Saura, uno dei suoi
pochi a soggetto non musicale, mi ha molto piacevolmente sorpreso.
Tratto da una storia vera che all’epoca fece molto scalpore (agosto
1990) e tuttora viene ricordato come “il massacro di Puerto Hurraco”,
descrive in modo ammirevole la via di un piccolo centro rurale dell’Estramadura
fra le tradizioni mantenute dagli anziani e la modernità dei giovani
del postfranchismo. Fra salti temporali e qualche flashback copre
una trentina di anni di storia della faida fra due famiglie, segnata
da vari assassinii fino al massacro finale.
Bella la fotografia e la ricostruzione degli ambienti (molti
probabilmente quasi originali), avvincente e pertinente la colonna
sonora (Saura non poteva deluderci) con i protagonisti che spesso
canticchiano coplas famose ascoltando la radio, ottime le
interpretazioni.
Caldamente consigliato.
IMDb 6,9
188 * “Los cronocrímenes” (di Nacho Vigalondo, Spa, 2007) con Karra
Elejalde, Candela Fernández, Bárbara Goenaga
Altra piacevole sorpresa spagnola, anche se di questo film avevo già
letto molti commenti positivi e l’avevo trovato in molte delle
classifiche
“i migliori xx film ...”. Difficile porlo in una categoria
specifica, certamente mistery, thriller e sci-fi, alcuni hanno
aggiunto horror (non sono assolutamente d’accordo), altri dramma
psicologico.
In estrema sintesi, si tratta di un brevissimo e casuale viaggio nel
tempo di un tranquillo professionista che (ahilui) si trova ad
essere inseguito da uno strano individuo (con la testa completamente
fasciata) nel bosco vicino casa sua. Si troverà ad affrontare
situazioni assolutamente imprevedibili prima e perfettamente
conosciute poi, avendo a che fare con personaggi praticamente
irreali e dovrà fare i conti anche con sé stesso.
Sceneggiatura a dir poco geniale scritta dallo stesso Vigalondo
(anche attore ... interpreta l’inventore della macchina del tempo)
che ottenne anche una Nomination agli Oscar 2005 per il suo corto
“7:35 de la mañana”.
Mi è molto piaciuto ma ho bisogno di guardarlo di nuovo per
raccapezzarmi fra tutti i salti di tempo in avanti, all’indietro e
... laterali. Penso che siano in pochi quelli che alla fine del film
possano essere certi dell’identità del sopravvissuto e che quindi
sia necessario guardare il film - con attenzione - almeno un paio di
volte prima di trovare il bandolo della matassa.
Nonostante in linea di massima non sia un appassionato di questo
genere, consiglio senz’altro la visione di “Los cronocrimenes”.
IMDb 7,7 RT 88%
189 * “El Hijo de la novia” (di Juan José Campanella, Arg, 2002) con
Ricardo Darín, Héctor Alterio, Norma Aleandro, Eduardo Blanco,
Natalia Verbeke
Buon film, ma le due ore si fanno sentire. Varie scene sono forzate
e stiracchiate e il continuo alternarsi di dramma e commedia non
fornisce alcuna uniformità. Ottimi i protagonisti, ma una volta
tanto non è Darín a dominare in quanto la sua interpretazione (non
fra le migliori) viene offuscata non solo da una superba Norma
Aleandro nelle vesti della madre, malata di Alzheimer, ma anche da
Héctor Alterio.
A mio modesto parere, dalla sceneggiatura firmata dal regista Juan
José Campanella e Fernando Castets si sarebbero potuti trarre
soggetti per due film più brevi e più interessanti, uno drammatico
(rapporto familiare, malattia, matrimonio, chiesa) e l’altro
commedia (ristorante, amante, figlia, ex-moglie, amico invadente).
Nomination Oscar miglior film straniero che in quell’occasione fu
attribuito a “No Man’s Land”. Considerato che fra gli altri c’erano
anche il francese “Amélie” e l’indiano “Lagaan”, “El Hijo de la
novia” era battuto in partenza. Tuttavia vale la pena guardarlo
IMDb 7,9 RT 86%
190 * “The Little Shop of Horrors” (di Roger Corman, USA, 1960) con
Jonathan Haze, Jackie Joseph, Mel Welles, Jack Nicholson
Commedia horror quasi demenziale, accolta con scetticismo ma ben
presto divenuta una pellicola cult. Molte schede citano per primo il
nome di Jack Nicholson nel cast, comprensibile oggi in quanto è
senz’altro l’attore più famoso, ma sia ben chiaro che ha una parte
brevissima e circostanziale che poco o niente ha a che vedere con la
trama.
Il vero protagonista è Jonathan Haze, impiegato imbranato del
fiorista Mel Welles, oltre ovviamente alla pianta carnivora Audrey
Jr..
Corman - indiscusso maestro dell’horror - ha saputo trattare il
soggetto con leggerezza, a buon ritmo e senza fronzoli utilizzando
attori del suo entourage. Il film fu girato in soli due giorni ed
una notte, si dice per una scommessa fra Corman e Welles (attore e,
sembra, co-regista) ma quest’ultimo ha sempre negato la circostanza.
Se siete disposti a sorvolare sull’approssimazione della maggior
parte delle scene e volete solo distrarvi per poco più di un’ora con
un film leggero ma acuto “La piccola bottega degli orrori” è ciò che
fa per voi.
Nel 1982 diventò un musical e nel 1986 Frank Oz ne diresse un remake
con Rick Moranis, Ellen Greene, Vincent Gardenia.
IMDb 6,3 RT 92%
191 * “Dementia 13” (di Francis Ford Coppola, USA, 1963) con William
Campbell, Luana Anders, Bart Patton
Di questo film, del
quale Coppola è anche sceneggiatore, ne parlai
in un post di qualche giorno fa e, come era facile prevedere,
non si è rivelato un film memorabile.
Nel Regno Unito venne distribuito con il titolo ”The Haunted
and the Hunted” e di solito proposto in double bill (vedi
locandina); in italiano è “Terrore alla 13 ora”.
Le critiche più o meno positive elencate su RottenTomatoes sono
tutte scritte con il senno di poi, vale a dire pochi anni fa, una
cinquantina dopo l’uscita del film e dopo che Coppola è diventato un
apprezzatissimo regista con 5 Oscar al suo attivo.
Ci sono passaggi e scene interessanti, ma la storia è un po’ debole,
priva di suspense e talvolta addirittura noiosa.
Volendo giustificare Coppola, è bene tener conto della sua poca
esperienza nel genere (in precedenza aveva solo diretto un paio di “nudies”,
commedie softcore), della fretta con la quale scrisse la
sceneggiatura su sollecitazione di Roger Corman, dei contrasti con
lo stesso Corman che praticamente lo esautorò ... e di altre
curiosità interessanti riportate nella pagina inglese di Wikipedia
https://en.wikipedia.org/wiki/Dementia_13
Interessante solo per gli appassionati che amano avere una visione
completa dei lavori dei loro beniamini, in questo caso Coppola.
IMDb 5,7 RT 65%
192 * “La caja” (di Juan Carlos Falcón, Spa, 2006) *
con Ángela Molina,
Elvira Mínguez, Antonia San Juan
Strano film tratto dal romanzo “Nos dejaron el muerto” di Víctor
Ramírez, ambientato in una delle isole Canarie, fra un desolato
paesino costiero e la “capitale”. Sostanzialmente una comedia negra,
genere nel quale gli spagnoli hanno sempre eccelso, che si svolge
più o meno nell’arco di 24 ore, con l’eccezione del breve finale.
Tutto ruota attorno al morto che tutto era fuorché un santo, temuto
e odiato da quasi tutti quelli con i quali aveva a che fare. Questi
sfogheranno il loro rancore sul cadavere nei modi più inaspettati.
Film quasi corale con tanti personaggi e situazioni al limite del
normale, tuttavia possibili e plausibili, rese credibili da uno
stuolo di ottimi caratteristi, soprattutto le donne.
Una curiosità: anche in questo film, come in tanti altri spagnoli ed
argentini ambientanti negli anni ‘60, più volte si ascoltano canzoni
di Rita Pavone come indicative dell’epoca, a conferma del grande
successo che ebbe in questi paesi oltre che in Germania, Regno
Unito, Giappone e Stati Uniti.
Non eccellente, ma senz'altro meritevole di una attenta visione da
parte degli amanti del genere.
IMDb 6,2
193 * “Atonement” (di Joe Wright, USA, 2007) tit. it. “Espiazione” *
con Keira Knightley,
James McAvoy, Brenda Blethyn, Saoirse Ronan, Benedict Cumberbatch
Gran bel film, la stessa impressione che ebbi quasi 10 anni fa
quando lo vidi appena uscito. Meritò ben 7 Nomination, fra le quali
quelle per miglior film e migliore attrice non protagonista Saoirse
Ronan (la giovane pestifera Briony Tallis) che recentemente ne ha
ottenuta un’altra quale protagonista di “Brooklyn”. Da tutte queste
Nomination ottenne però un solo Oscar, quello per la colonna sonora
originale dell’italiano Dario Marianelli, veramente coinvolgente
specialmente nel corso della prima parte quando il ticchettio dei
tasti della macchina per scrivere dell’adolescente Briony, allora
scrittrice in erba, si va a sovrapporre alla musica, seguendone il
ritmo.
A prescindere dal commento sonoro, la descrizione degli avvenimenti
di un paio di giorni del 1935 in una ricca residenza di campagna
inglese è veramente eccellente (non a caso ottenne le Nomination per
scenografia, fotografia e costumi). In questa parte è notevole anche
il montaggio che ripropone le stesse scene da punti di vista
completamente diversi e, come si sa, le interpretazioni di
osservatori non coinvolti nell’azione possono essere molto diverse
dalla realtà vissuta dai protagonisti.
Con un salto di 4 anni si passa nel nord della Francia e questa
parte forse è un po’ lunga e a tratti quasi noiosa ma include un
ottimo piano sequenza fra i soldati inglesi in attesa di essere
riportati in patria. L’ultima parte è una serie continua di colpi di
scena e sorprese che, ovviamente, non riporto neanche vagamente, ma
posso dirvi che include un cameo di Vanessa Redgrave.
L’ottimo cast comprende anche i giovani Benedict Cumberbatch e Keira
Knightley, che l’anno scorso ottennero Nomination quali protagonisti
di “The Imitation Game”.
Film da non perdere.
IMDb 7,8 RT 83% *
1
Oscar (musica Dario Marianelli) su 7 Nomination
194 * “Oktyabr” (di Sergei Eisentstein, URSS, 1928)
tit. it.
“Ottobre!” *
con Boris Livanov,
Nikolay Popov, Vasili Nikandrov
Devo riconoscere che questa opera di Eisentstein non è un film vero
e proprio ed in quanto tale non può essere paragonato agli altri
suoi film, pochi ma tutti pietre miliari della storia del cinema: La
corazzata Potemkin, Sciopero, Aleksandr Nevskij e la trilogia di
Ivan il Terribile (Ivan Groznyj).
“Oktyabr” fu girato in occasione del decennale della Rivoluzione di
ottobre, ed è a metà strada fra il celebrativo ed il didascalico,
fra un documentario e un film di pura propaganda.
Non c’è continuità, le scene delle votazioni, delle acclamazioni e
dei rappresentanti del governo provvisorio semiaddormentati sono
talvolta ripetitive, non c’è dialogo ma solo brevi spezzoni di
comizi, discorsi elettorali e proclami, non ci sono veri
protagonisti se non il popolo.
Ciononostante le inquadrature sono ottimamente scelte ed il
montaggio serrato conferisce una certa vivacità, anche se troppo
spesso le serie di immagini sono interrotte dai cartelli.
“Ottobre!” è impreziosito da una sensazionale colonna sonora che non
poteva certo deludere essendo opera del grande compositore Dmitri
Shostakovich, uno dei più imprtanti del ‘900, non solo in Russia ma
anche nel panorama della musica classica a livello mondiale.
Indiscutibilmente da vedere, ma se dovete scegliere solo qualche
film di
Eisentstein, cominciate
con lo scartare questo. Io propenderei per “Ivan Groznyj”
IMDb 7,5 RT 88%
195 * “L'immortelle” (di Alain Robbe-Grillet, Fra, 1963) *
con Françoise Brion,
Jacques Doniol-Valcroze, Guido Celano
Eccellente film, che ho voluto "premiare" con un 10 su IMDb. Si
tratta del primo da regista, il suo secondo da sceneggiatore dopo
aver esordito con il pluripremiato "L'année dernière à Marienbad "
di Alain Resnais.
Tornando a "L‘immortelle", è interessante sapere che Robbe-Grillet
ebbe problemi a trovare un produttore disposto ad affidargli la
regia, su una sua sceneggiatura, in quanto, seppur già famoso e
apprezzato scrittore aveva pochissima esperienza in campo
cinematografico. Alla fine trovò ne trovò uno che però gli impose
dei vincoli ben precisi: budget limitato e obbligo di girare in
Turchia. Infatti, il produttore vantava un credito in loco, che non
poteva essere trasferito in Francia, e non era disposto ad investire
ulteriore denaro. Penso che, in fin dei conti, questo fatto è
tornato a vantaggio del film poiché Robbe-Grillet seppe adattare
alla perfezione la sua storia alla periferia della Istanbul degli
anni '60, città cosmopolita e decadente alle porte del medio
oriente, descrivendola con inusuali riprese in bianco e nero con il
sottofondo di suggestive melodie e canti.
La tranquillità del Bosforo e delle rovine che vi si affacciano,
stradine poco frequentate e gli immancabili venditori di tè, fanno
da cornice a persone che sembrano spiare, in piena luce o nascoste
dietro le persiane, e sfondo ai protagonisti i cui dialoghi sono
spesso basati su evidenti bugie, che addirittura negano l'evidenza,
in un miscuglio di lingue, vere o presunte (greco, turco e
francese).
Robbe-Grillet ha idee molto chiare che, però, sono capaci di
confonderle completamente agli spettatori.
La scene ripetute e le geniali carrellate nelle quali i
protagonisti, contro ogni logica, appaiono più volte fanno il paio
con le scene quasi da still ottenute "congelando gli attori”. Quelli
che attendono il finale per chiarirsi le idee in merito ai tanti
punti lasciati volutamente ambigui rimarranno delusi ma potranno
discutere all'infinito sul significato e le ragioni della storia;
gli amanti del cinema essenziale rimarranno estasiati
Assolutamente da non perdere!
Di Alain
Robbe-Grillet mi riservo di parlare in modo più estensivo in quanto
non è stato un regista qualunque giacché, nonostante la sua limitata
produzione, ha lasciato un segno indelebile non solo nella
NouvelleVague
, ma nella cinematografia mondiale.
IMDb 7,3
196 * “Trans-Europ-Express” (di Alain Robbe-Grillet, Fra, 1966) con
Jean-Louis Trintignant, Marie-France Pisier, Christian Barbier
Film ancor più “intricato” del precedente in quanto si svolge su
piani diversi, solo apparentemente paralleli, con tre amici che,
saliti a bordo di un treno Trans-Europ-Express (TEE, l'alta velocità
del'epoca) a Parigi e diretti in Belgio cercano di scrivere una
sceneggiatura a partire dall'osservazione di alcune persone che
vedono sul treno stesso o attraverso il finestrino. Fantasticando su
una storia di traffico droga ed in parte sesso (meglio dire
erotismo, sempre presente nei film di Robbe-Grillet) montano e
smontano la trama, aggiungono ed eliminano particolari a volte non
convincenti, o perché incongruenti. Il film fu addirittura bandito
in UK per le scene di bondage (molto soft), immagini che oggi
passano anche in fascia protetta ... In Italia fu distribuito con il
fuorviante e ridicolo titolo "A pelle nuda", probabilmente per
attirare un maggior numero di spettatori che puntualmente rimanevano
delusi e non erano assolutamente in grado di capire il film.
Dei tre la
donna (interpretata da Catherine Rastakian, moglie del regista e
anche lei scrittrice) è quella più attenta ai dettagli e registra su
nastro l racconto del regista Jean, mentre l’altro uomo è quello che
è più critico rispetto ai contenuti.
I vari personaggi compaiono a
volte nel loro vero ruolo di viaggiatori, altre nelle vesti di
protagonisti dell’ipotetico film da produrre.
Come nel precedente “L'immortelle”
belle riprese in bianco e nero e montaggio serrato con i
protagonisti che cambiano continuamente la loro posizione, relativa
e assoluta, anche quando la scena ha la sua continuità.
Anche se non penso che i film
siano comparabili, al momento preferisco il primo. Essendomi
prefisso di guardare i sei film di Robbe-Grillet contenuti nel
cofanetto in ordine cronologico il prossimo sarà “L'homme qui ment”,
di nuovo con Trintignant come protagonista.
IMDb 7,4
197
* “Mambrù se fue a la guerra” (di Fernando Fernán Gómez, Spagna,
1986) con Fernando Fernán Gómez, María Asquerino, Agustín González
Nel 1986 FFG firmò due regie dopo sette anni di assenza in questo
ruolo, ma nello stesso periodo ben presente sugli schermi con una
trentina di film e numerose serie televisive. Più o meno vale ciò
che scrissi per “Viaje a ninguna parte” (micro-recensione 16/186),
vale a dire che a partire da buoni spunti talvolta riesce a mettere
in scena situazioni interessanti, altre volte si perde in inutili
lungaggini o nella descrizione di personaggi troppo caricaturali.
Anche in questo caso si
parla del franchismo e la storia inizia esattamente il giorno della
morte del Generalisimo, el Caudillo, nel momento in cui tutti i
repubblicani che avevano fatto perdere le loro tracce, facendosi
credere morti o fuggiti all’estero, iniziarono a sperare di
ritornare alla vita alla luce del sole (situazione simile in “Los
girasoles ciegos”
16/161).
Ma non sempre questo tipo di cose
vanno come uno spera. Dopo questo inizio “storico” (si vedono anche
le vere immagini del funerale trasmesse dalla TV), il film volge più
alla comedia negra abbandonando quasi del tutto il
drammatico e descrivendo situazioni più o meno paradossali.
Tanti buoni attori affiancano FFG che del film è anche interprete
principale.
Senza infamia e senza lode, eppure interessante.
IMDb 7,0 RT 96%
198 * “Dos monjes” (di Juan Bustillo Oro, Mex, 1934) con Víctor
Urruchúa, Carlos Villatoro, Magda Haller
Ancora un altro piccolo gioiello trovato in rete seguendo le
indicazioni di classifiche e articoli che offrono panoramiche
abbastanza ampie su cinematografie poco conosciute. Questo film di
Juan Bustillo Oro (al quale è intitolata la sala 9 della Cineteca
Nacionale Mexico) è una rarità nel senso che si distacca molto dalla
classica produzione messicana e si rifà molto al cinema europeo del
decennio precedente. Accolto da critica e pubblico con commenti
molto contrastanti, la sua innovativa sceneggiatura e le particolari
riprese lo hanno reso un film di culto fra gli intenditori.
Anche nella versione trovata in rete (non di ottima qualità, ma
sembra che neanche lo stato della pellicola originale lo fosse) si
percepisce chiaramente la qualità dell’opera, le maschere sui volti
dei monaci, le statue deformate, le diagonali, i contrasti di luce
con le lunghe ombre sono chiari riferimenti all’espressionismo
tedesco degli anni ’20, e la scena dell’organo sembra essere una
citazione del “Fantasma dell’Opera” del 1925, con Lon Chaney.
Vi invito a dare uno sguardo agli screenshot allegati a questo post,
immagini che spero possano dare un'dea di ciò che ho appena esposto.
Qualcuno vuole vedere nelle differenti versioni dei fatti fornite al
confessore dai due monaci una similitudine con il ben più famoso
capolavoro di Kurosawa “Rashomon” (1960) nel quale, però, i rapporti
diversi di uno stesso evento sono quattro.
“Dos monjes” fu pubblicamene elogiato perfino dal critico d’arte e
teorico del surrealismo André Breton. Chiaramente non è un film per
tutti (oltretutto esiste solo la versione in spagnolo), ma i gli
appassionati dovrebbero prenderlo in considerazione.
IMDb 7,2
199 * “L'homme qui ment” (di Alain Robbe-Grillet, Fra, 1968) con
Jean-Louis Trintignant, Sylvie Bréal, Zuzana Kocúriková
Considerando i primi tre film di Robbe-Grillet, devo dire che
concordo con i più che lo elogiano senza mezzi termini per
“L’immortelle” e “Trans-Europ-Express” (e anche per la sola
sceneggiatura di “l’anno scorso a Marienbad”), ma sostengono che
negli anni seguenti niente altro è stato a quei livelli.
“L'homme qui ment” ha una trama abbastanza contorta, con vari
personaggi più “misteriosi” del solito e, al di là delle riprese
sempre ben curate e scelte, resta solo il quasi monologo di
Jean-Louis Trintignant. Mi ha lasciato molto perplesso l’inizio con
la fuga nel bosco. Affascinanti invece le scene negli ambienti
stracolmi di mobili, specchi e quadri.
Chi vorrà venire a capo della intricata storia dovrà guardare con
estrema attenzione e soprattutto concentrarsi sul continuo
ritrattare di Jan Robin / Boris Varissa (Trintignant) che propone
sempre diverse verità ed identità.
IMDb 7,0
200 * “Roma” (di Adollfo Aristarain,
Argentina, 2004) con Juan Diego Botto, Susú Pecoraro, José Sacristán
Chiariamo subito che il titolo non si riferisce direttamente né alla
capitale italiana, né all’omonimo quartiere di Buenos Aires, bensì è
il nome della madre del protagonista, interpretata da una più che
brava Susú Pecoraro. Ancora una volta ci si trova di fronte ad una
buona pellicola di Aristarain. di nuovo con Botto - dopo “Martín
(Hache)” - il quale in Roma interpreta due distinti personaggi in
due epoche diverse. E’ il giovane Juaco, figlio di Roma, nella
Buenos Aires degli anni ’60, nonché lo studente che si occupa di
trascrivere su computer il suo manoscritto 40 anni dopo in Spagna,
quando è divenuto un affermato scrittore (interpretato da José
Sacristán).
Nonostante le circa due ore e mezza, il film scorre bene, in modo
bilanciato, alternando i dialoghi dell’inizio del XXI secolo fra
scrittore e studente con l’infanzia prima e la frenetica gioventù di
Juaco fra università, jazz, libri, film e tante ragazze.
Buone le ricostruzioni d’epoca, bella la fotografia, cast solido che
fornisce interpretazioni senza sbavature.
Purtroppo, come spesso accade, simili film sudamericani non vengono
distribuiti in Italia e bisogna affidarsi alla rete o alle ricerche
fra i dvd usati o le serie proposte in allegato da giornali
spagnoli. Quello in mio possesso fa parte di “La mejor selecciòn de
cine en español”, una ottima raccolta di 34 titoli che iniziava
proprio con il già citato “Martín (Hache)” e, considerando solo i
primi 10, includeva gli argentini “El hijo de la novia” (di
Campanella, Nomination Oscar), “Nueve reinas” (di Bielinsky), “Un
lugar en el mundo” (di Aristarain)... il messicano “Y tu mamá
también” (di Cuaròn, Nomination Oscar), gli spagnoli “Mar adentro”
(di Amenàbar, Oscar) e “Te doy mis ojos” (di Icíar Bollaín).
Perché di film come questi, tutti ottimi e pluripremiati, e ce ne
sono tanti altri, solo pochissimi arrivano in Italia?
IMDb 7,4
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