50 * “La La Land” (Damien Chazelle, USA,
2016) * con Ryan Gosling, Emma Stone, Rosemarie DeWitt
Non penso di essere un Bastian
contrario “a prescindere” e, con soddisfazione, leggo che non sono
neanche l’unico a non aggregarsi alla pletora di osannatori del
mattatore delle Nomination Oscar 2017, ma sinceramente non mi è
parso un capolavoro.
La prima metà, dopo l’inizio
coreografico, l’ho trovato abbastanza piatto, banale e lento, senza
alcuna verve. Si riprende quando inizia la parte un po’ più
drammatica, con dialoghi che hanno senso, nella quale si intravede
perfino un po’ di recitazione da parte dei due protagonisti (perché
mai hanno avuto la Nomination?). E, per dirla tutta, in verità
neanche il “doppio finale” mi ha convinto. Infine, non lo definirei
un musical (in senso classico) classico vista la modestia delle
poche coreografie.
A breve vedrò anche Lion, ma
difficilmente riuscirò a beccare Fences. Dei sette film visti fra i
candidati all’Oscar, quello più importante, “Manchester by the Sea”
e “Hell or High Water” sono, a mio modesto parere, quelli che si
distinguono per essere realizzati in modo solido, ottimamente
interpretati e ben costruiti nel complesso. “Arrival” segue a ruota.
Gli altri sono dei buoni prodotti commerciali ciascuno nel suo
genere.
Sono sempre pronto alla discussione
ma, in questo caso, difficilmente chi non è d’accordo con quanto
scritto riuscirà a convincermi che La La Land sia il film
eccezionale che tanti magnificano e glorificano.
IMDb 8,6 RT 93%
49 * “Moonlight” (Barry Jenkins, USA, 2016) * con Mahershala Ali,
Shariff Earp, Duan Sanderson
Il sospetto nato con Hidden Figures
si è rivelato, secondo me, fondato. Moonlight non è certo malvagio,
ma non capisco la sua “glorificazione”, le lodi esagerate,
definizioni come “miglior film del decennio” e di certo le 8
nomination sembrano eccessive.
Se al bravo Mahershala Ali è bastata
la breve parte all'inizio del film per guadagnarsi la Nomination,
non mi sembra che la performance di Naomie Harris sia dello stesso
livello non mostrando una simile varietà di espressioni, sguardi,
atteggiamenti, né un’intensità tale da giustificare la sua.
Originale e pertinente la colonna
sonora, ma direi che fotografia e montaggio non sono da Oscar.
Una Miami (seppur periferica) sempre
deserta e desolata, da quando seguiamo Sharon da ragazzino a quando
lo ritroviamo studente in una scuola relativamente poco affollata,
anche le zone residenziali (popolari) appaiono semidisabitate, e le
terza parte ci porta ad Atlanta in un diner relativamente
pretenzioso, con parcheggio vuoto e solo un paio di clienti.
Ambientato in una realtà come quella dei quartieri a maggioranza
afroamericana sarebbe stato lecito (e logico) aspettarsi un altro
tipo di ambiente, più realistico, e un minimo di interazione con
altri. Molte situazioni rimangono sospese o incomplete e del resto
era ambizioso, se non impossibile, descrivere una crescita
travagliata come quella di Chiron in tre brevi momenti della sua
tormentata vita senza raccontare niente di ciò che è accaduto nel
frattempo. Forse il film soffre troppo dell’origine teatrale della
sceneggiatura.
Come appare chiaro, pur non
bocciandolo, certo non concordo con la pioggia di lodi e premi, ma
devo onestamente dire che l’ho guardato “a forza” (ultimo giorno di
programmazione) al termine di una giornata lunga e stancante. Di
conseguenza, ed in particolare se otterrà numerosi Oscar, sono
disposto a concedere una “visione d’appello”, senza pregiudizi, ma
se ne parlerà fra un paio di mesi almeno.
Film senz’altro da guardare, ma
suggerisco di andare al cinema senza enormi aspettative, si avranno
più possibilità di restare soddisfatti.
PS - letti i commenti su IMDb a
partire dal basso (Hated It) ho visto che sono tanti quelli che non
concordano con i critici.
IMDb 8,2 RT 98%
48 * “Manchester by the Sea” (Kenneth Lonergan, USA, 2016) * con
Casey Affleck, Michelle Williams, Kyle Chandler, Lucas Hedges
Senz'altro un ottimo film che
presumibilmente ha meritato i circa 100 premi già ottenuti oltre a
200 Nomination fra le quali 6 agli Oscar, tutte nelle categorie più
importanti, vale a dire: miglior film, regia, sceneggiatura, attore
protagonista (Affleck), non protagonisti (Michelle Williams, Kyle
Chandler).
Molto drammatico incidenti, guai e
disgrazie di ogni genere in una famiglia abbastanza particolare.
Come per il precedente mi ha lasciato perplesso il montaggio, ma non
tanto per i tempi trascorsi fra un evento e l'altro piuttosto per un
eccessivo uso di brevi flashback con un Casey Affleck che cambia
molto poco e quindi i soli rifermenti sicuri sono il nipote
(interpretato da due diversi giovani attori a seconda dell'età) e la
presenza del fratello.
Ben descritti sia i due personaggi
interpretati in modo più che convincente da Casey Affleck e Lucas
Hedges, sia l'evolversi del loro strano e altalenante, di solito
conflittuale, rapporto zio-nipote. “Penosa” l’apparizione di Matthew
Broderick, secondo me un assoluto incapace.
Pur riconoscendo molti meriti al
film ed in particolare al regista sceneggiatore Kenneth Lonergan
devo dire che a caldo non mi ha convinto del tutto, ma probabilmente
fra una settimana rivedrò il mio giudizio migliorandolo.
IMDb 8,3 RT 100%
46 * “Elle” (Paul Verhoeven, UK, 2016) * con Isabelle Huppert,
Laurent Lafitte, Anne Consigny
Mi ha deluso molto, mi aspettavo più
suspense, personaggi almeno un po’ più credibili, ma se il romanzo
dal quale è tratta la sceneggiatura era così, c’era poco da fare ...
a meno di non farne un film, ovviamente.
Isabelle Huppert (Nomination) è
brava, e già lo sapevano, ma siamo sicuri che la sia interpretazione
sia da Oscar?
Il film è lungo e l’ho trovato
noioso e gli intrecci di amanti, tradimenti e stupri ripetitivi non
lo ravvivano per niente, aumentano solo le perplessità dello
spettatore. L’unica risposta è che Verhoeven voleva proporre
qualcosa di torbido, ha trovato il soggetto adatto nel romanzo di
Philippe Djian, e ha portato sullo schermo un’accozzaglia di gente
apparentemente per bene, ma certamente privi di ogni morale e non mi
riferisco solo al sess.
Scadente ... ma se vi piace il
genere potreste anche trovarlo guardabile.
IMDb 7,3 RT 87%
45 * “El mundo es nuestro” (Alfonso Sánchez,, Spa, 2012) trad. lett.
“Il mondo è nostro” * con Alfonso Sánchez, Alberto López, Alfonso
Valenzuela
Ennesima commedia negra-crime
spagnola, inaspettatamente divertente, a tratti esilarante,
dall’inizio alla fine. Chiaramente si basa su tanti luoghi comuni ma
i personaggi sono estremamente ben assortiti ed in un modo o
nell’altro ognuno ha un suo spazio nella storia di una rapina che in
modo imprevedibile si complica. Quasi tutto il film è incentrato su
ciò che avviene all’interno della piccola filiale con continue
sorprese e vari colpi di scena. Oltre i due inetti rapinatori arriva
un terzo incomodo e poi un cinese che si vanno ad aggiungere ad una
coppia alle prese con in “muto a tasso fisso ma variabile”, tre
clienti, un trafficante, il direttore e un paio di dipendenti,
l’addetta alle pulizie. Nelle poche frenetiche ore durante le quali
si trovano assediati dalla polizia, si assiste anche a ciò che
avviene fuori fra gli organi di polizia e gli incapaci inviati
televisivi.
Alfonso Sánchez, attore protagonista
e debuttante come regista e sceneggiatore ne ha per tutti, le
banche, i trafficanti, i piccoli criminali, i cronisti, i politici,
i giornalisti, la polizia, i finti disoccupati, ... e non risparmia
ritratti caricaturali delle “persone della strada” e delle
“differenze culturali” fra l’ispettrice di polizia di Burgos (nord
della Spagna) e la mentalità degli Andalusi (profondo sud).
Film corale a tratti quasi sit-com,
ma piacevole, rapida, con battute a raffica e per ciò che era
necessario (tutto un po’ sopra le righe se non esagerato) ben
interpretata.
Peccato che la maggior parte di voi
che leggerete questa micro-recensione non avrà modo di guardare “El
mundo es nuestro” a meno che non lo trovi in rete o abbia amicizie
in Spagna. Io l’ho visto al Movie Museum di Honolulu come “THE WORLD
IS OURS” in versione originale sottotitolata ... perché nella vicina
Italia nessuno lo distribuisce?
IMDb 6,8
44 * “Hidden Figures” (Theodore Melfi, USA, 2016), il (ridicolo)
tit. it. è “Il diritto di contare” ... * con Octavia Spencer,
Janelle Monáe, Kevin Costner
Candidato a 3 Oscar (miglior film,
Octavia Spencer attrice non protagonista sceneggiatura non
originale) e preceduto da ottime recensioni si è rivelato un film
solido, ben strutturato, non troppo autocelebrativo, con una
costante vena di umorismo che stempera le conseguenze del continuo
conflitto razziale degli ultimi anni della segregazione razziale
“ufficiale”, fino al finale quasi glorificante.
La già apprezzata Spencer (Oscar
come non protagonista in The Help) è affiancata da Taraji P. Henson
e Janelle Monáe che non sfigurano affatto vicino alla più nota,
mentre gli altri sono più che comparse, compreso l’appesantito Kevin
Costner, quasi inespressivo.
IMDb lo classifica come “Biography,
Drama, History”, RT solo “Drama”, eppure a me è sembrato più una
commedia, amara, ma pur sempre commedia, fin dalla scena iniziale
dell’incontro con il poliziotto”. Non vedo vero “dramma” in questo
film e i veri e seri problemi razziali sono del tutto trascurati.
Film quasi tutto al femminile con
poche, e ovviamente antipatiche, presenze “bianche”, fra i tanti
uomini gli unici personaggi positivi sono il colonnello Johnson (Mahershala
Ali) e l’astronauta John Glenn (Glen Powel), anche Al Harrison
(Costner) non sempre è pronto nelle decisione come gli viene anche
ricordato dalla Henson. Pur essendo basato su fatti reali mi sembra
troppo didascalico, di propaganda e con poca attinenza alla realtà
“vera”. Troppo buonista, troppo edulcorato, tanto “politically
correct” da cambiare quasi le carte in tavola.
Nel complesso un buon film
(commedia) con significative e argute battute, ben interpretato
dalle tre protagoniste e ben diretto, ma ho la forte sensazione che
le 3 Nomination Oscar sono molto frutto del “sollevamento” seguito
alle dichiarazioni di Spike Lee l’anno scorso. Per convincermene
definitivamente aspetto di guardare gli altri a sfondo razziale
quali Moonlight (8 Nom. quasi tutte “colored”, fra le quali quelle
della Tarae e di Mahershala Ali), Fences (4 Nom. “colored”) e Loving
con la sola Nomination di Ruth Negga ( “colored”) come miglior
attrice protagonista. Che cambio da un anno all’altro!
IMDb 8,0 RT 97%
43 * “Miss Peregrine's Home for Peculiar Children” (Tim Burton, UK,
2016) * con Eva Green, Asa Butterfield, Samuel L. Jackson
Divertente, dark, geniale, a tratti
macabro, pieno di sorprese come spesso accade per i film di Tim
Burton. Ero titubante, ma per mia fortuna la scelta era quasi
obbligata a causa della mancanza di alternative valide ... e quindi
l’visto.
Tutti i personaggi, grandi o
piccoli, buoni o cattivi che siano, sono ben descritti, ognuno con
le sue peculiari caratteristiche (alcune veramente creative e
originalissime), ognuno con una sua ragione di essere. Anche gli
ambienti sono piacevolmente presentati, dalla casa con il parco che
la circonda, alla nave, al parco dei divertimenti. Ben realizzati
anche i costumi nonché i tantissimi effetti speciali.
Non lo trovo molto “da bambini” pur
essendo quasi una favola e lo suggerisco anche ai più grandicelli
come me che potranno senz’altro apprezzare tanti altri riferimenti
geografici e storici, nonché comprendere (forse) la teoria dei loop
temporali.
Non mi è dispiaciuto affatto, un
buon intrattenimento!
IMDb 6,8
42 * “Contracorriente” (Javier Fuentes-León, Perù, 2009) * con
Cristian Mercado, Tatiana Astengo, Manolo Cardona
E a conclusione di una lunghissima
giornata di 33 ore (9 fusi orari attraversati) ecco un film
peruviano molto originale, premiato al Sundance e a San Sebastian.
Ambientato in un piccolissimo villaggio di pescatori lungo la costa
pacifica, tratta di un insolito triangolo avente come vetrice
principale Santiago, un indubbio bisessuale, che ama sia la moglie
(che nel corso del film mette anche alla luce il suo primo figlio)
sia il vecchio amico ora amante, il pittore .
Il paese e piccolo, la mentalità non
è delle più aperte, la gente sospetta e sparla. Film drammatico con
un tocco metafisico-esoterico, interessante e ben realizzato anche
se gli attori non sono proprio da Oscar. Merita una visione, anche
per l’ambiente sociale che descrive.
IMDb 7,8
41 * “Sumas y restas” (Víctor Gaviria, Col, 2004) * con Juan Carlos
Uribe, Fabio Restrepo, Fredy York Monsalve
Altro film colombiano, ma in questo
c'è veramente poco da salvare. Attori scadenti, storia scialba
ancorché violenta, descrizione sommaria dei protagonisti, malavitosi
e trafficanti che passano la maggior parte del tempo urlando “hijo
de puta” come intercalare e con ogni possibile accezione, gioia,
insulto, minaccia, aggettivo, appellativo ..., e le poche altre
parole sono poco interessati.
Pochissime sono le scene
significative e realizzate in modo almeno passabile ... non lo
suggerisco.
IMDb 6,8
40 * “Schrei Aus Stein” (Werner Herzog, Ger-Ita, 1991) tit. it.
“Grido di pietra” * con Vittorio Mezzogiorno, Donald Sutherland,
Stefan Glowacz, Mathilda May
Non fra i migliori film di Herzog il
quale in tante altre occasioni ci ha proposto storie più avvincenti
e immagini di ambienti naturali più spettacolari. Oltretutto il cast
estremamente vario penso che non abbia giovato alla riuscita del
film e mi convinco sempre di più che nelle produzioni che
coinvolgono attori di culture, lingue ed esperienza troppo diverse
spesso le qualità dei singoli vengono depresse e non certo esaltate.
Sutherland mi sembra sprecato e probabilmente fuori luogo ma forse
non è tutta colpa sua, Mathilda May assolutamente “inspida”...
Non sono un appassionato di scalate
ne di alpinismo in senso più ampio (preferisco quote più basse e
soprattutto più “calde”) ma da quanto ho letto anche molti esperti
del settore hanno avuto parecchio a che dire, pur apprezzando la
storia nel complesso e pur avendo avuto la consulenza di Reinhold
Messner.
Alcuni buoni spunti e un discreto
finale ad effetto salvano la pellicola.
IMDb 6,4
39 * “Perro come perro” (Carlos Moreno, Col, 2008) * con Marlon
Moreno, Óscar Borda, Álvaro Rodríguez
Un vero massacro finale preceduto da
una lunga attesa
Titolo molto sfruttato sia in
spagnolo che nella versione inglese, non ultimo il recentissimo,
sembra pessimo IMDb 4,7) “Dog eat dog” con Nicolas Cage e Willem
Dafoe. Questo sembra essere uno dei migliori della serie, un genere
di film nel quale tutti circolano con pistola in tasca e sono sempre
pronti ad usarla.
Scene ripetitive che alla lunga
annoiano e nel caso principale diventano quasi ridicole, eppure la
parte dell'attesa di un evento prevedibile e previsto da tutti le
persone coinvolte non è per niente male e tutta la violenza esplode
nei minuti conclusivi, al culmine della tensione latente che pervade
tutta la parte precedente.
IMDb 6,7
38 * “5.5.5” (Gustavo Giannini, Arg, 2013) * con Antonio Birabent,
Gonzalo Suárez, Belén Chavanne
Intrigante sci-fi che vede
protagonista un giovane professore filosofia e logica alle prese con
disegni premonitori, teorie catastrofiche e altre ipotesi
sconcertanti come lo spostamento dell’asse terrestre. Interessanti
le teorie, pur se fantasiose, ma come è noto ci sono tante persone
che credono fermamente in cose simili e la storia ci insegna che chi
è anche un solo passo più avanti spesso non viene creduto.
Ben costruito, anche se nella
seconda parte il protagonista diventa un po' troppo paranoico,
eccesso compensato dalle varie sorprese finali.
Tutto sommato un buon film, ben
interpretato e diretto, con un occhio all'arte, uno all'astronomia,
uno alla geologia e altri al paranormale e ai viaggi nel tempo.
(forse sono troppi occhi)
5.5.5 ha ottenuto vari
riconoscimenti e mi ha ricordato un altro buon film argentino "Hombre
mirando al sudeste (1986) di Eliseo Subiela, anch’esso fra scienza e
mistero.
IMDb 7,6
37 * “Blade Runner” (Ridley Scott, USA, 1982) * con Harrison Ford,
Rutger Hauer, Sean Young
Nel mio continuo alternare generi,
paesi e periodi, torno alla fantascienza sci-fi con questo classico
del maestro Ridley Scott.
Harrison Ford interpreta un
"superpoliziotto" a caccia di replicanti fuori controllo, un
personaggio ben più drammatico del suo Indiana Jones che lo ha reso
famoso e devo dire che se la cava abbastanza bene. Chi cattura più
l'attenzione degli spettatori però è il perfido, malvagio cattivo
Rutger Hauer che con il suo sguardo glaciale quasi buca lo schermo.
Notevole anche Edward James Olmos nella parte dell’enigmatico Gaff.
Sci-fi che ha fatto storia
diventando un cult quasi come “2001 Odissea nello spazio” e come il
suddetto rimane interessante tutt'oggi anche se le date sono
superate o troppo prossime per potersi realizzare (novembre 2019)
... qualche giorno fa parlai del primo Coppola (1959-62) che
ambientava una straordinaria conquista di Marte nel 1997.
IMDb 7,6 RT 89%
36 * “Cronaca di una morte annunciata” (Francesco Rosi, Ita, 1987) *
con Rupert Everett, Ornella Muti, Gian Maria Volontè, Lucia Bosé,
Anthony Delon, Alain Cuny
Il film non è male, ma gran parte
dei meriti vanno all’omonimo ottimo romanzo di Gabriel García
Márquez e quasi tutto il resto al regista che comunque non è
all’altezza dei suoi migliori film girati in precedenza. Al cast nel
complesso vanno quasi tutti i demeriti, anche attori di rango come
Volonté sembrano fuori fase, svogliati. L’unica che mi è apparsa
convincente, pur relegata in una parte breve e secondaria, è stata
Irene Papas, mentre Everett e Delon si contendono lo scettro del
peggiore in assoluto. Resta da chiedersi perché sia stato composto
questo cast con tanti nomi famosi, o almeno ben noti, per poi
ottenere un risultato del genere.
Se non vi va di leggere il libro,
almeno guardate il film ... la storia merita.
IMDb 6,8
35 * “Assunta Spina” (Gustavo Serena e Francesca Bertini, Ita, 1915)
* con Francesca Bertini, Gustavo Serena, Carlo Benetti, Luciano
Albertini
I titoli di testa annunciano "grande
interpretazione di Francesca Bertini", ma trovo che quella di
Gustavo Serena, regista e protagonista del film, sia di gran lunga
superiore, molto più realistica e priva dei tanti ed eccessivi "sbracciamenti"
della più famosa partner.
Come molti sanno "Assunta Spina" è
una novella di Salvatore di Giacomo poeta, scrittore, drammaturgo e
autore dei testi di varie delle più famose canzoni napoletane.
Quella storia di sangue e passione fu poi adattata a dramma teatrale
e questa del 1915 fu la prima versione cinematografica, alla quale
se ne aggiunsero numerose altre, la più famosa delle quali è quella
del 1948 per la regia di Mario Mattoli, interpretata da Anna Mangani
e con sceneggiatura trattata da Eduardo De Filippo.
Di questa versione Francesca Bertini
fu anche co-regista, tuttavia rimase l’unica sua esperienza del
genere e fa pensare che probabilmente ci mise solo il nome. Al
contrario, Serena già aveva diretto una mezza dozzina di film e in
carriera giunse a 40, ma continuò anche ad essere un apprezzato
attore superando le 100 apparizioni sul grande schermo.
Considerati i tempi e i mezzi
tecnici, si può ben affermare che questa "Assunta Spina" è un ottimo
film ed è interessante osservare come alla mancanza dei movimenti di
macchina e, ovviamente zoomate, Serena abbia sopperito con un quasi
continuo movimento degli attori e con l’inserimento di numerose
scene con tante comparse e realistici esterni. Pur riprendendo con
macchina fissa, uno standard dell’epoca, non si ha l’idea di
staticità né l’impressione di stare al teatro. Ovviamente niente a
che vedere con il più famoso kolossal italiano “Cabiria”, uscito
nelle sale l’anno precedente, ma senz’altro questo film (aka “Sangue
napoletano”) viene considerato uno dei migliori film dell’epoca, è
apprezzato anche a livello internazionale e merita un’attenta
visione. In rete ne trovate varie versioni.
IMDb 6,6
34 * “Pepi, Luci, Bom y otras chicas del monton” (Pedro Almodóvar,
Spa, 1980) * con Carmen Maura, Félix Rotaeta, Alaska
Primo vero film di Almodóvar, che
tuttavia in precedenza aveva realizzato altri lungometraggi ma a
passo ridotto e mai distribuiti. Considerato il periodo particolare
(quasi alla fine del periodo di transizione post-franchista e un
anno prima del tentato colpo di stato) con la polizia che ancora
spaventava molti e la movida notturna, giovanile e trasgressiva in
pieno fermento il film assunse un significato particolare e diventò
ben presto un cult, tanto che un in un cinema di Madrid rimase in
programma (ultimo spettacolo) per 4 anni consecutivi.
L’artigianalità del film è
inequivocabile, ma già si possono notare tanti elementi e soggetti
che diventeranno poi quasi un marchio di fabbrica di Almodóvar. Le
due protagoniste che affiancano Carmen Maura (Alaska ed Eva Siva)
non erano professioniste e non hanno continuato la loro avventura
cinematografica se non per poche altre sporadiche apparizioni. La
prima, 17enne all’epoca del film, è diventata famosa come cantante e
conduttrice televisiva. Il film fu girato solo nei week-end sempre
che durante la settimana Almodóvar avesse racimolato abbastanza
soldi per la pellicola.
In conclusione, nonostante la scarsa
qualità, il film merita di essere visto per vari momenti divertenti
e per apprezzare in embrione lo stile del regista spagnolo, che già
esprimeva il suo senso dell’umorismo e del melodramma in una storia
di amore, passione e solitudine
IMDb 6,3
33 * “Nebo zovyot” (Mikhail Karzhukov, Aleksandr Kozyr, Russia,
1959, 77 min) regia di trad. lett. “Il cielo chiama”
33 * “Battle beyond the Sun” (Thomas
Colchart, pseudonimo di Francis Ford Coppola, USA, 1962, 64 min)
tit. it. “Stazione spaziale K-9”
Primo mezzo film di F. F. Coppola, visione da “topo di cineteca”
Non si tratta di due film
completamente diversi, né di un remake, né di un mio errore di
numerazione ... la situazione è ben più complicata.
Roger Corman, grazie al suo fiuto,
comprò i diritti del film russo (pressoché misterioso, non se ne
hanno notizie certe, alcuni dicono che durasse addirittura 2 ore)
che mostrava scene spaziali in modo completamente innovativo.
Ricordo ai giovincelli che il primo uomo giunse (forse) sulla Luna
solo 10 anni dopo e che tutto quanto narrato era pura invenzione
basato probabilmente su qualche progetto russo o americano divenuto
di pubblico dominio.
Nella versione originale russa, che
narrava di un equipaggio (russo) mandato in soccorso di una
precedente missione, si mostrano quindi sale controllo, interni di
navicelle e stazioni orbtanti che, viste oggi, sono assolutamente
risibili pur dimostrando una grande fantasia dei creatori di quei
modelli.
Corman affidò questo originalissimo
materiale all’esordiente Francis Ford Coppola che, con il nome
d’arte Thomas Colchart, lo sezionò, ne scartò oltre la metà, fece
doppiare gli attori russi cambiando il senso di ciò che dicevano, e
lo ri-montò con altra trama completandolo con scene girate ex-novo.
Per farlo diventare più “americano”
incluse uno scontro fra enormi mostri alieni su un piccolo satellite
di Marte, sul quale era giunto anche uno dei missili.
Il film è estremamente naive,
ingenuo e ottimista, senza alcun rispetto di leggi fisiche e
temporali. Pensate che agli astronauti in difficoltà inviano ben due
missili di supporto ... in questione di ore, si vedono i membri
dell’equipaggio della stazione orbitante che passeggiano
tranquillamente sulle “ali” della stessa e similmente gli astronauti
che passano da un missile all’altro come se niente fosse,
all’esterno e senza alcuna sicurezza.
“Battle beyond the Sun” narra di
eventi del “futuro” (1997), dopo che la “Guerra Nucleare” aveva
lasciato la terra divisa in due grandi paesi, ma invece del classico
est e ovest, Nord e Sud Hemis(fero). I protagonisti sono astronauti
imbarcati su due diversi missili (non li definirei astronavi),
ovviamente degli opposti schieramenti, che per una serie di eventi
si incontrano nello spazio, non una ma ben due volte e il film si
conclude con l’auspicio di una collaborazione fra gli scienziati per
il bene del progresso e quindi dell’intera umanità, superando gli
ostacoli posti dai politici.
Il film che ho guardato io (versione
americana di 67 minuti, 64 + 3 introduttivi) è ovviamente molto
confuso a causa dei tagli, aggiunte e rimaneggiamenti eppure è una
pellicola di notevole valore in quanto a innovazione. Agli
appassionati di film di fantascienza ne suggerisco comunque una
visione per il suo indubbio valore “storico”.
Thomas Colchart (nei titoli indicato
quale regista) è uno pseudonimo di Francis Ford Coppola, il cui nome
comunque appare nei titoli di testa come produttore esecutivo.
32 * “Giù la testa” (Sergio Leone, USA, 1960) tit. USA “Duck, You
Sucker!” * con Rod Steiger, James Coburn, Romolo Valli
Non è fra i miei preferiti e molti
concordano nel metterlo nella parte bassa della propria classifica
dei soli 7 film di Leone, in fondo alla quale quasi sempre si trova
il suo lavoro di esordio “Il colosso di Rodi”.
Trovo che ci sia poca storia (vera e
fiction), la durata risulta eccessiva per quello che c’era da
raccontare e dei 136 minuti della versione che ho guardato
(l’integrale è addirittura di 157’) troppi sono quasi sprecati fra
le interminabili mitragliate, le tante fucilazioni e i “ricordi
irlandesi” di Coburn proposti al rallentatore.
Non mi è piaciuto neanche il fatto
che in tutto il film non ci sia quasi niente che seppur lontanamente
sembrasse “messicano”, né Mesa Verde, né i costumi e tantomeno i
volti. Tuttavia il film è ben diretto da Leone, con le sue usuali
rapide sequenze di primi piani nei momenti topici e con il montaggio
serrato per le scene di azione.
Dopo questo film, che inizialmente
non avrebbe dovuto dirigere lui, abbiamo dovuto attendere ben 13
anni per il suo successivo e ultimo film “C'era una volta in
America” (del quale mi sono da poco procurato la versione lunga di
3h50min, vi farò sapere)
TITOLI: il titolo alternativo “C'era
una volta la rivoluzione” (che parafrasava il precedente “ ... West”
e anticipava il successivo “... America”) è stato tradotto
letteralmente in vari paesi (“Once Upon a Time... The Revolution”,
“Érase una vez la revolución”, ...), pochi hanno preferito tradurre
letteralmente i titoli originali ita/usa come gli spagnoli (¡Agáchate,
maldito!) e portoghesi (Aguenta-te, Canalha!), c’è poi un altro
filone di titoli che fanno riferimento al titolo alternativo inglese
“A Fistful of Dynamite” (“Per un pugno di dollari” era stato
distribuito come “A Fistful of Dollars”) e solo i messicani, seguiti
dagli uruguayani, si sono distinti con “Los Héroes de Mesa Verde” ma
sono giustificati essendo i “padroni di casa” e loro la rivoluzione.
Solite confusioni di titoli che mi costringono spesso a ricorrere a
IMDb per capire di che film si tratti a meno che non lo capisca da
poster e combinazione regista/cast.
IMDb 7,7 RT 90%
Manca 31 * “The Apartment” (Billy Wilder, USA, 1960) tit. it. “L'appartamento”
* con Jack Lemmon, Shirley
IMDb 8,3 RT 93%
30 * “Man with the Gun” (Richard Wilson, USA, 1955) tit. it.
“Sangue caldo” (sic!!!) * con Robert Mitchum, Jan Sterling, Karen
Sharpe
Altro western, quasi all’opposto
dell’appena recensito “Duello al sole”: quasi minimalista, tutto si
svolge in una piccola cittadina con una sola breve scena fuori
paese, pochi attori, uno solo veramente famoso. Il ridicolo titolo
italiano sarebbe stato molto più adatto al film precedente
considerata la presenza della provocante Jennifer Jones, ma è
assolutamente fuori luogo per “Man with the Gun” (trad. lett. “Uomo
con la pistola”) dove non c’è niente che lo possa giustificare, né
passione, ne “romance” e al sesso non si allude nemmeno.
Nella fattispecie Robert Mitchum
interpreta un cosiddetto pacificatore, conciliatore, pagato per
sanare diverbi e disaccordi, per riportare ordine e ristabilire la
legalità, per porre fine ai soprusi e lo fa a modo suo, al limite
della legge, utilizzando la sua pistola. L’appoggio da parte della
popolazione e pressoché nullo e gli stessi cittadini che lo avevano
ingaggiato cominciano a preoccuparsi che in caso di insuccesso la
vendetta del “cattivo” possa essere tremenda.
Prima regia di Richard Wilson, che
complessivamente ha diretto solo 8 film in una dozzina di anni,
senza niente di notevole ma in compenso anche senza disastri. In
precedenza si era fatto le ossa come assistente di Orson Welles, ma
dal maestro non ha imparato abbastanza o non è riuscito a mettere a
frutto quanto appreso non distaccandosi mai dalla risicata
sufficienza.
Il film ha tuttavia dei pregi
proprio nella sua essenzialità e nell’interpretazione di Mitchum che
ha sempre dato il meglio di sé nei noir e nei western, con il suo
sguardo impenetrabile e l’apparenza da duro.
Da non sottovalutare ... non sono
pochi quelli che addirittura lo reputano quasi un cult, proprio per
la sua struttura molto poco convenzionale.
IMDb 6,7
29 * “Duel in the Sun” (King Vidor, USA, 1946) tit. it.
“Duello al sole” * con Jennifer Jones, Joseph Cotten, Gregory Peck
Dopo “Northwest Passage” ho scelto
di guardare un altro film di King Vidor, un western atipico con un
ottimo cast e un sostanzioso budget che fece molto discutere
all’epoca per la sensualità di alcune scene, tanto che fu
soprannominato “Lust in the Dust” (lussuria nella polvere); il
Catholic Film Office lo classificò "C" ("condemned") e le Chiese
Protestanti lo denunciarono per il personaggio del predicatore "The
Sinkiller" (killer del peccato).
Quasi un kolossal (correva voce che
King Vidor volesse superare “Via col vento), con un ottimo cast,
enorme budget e centinaia di comparse. Non ho mai visto in nessun
altro film tanti cowboy cavalcare insieme i quali, come se non
bastasse, sono poi fronteggiati da un intero squadrone di soldati (a
cavallo). I personaggi sono “esagerati”, chi in un senso chi
nell’altro, e anche la recitazione è spesso sopra le righe, qualche
critico lo definì “barocco”.
Il direttore della fotografia Ray
Rennahan già vincitore di 2 Oscar (“Sangue e arena”, 1942, e “Via
col vento”, 1940) eseguì un ottimo lavoro ma anche lui esagerò in
varie scene caricando troppo i colori, in particolari quelli del
cielo .. di effetto ma pressoché irreali. Per darvene un'idea, in
coda alle foto allegate ho aggiunto vari screenshot di alcune dei
tantissimi campi lunghi, per lo più con una sottile linea di terra
alla base ed il resto tutto cielo
Più che un vero western lo si
potrebbe definire un melodramma sentimentale, con la bella (e
povera) di turno contesa da due ricchi fratelli (ovviamente uno
cattivissimo e l’altro completamente opposto) in una famiglia nella
quale odio, disprezzo e rancore la fanno da padroni.
La sceneggiatura non è delle
migliori ma il film nel complesso è più che guardabile, grazie anche
alle presenze di Jennifer Jones, Gregory Peck e Joseph Cotten, ma
soprattutto per la fotografia, e fu molto ben accolto dal pubblico,
meno dalla critica.
IMDb 6,9 RT 81%
#cinema
#film
2 Nomination per Jennifer Jones
(protagonista) e Lillian Gish (non protagonista)
Manca 28 * “Northwest Passage” (King Vidor, USA, 1940) tit. it.
“Passaggio a nordovest” * con Spencer Tracy, Robert Young, Walter
Brennan
IMDb 7,1 RT 100%
Manca 27 * “Le cinquième élément” (Luc Besson, Fra, 1997) tit. it.
“Il quinto elemento” * con Bruce Willis, Milla Jovovich, Gary Oldman
IMDb 7,7 RT 71%
Manca 26 * “The Party” (Blake Edwards, USA, 1968) tit. it.
“Hollywood Party” * con Peter Sellers, Claudine Longet, Natalia
Borisova
IMDb 7,7 RT 79%
25 * “Stagecoach” (John Ford, USA, 1939) tit. it.
“Ombre rosse” * con John Wayne, Claire Trevor, Thomas Mitchell, Andy
Devine
Continuando nelle visioni dei tanti
western classici recuperati a Tenerife, è venuto il turno di “Ombre
rosse”, solito titolo “creativo” italiano, in tutti gli altri paesi
fu tradotto letteralmente “La diligenza”. Senz’altro è un film che
ha fatto storia, ambientato all’epoca dei pionieri e quindi degli
scontri con i pellerossa, in questo caso Apache, dei quali si parla
più volte ma che si vedono solo nei pochi minuti del famoso
inseguimento al galoppo sfrenato. L’unica sparatoria-duello fra
“bianchi” si sente, ma non viene mostrata.
A differenza di quanto avevo
sottolineato in “Sfida all’OK Corral” qui c’è un vero personaggio da
commedia (il postiglione Buck interpretato da Andy Devine), ma anche
altri personaggi presenti sono presentati in modo più o meno
caricaturale. Film sostanzialmente “buonista” e in linea con il
sogno americano, con gli emarginati che hanno la loro chance e gli
insopportabili ricchi arroganti che vengono messi in riga e puniti
ove del caso. Il fuorilegge perdonato, la prostituta redenta,
l’ubriacone che sa “disintossicarsi” al momento giusto, il giocatore
gentiluomo, ... ognuno ha un suo preciso ruolo in questo western
pressoché teatrale, con i 9 protagonisti quasi sempre insieme, che
si potrebbe definire un film corale anche se, ovviamente, alcuni
personaggi rivestono ruoli più importanti di altri.
Gli appassionati avranno già
collegato a “The hateful eight” di Quentin Tarantino l’assortimento
di passeggeri, la diligenza (nelle foto notate la somiglianza dei
fregi e il nome parzialmente uguale “OVERLAND STAGE”), i viaggiatori
che salgono a bordo dopo la partenza e altri particolari intesi a
rendere un chiaro omaggio al lavoro di John Ford. Perfino alcune
versioni dei poster sono molto simili con la diligenza tirata da sei
cavalli posta in diagonale, seppur opposta (vedi foto).
In questo viaggio che ho intrapreso
nel mondo dei western classici mi attendono altri sette degli anni
40-50 e “The Shootist” del 1976 da considerare comunque un classico
essendo l’ultimo film di John Wayne (all’epoca quasi 70enne) 6 anni
dopo aver conquistato il suo unico Oscar con True Grit.
Per chi è interessato al genere,
“Stagecoach” è ovviamente una visione fondamentale, pur non
rispettando i canoni più comuni.
IMDb 7,9 RT 100% *
2 Oscar (Thomas Mitchell attore non
protagonista e commento sonoro) + 5 Nomination
24 * “The Man with the golden Arm” (Otto Preminger, USA, 1955) tit.
it.
“L’uomo dal braccio d’oro” * con Frank Sinatra, Kim Novak, Eleanor
Parker
Film famoso, ma non fra i migliori
di Preminger, con un Frank Sinatra che, pur guadagnandosi una
Nomination Oscar, dimostra chiaramente che nel cinema si sarebbe
dovuto limitare alle commedie e i musical.
Ciò che ha reso il film celebre è
più che altro il soggetto, tratto dal romanzo di Nelson Algren, in
quanto si parla apertamente di droga e di tossicodipendenza,
argomenti all’epoca proibiti. Addirittura qualcuno sostiene che fu
proprio questo film a decretare la fine del regime di "censura"
della PCA (Production Code Administration - della quale parlai
qualche settimana fa a proposito del film di Lang “You onlylive
once”, 1937, tit. it. “Sono innocente”) dandole il colpo di grazia.
https://plus.google.com/+GiovanniVisetti1/posts/aLLuDaXgKJ3
A partire da quello che sembra
essere un buon libro, gli sceneggiatori non eseguirono un
trattamento memorabile e tutta la prima ora e oltre risulta
abbastanza scialba e i pochi avvenimenti salienti non sono
sufficientemente analizzati e messi in risalto. Solo nell’ultima
mezz’ora gli eventi precipitano e il film diventa interessante come
era lecito aspettarsi.
Certamente non spregevole, ma fra
crime, thriller e noir degli anni ’50 si possono facilmente trovare
decine di pellicole migliori.
3 Nominaton (Sinatra, commento
sonoro e scenografia)
IMDb 7,5 RT 86%
23 * “Gunfight at OK Corral” (John Sturges, USA, 1957) tit. it.
“Sfida all’OK Corral” * con Burt Lancaster, Kirk Douglas, Rhonda
Fleming
Dopo “The Great Escape” ho voluto
ri-guardare, dopo decenni, un altro famoso film di Sturges che credo
avevo visto solo in tv e non a colori. Fra i tanti dvd recuperati a
Tenerife c’era anche questo con una buona versione restaurata, che è
importante soprattutto per gli esterni che vantano un un’ottima
fotografia. Avendo visto nell’ultimo anno una gran quantità dei
migliori western (ma ne ho altri in serbo) dopo la visione di questo
mi sono convinto che è senz’altro uno dei migliori, con una grande
interpretazione di Kirk Douglas, fra le sue migliori.
Non c’è la parte di “commedia” (in
vari film affidata allo sdentato vecchietto Walter Brennan), né ci
dilunga più di tanto in quella sentimentale ma viene proposto solo
lo stretto necessario, nonostante la conflittualità fra Doc Holliday/Kirk
Douglas e Kate/Jo Van Fleet, fondamentale per la trama.
Nelle quasi due ore senza pausa, si
seguono gli spostamenti da una cittadina all’altra di Wyatt Earp/Burt
Lancaster il cui cammino incrocia più volte quello di Doc Holliday e
la sua amante Kate. Oserei dire che non ci sono scene inutili (e ciò
avviene di rado) e la sceneggiatura vanta ottimi dialoghi,
stringati, succinti, significativi. In particolare la prima
“chiacchierata” fra i due protagonisti è da manuale e Kirk Douglas
già si fa notare per essere ad un livello superiore al pur bravo
Burt Lancaster (scena da apprezzare ovviamente in versione
originale).
Nel finale, nei panni del giovane
Billy Clanton appare il 21enne Dennis Hopper, al suo terzo film
ufficiale, dopo i due con James Dean ("Gioventù bruciata" e "Il
gigante") ... che inizio di carriera!
A prescindere dal fatto che i
western possano piacere o meno, penso che “Gunfight at OK Corral”
sia fra quei film che gli appassionati del buon cinema debbano per
forza guardare almeno una volta.
IMDb 7,2 RT 82%
* Nominaton sonoro e montaggio
22 * “The Great Escape” (John Sturges, USA, 1963) tit. it.
“La grande fuga” * con Steve McQueen, James Coburn, Charles Bronson,
Donald Pleasance, Richard Attenborough, James Garner,
Classicissimo film di guerra (WWII)
ma assolutamente privo di vere scontri. Come quasi tutti sanno e
come chiaramente anticipato dal titolo tratta di un’evasione di
massa da un campo di prigionia tedesco. I reclusi sono militari
“alleati” (inglesi, americani, australiani, perfino un polacco) fra
i quali molti ufficiali. Il soggetto è tratto da fatti realmente
accaduti e narrati in un libro dal pilota australiano della Royal
Australian Air Force, Paul Brickhill.
Chiaramente gli avvenimenti sono
romanzati e i tempi sono estremamente compressi (come è sottolineato
all’inizio del film) nonostante la lunghezza prossima alle 3 ore.
Sturges non è di solito considerato
fra i più grandi registi della sua epoca, ma è certamente un ottimo
professionisti. Ai giovani e ai distratti ricordo che ha diretto
tanti western fra i quali alcuni che hanno fatto epoca come “I
magnifici sette” e “Sfida all’OK Corral”, drammi come “Il vecchio e
il mare”, sci-fi come “Abbandonati nello spazio” e crime-mistery
come “Bad Day at Black Rock” (tit. it. “Giorno maledetto”) per il
quale ottenne la sua unica Nomination come regista. Come spesso
ripeto, c’è tanto da scoprire nel cinema del secolo scorso e il
titolo appena citato mi era assolutamente ignoto, pur avendo
ottenuto 3 Nomination Oscar, avendo Spencer Tracy come protagonista
e ottimi rating (97%RT e 7,8 IMDb). L’ho già aggiunto alla mia
wish-list.
“The Great Escape” ottenne una
Nomination Oscar per miglior montaggio e attualmente si trova al
126° posto della classifica dei migliori fil di tutti i tempi.
Curiosità: nel cast molto vario, con
tanti attori ben noti contornati da innumerevoli volti familiari i
cui nomi tuttavia sono pressoché sconosciuti ai più, non ci sono
donne ... se ne intravedono solo alcune nelle scene finali in città
e sul treno.
Se non disdegnate il genere bellico
e non lo conoscete, una visione è doverosa.
IMDb 8,3 RT 93%
Manca 21 * “Nothing sacred” (William A. Wellman, USA, 1937) tit. it.
“Nulla sul serio” * con Carole Lombard, Fredric March, Charles
Winninger
IMDb 7,4 RT 100%
Manca
20 * “La gran aventura de Mortadelo y Filemón” (Javier Fesser, Spa,
2003) * con Benito Pocino, Pepe Viyuela, Dominique Pinon
19 * “Happy together” (Kar Wai Wong, USA, 1997) tit. or. “Chun gwong
cha sit” * con Leslie Cheung, Tony Chiu Wai Leung, Chen Chang
Dopo aver apprezzato molto “In the mood for love”, non mi sono
lasciato sfuggire il dvd di “Happy together”, comprandolo “a fiducia”
e non me ne sono assolutamente pentito. Anche in questo film, di 3
anni precedente, il regista cinese porta sullo schermo una storia
d’amore travagliata, aggravata dal fatto che i due si trovano agli
antipodi della loro casa, in condizioni economiche non esattamente
floride. Il fatto che siano gay è in effetti incidentale, i loro
problemi principali sono la solitudine interiore, la lontananza da
amici e familiari, e ciò porta all’attaccamento reciproco quasi per
disperazione, fra mille sospetti e scene di gelosia.
Ma la trama poco importa ... si può guardare “Happy together” anche
in versione originale (cinese) e rimanere comunque incantati dalla
sequenza di immagini parte in bianco e nero parte a colori (di
solito molto saturi e contrastati), dalla scelta delle inquadrature,
dalla continua alternanza fra squallidi interni e ampi esterni,
dalla struttura e montaggio quasi minimalisti che evocano la
Nouvelle Vague, dalla fotografia sempre un po’ sgranata e per lo più
cupa e, non certo meno importante di tutto ciò, dallo struggente
sottofondo musicale. Nell’ottima colonna sonora la fa chiaramente da
padrone il tango (la maggior parte del film è ambientato in
Argentina) seppur con arrangiamenti particolari, ma oltre a tanto
Piazzolla c’è anche Frank Zappa e un toccante inizio di “Cucurrucucu
Paloma” interpretata da Caetano Veloso.
Le foto allegate le ho scaricate senza dover cercare troppo, per un
verso o per l’altro sono tutte significative.
Penso che possa bastare e che non sia necessario aggiungere che mi è
piaciuto molto ... ora tocca a voi guardarlo o ri-guardarlo essendo
uno di quei film che certo meritano più di una visione.
Palma d’Oro e Premio Miglior regia a Cannes
IMDb 7,8 RT 78%
18 * “Shine” (Scott Hicks, Aus, 1996) * con Geoffrey Rush, Armin
Mueller-Stahl, Justin Braine, John Gielgud
Un bel film tratto da un’affascinante storia vera. Un biopic poco
romanzato e, al contrario, molto veritiero. Sostanzialmente si
occupa di tre fasi distinte della vita dell’acclamato pianista David
Helfgott il quale (49enne all’epoca del film) eseguì personalmente i
difficili pezzi per piano inclusi nella colonna sonora.
Gli attori che interpretano David ragazzino (Alex Rafalowicz),
adolescente (Noah Taylor) sono entrambi molto bravi, ma sono
certamente superati da Geoffrey Rush (che ce lo mostra da adulto)
grazie anche alla sua esperienza e riconosciuto talento. Notevoli
anche le interpretazioni di Armin Mueller-Stahl nei panni
dell’opprimente padre e dell’ineffabile e immarcescibile John
Gielgud (92enne all’epoca del film) seppur in una parte molto breve.
Un ruolo fondamentale lo ha l’ottima musica, che tuttavia non
diventa mai preponderante, né risulta essere eccessiva nel complesso,
Tutt’oggi Helfgott continua ad esibirsi con grande successo nei
migliori teatri del mondo e se qualcuno volesse assistere ad un suo
concerto in Europa potrà farlo a Vienna il prossimo 10 aprile a
patto che si affretti a comprare il biglietto.
Nel corso del suo tour europeo del 2015 è stato realizzato un vero e
proprio documentario dal titolo “Hello I Am David!”
IMDb 7,7 RT 100%
* Oscar a Geoffrey Rush e altre 6 Nomination
Manca 17 * “Mad Max II” (George Miller, USA, 1981) tit. it.
“Interceptor - Il guerriero della strada” * con C
Mel Gibson, Bruce Spence, Michael
Preston
IMDb 7,6 RT 100%
16 * “Arsenic and Old Lace” (Frank Capra, USA, 1944) tit. it.
“Arsenico e vecchi merletti” * con Cary Grant, Priscilla Lane,
Raymond Massey, Peter Lorre
Una delle più conosciute e divertenti classiche commedie americane
tratte da opera teatrale. L’accoppiata Frank Capra (maestro del
genere) - Cary Grant garantisce un’ottima qualità ed è sostenuta in
modo egregio dal contorno delle arzille e intraprendenti zie
interpretate da Josephine Hull (Oscar per “Harvey”) e Jean Adair, il
folle trombettiere John Alexander, il criminale Raymond Massey reso
simile a Frankenstein/Boris Karloff dall’alcolizzato finto dottore
Peter Lorre, la novella sposa Priscilla Lane, i poliziotti, il
direttore del manicomio e il tassista, tutti recitano alla
perfezione le rispettive parti.
Il testo ha evidentemente i suoi meriti ma, in particolare in questo
film, Capra non ha sbagliato un solo tempo. Le battute, le
inquadrature, le pause, gli attimi di suspense, le sorprese sono
tutte perfette e arrivano nell’attimo giusto.
Peccato che questo stile e qualità di commedie siano ormai cosa
estremamente rara.
Non vi perdete queste quasi due ore di divertimento!
IMDb 8,1 RT 88%
15 * “Cada quien su vida” (Julio Bracho, 1960) * con Ana Luisa
Peluffo, Emma Fink, Carlos Navarro
Dopo “Crepusculo” (recensione precedente) ho deciso di guardare un
altro suo film: Cada quien su vida (1960). Per la verità, pur
essendo annunciato da buone recensioni, non l’ho trovato all’altezza
di suoi precedenti lavori che conosco come “Historia de un gran
amor”, “Distinto amanecer”, “Rosenda”, ma si deve sottolineare che
aveva un po’ le mani legate in quanto questo è un adattamento
dell’omonimo lavoro teatrale di Basurto, celebre drammaturgo e
sceneggiatore.
L’intero film si svolge in uno di quei locali conosciuti come “salón”,
soprattutto sala da ballo con musica dal vivo, ma anche con tante
signorine pronte a bere e danzare con gli avventori, un cabaret di
seconda categoria tuttavia ben distinto da una “cantina” o
addirittura un postribolo. Si tratta di un film corale, con vari
clienti abituali abbastanza caratteristici (el diputado, el
professor, el peluquero, el Alka Seltzer, el Ojitos), lo staff e
tante signorine di vario aspetto ed età (una di loro si è
addirittura guadagnata l’appellativo di “Siempreviva” - nel senso di
ancora viva ...) tutte con “nomi d’arte” come la 'Tacón Dorado', la
'Penas', la 'Pepsi-Cola', la 'Jarocha' ...
Questa commedia drammatica continua ad essere messa in scena per
essere reputata di contenuto ancora attuale e nel 2014 restò a lungo
in cartellone in uno dei più famosi salones di Ciudad de Mexico: il
Salón los Angeles, aperto nel 1937, nel quale sono stati girati
numerosi film e oggi si registrano anche episodi di serie
televisive.
In conclusione, niente da dire dal punto di vista teatrale,
considerato anche che conta su un navigato cast che conosce
l’ambiente, ma Julio Bracho non mi sembra riesca a sfruttare al
meglio il mezzo cinematografico per fornire quel qualcosa in più che
ci si sarebbe atteso.
IMDb 7,1
14 * “Crepusculo” (Julio Bracho, 1945) * con Arturo de Córdova,
Gloria Marín, Julio Villarreal
Julio Bracho è uno di quei registi dei quali non si ricordano cose
eccelse, ma sul quale si può sempre contare. Questo “Crepusculo”
conferma la sua buona mano e segna la “nascita” del personaggio
dell’uomo di successo ma psicologicamente disturbato, vittima di una
passione della quale si rende conto ma che non riesce a contrastare.
Sono arrivato a questo film seguendo le tracce di Arturo de Córdova,
un ottimo attore che qualcuno ricorderà per essere il protagonista
di “El” di Buñuel, 1953. Confidando anche nel regista, l’ho
scaricato e dopo poche scene mi è sembrato un film conosciuto, tanto
da avere il dubbio che fosse un remake di “La diosa arrodillada”
(Roberto Gavaldón, 1947), visto un paio di anni fa. Dopo un rapido
controllo ho constatato che quest’ultimo è di due anni successivo e
la regia è di Roberto Gavaldón, ma senza dubbio ci sono due elementi
comuni: Arturo de Córdova e la statua della quale cambiano solo i
lineamenti del volto, da quelli di Gloria Marín a quelli della
stella messicana Maria Felix.
Qualcuno ha voluto vedere in questa verisimiglianza l’inizio di
un’ideale trilogia (completata con il succitato “El” di Buñuel,
1953)) che ha come termine comune un protagonista ricco, colto e di
successo, ma squilibrato da una passione fuori controllo,
interpretato in tutti e tre i casi da de Córdova.
“Crepusculo” è un classico noir messicano della “Epoca de Oro”, che
niente ha da invidiare a quelli americani: un ottima fotografia in
bianco e nero, pregevoli punti di ripresa, buoni interpreti.
Il dramma è psicologico con possibili omicidi che non vengono
portati a temine e morti che avvengono per cause diverse.
Ne consiglio la visione e, dopo averlo guardato, vi invito a
proseguire nella “trilogia” in ordine cronologico con “La diosa
arrodillada” e “El” (tit. it. "Lui").
Nomination al Premio Internazionale a Venezia 1947.
IMDb 6,9
13 * “Los colores de la montaña” (Carlos César Arbeláez, 2011) * con
Hernán Mauricio Ocampo, Nolberto Sánchez,Genaro Aristizábal
L’accostamento di bambini e mine mi ha riportato alla mente il ben
più tragico "Turtles can fly" (Bahman Ghobadi, 2004, Iran * rec.
16/280) nel quale i bambini, anche
quelli già mutilati, bonificavano campi minati vendendo poi le parti
metalliche delle mine inesplose.
“Los colores de la montaña” è invece più poetico e un po’ più
gioioso (in effetti solo meno drammatico dell’altro) e i bambini -
abbastanza irresponsabili - rischiano le vita nel tentativo di
recuperare un pallone ... evidentemente per loro oggetto di
inestimabile valore. Combattono per avere diritto al gioco pur
trovandosi in “terra di nessuno”, fra i monti colombiani, stretti
fra guerrilleros ed esercito.
Il film è ancor più interessante in quanto Arbeláez riesce a fornire
anche un’idea delle condizioni di vita (problematiche ma dignitose)
delle famiglie dei tranquillissimi campesinos che devono cercare di
evitare per quanto possono ogni contatto con l’una o l’altra fazione
per non subire poi rappresaglie dai loro oppositori.
Come tante volte accade in questo tipo di film “di frontiera” si
possono apprezzare delle straordinarie interpretazioni da parte
degli attori non professionisti (in questo caso la totalità) ed in
particolare dei bambini, anche se gli adulti non sono da meno. Fra
loro si distinguono senz’altro Hernán Mauricio Ocampo (Manuel,
protagonista) e Genaro Aristizábal (l’albino) chiamato sempre per
soprannome: Poca Luz (poca luce). In tutti i casi grande merito deve
essere riconosciuto ai registi ed al loro staff per riuscire a
portare a temine pellicole del genere usufruendo di budget
limitatissimi e avendo a che fare con “dilettanti”, oltretutto in
condizioni non sempre facili, né politiche né ambientali.
Carlos César Arbeláez ha ricevuto numerosi riconoscimenti
internazionali (anche per essere al suo primo film) e vanta solo
recensioni positive su RottenTomatoes (100%). Secondo IMDb “Los
colores de la montaña” è stato distribuito in vari continenti ed
anche in Europa ... ma sembra che non sia giunto in Italia. Per
fortuna si trova online.
Più che consigliato, in particolare a quelli che vogliono allargare
i propri orizzonti cinematografici.
IMDb 7,1 RT 100%
12 * “Medianeras” ( Gustavo Taretto, Arg, 2011) tit. it.
“Innamorarsi a Buenos Aires” * con Javier Drolas, Pilar López de
Ayala, Inés Efron
Quali geni nascondono il fiume con i palazzi ed il cielo con cavi?
Primo dei due lungometraggi di Taretto, ma riprende uno short
omonimo dello stesso regista, girato 6 anni prima.
Girato e montato in un modo a dir poco inusuale, con molto commento
quasi declamato da voce fuori campo che descrive non tanto i
protagonisti (anche loro molto particolari) quanto la scarsa logica
dell’architettura moderna che isola le persone. A ciò si aggiungono
taglienti ed argute considerazioni su manie, fobie e problemi di
comunicazione che sono inversamente proporzionali alla sempre
maggiore disponibilità in rete di qualunque tipo di servizio. In
rete si trovano pagine e pagine relative a “quotes” di Medianeras,
come quella che ho citato in apertura.
Inizia quasi come un documentario urbanistico con una serie di
immagini ben scelte e accostate che mostrano incongruenze e
assurdità dei paesaggi cittadini di Buenos Aires e durante il resto
del film agli spezzoni di vita dei protagonisti sono intercalate
interessanti foto urbane.
In film molto sui generis che fa riflettere, ma in maniera
assolutamente godibile e spesso divertente e ironico. Sembra che sia
giunto in Italia a ottobre 2014, ma se conoscete un po’ di spagnolo
potete guardarlo online.
Molto consigliato ... con un simpatico e ben congegnato finale.
IMDb 7,5
11 * “Camila” (María Luisa Bemberg, 1984) * con Susú Pecoraro,
Imanol Arias, Héctor Alterio
Dopo “Señora de nadie” la Bemberg (vedi recensione precedente) ci
porta in tutt’altra epoca con una storia molto più “audace” basata
sulla vera storia di
Camila O'Gorman. La protagonista, giovane donna dell’alta società
che vive in una enorme tenuta con tutta la sua famiglia compresa sua
nonna che lì è stata inviata in confino per questioni politiche, si
innamora di un sacerdote ... e mi fermo qui. Questa volta però, a
differenza del film precedente ambientato nell’Argentina
contemporanea, l’azione si sviluppa negli ultimi anni delle lotte
tra “federales” e “unitarios” che si conclusero nel 1853 con
l’approvazione la Costituzione argentina. La complessa lotta fra le
diverse fazioni politiche, la chiesa, le rigide tradizioni, la
famiglia ... tutte più o meno direttamente condizionano e tentano di
contrastare l’amore fra i due.
Anche questo, come il precedente, è un film “pulito” vale a dire ben
diretto, ben interpretato da Susú Pecoraro ed Héctor Alterio (Imanol
Arias non è alla loro altezza) e forte di una solida sceneggiatura
(della stessa Bemberg) e quindi ne suggerisco la visione.
A “garanzia” della qualità del film, sappiate che ottenne la
Nomination agli Oscar 1985 come miglior film straniero.
IMDb 7,1
10 * “Señora de nadie” (María Luisa Bemberg, 1982) * con Luisina
Brando, Gabriela Acher, Berugo Carambula
Maria Luisa Bemberg (1922-1995) è stata una stimata regista
argentina che negli anni '80 ha diretto vari film di qualità, che
molti etichettano come “femministi” visto che l’artista fu fra le
fondatrici della Uniòn Femminista de Argentina. Spesso le storie,
che lei stessa scrive, ruotano attorno ad una singola figura
femminile che si trova in situazione particolare.
In questo suo secondo film (dopo l’esordio con “Momentos” nell’81)
tratta “banalmente” di una donna dell’alta borghesia che, dopo una
decina di anni di felice matrimonio, scopre che il marito la
tradisce regolarmente e decide di cercare di cambiare completamente
vita. Storia molto comune, ma il percorso di Leonor, che include
anche l’amicizia con un omosessuale, è significativo in assoluto ed
ancor di più se si considera che negli anni ’80 l’iter di un
divorzio in Argentina non era ancora ben definito e i diritti per la
donna erano pochi.
Film ben fatto e ben interpretato che fornisce una interessante
spaccato della borghesia argentina in quel periodo.
IMDb 7,2
9 * “The Piano” (Jane Campion, NZ, 1993) tit. it.
“Lezioni di piano” * con Holly Hunter, Harvey Keitel, Anna Paquin,
Sam Neill
Nel complesso è un film veramente emozionante che tuttavia si perde
in vari momenti creati solo per la scena, ma senza consistenza e
molto poco plausibili. La regista e sceneggiatrice neozelandese
Campion mostra una strana interazione fra le culture angloassoni e
maori che tuttavia non era proprio la norma. Laureata in
antropologia prima di passare al cinema, narra soprattutto storie di
donne e lei stessa con questo film è stata la prima donna a vincere
la Palma d’Oro a Cannes, prima di ottenere anche l’Oscar per la
sceneggiatura. Le interazioni fra i protagonisti, quasi tutte
drammatiche, sono molto ben descritte e proposte (Oscar a come Holly
Hunter protagonista e alla 11enne Anna Paquin come non-protagonista,
nel ruolo della figlia) quello che mi lascia perplesso è la parte
scenografica-naturalistica.
Le scene dell’arrivo e della partenza dalla stessa spiaggia sono a
tutti gli effetti irreali (praticamente impossibili) così come i
vari attraversamenti dei boschi. Le case dovevano avere per forza un
più semplice accesso e ciò è confermato dalla presenza di un carro
che certamente non poteva essere arrivato lungo il sentiero fangoso
percorso da loro. Quando verso la fine la piccola Flora corre dal
padre adottivo la vediamo passare nel fango del bosco, riapparire
mentre corre lungo una serie di 3 colline, ma non si vede il recinto
che appare solo quando arriva a vista del padre e appaiono anche
alberi che prima non esistevano. Consegnato l’oggetto, il
controcampo mostra i due in posizione diversa così come gli operai
maori si vedono da tutt’altra parte ... sono tutte belle
inquadrature, ma non congruenti fra loro e basta un minimo di
attenzione per notarlo (inoltre si passa in pochi istanti dal cielo
chiaro con poche nuvolette bianche ad un diluvio). Non sono mai
riuscito a spiegarmi come mai tanti registi pensano che non possa
mai piovere in modo normale e che le scene sotto una pioggia
scrosciante siano più incisive ...
In conclusione, se la brava Jane Campion si fosse limitata al film
drammatico sarebbe stata forse perfetta, ma avendo voluto inserire
sbarchi incredibili, carichi sbagliati, fango a volontà e altre cose
del genere ha solo sminuito il valore di “The Piano”. Ottime Holly
Hunter e Anna Paquin nei ruoli della madre muta e della figlia un
po’ troppo sconsiderata.
Guardando questo film mi è tornato in mente l’incontro con
“il mio amico Harvey” e ho scritto un post a parte citando anche
altri “attori sottovalutati” alla pari di Keitel.
IMDb 7,6 RT 100% *
3 Oscar (Holly Hunter protagonista, Anna Paquin non-protagonista e
Jane Campion sceneggiatura) e
5 Nominaton (film, regia, fotografia, montaggio, costumi)
8 * “Contratiempo” (Paulo Oriol, Spa, 2017) tit. int. “"The
Invisible Guest" * con Mario Casas, Bárbara Lennie, Francesc Orella
Anna Wagener, José Coronado
Il “filmone” che non ti aspetti ...
Forse sembra tale proprio in quanto inatteso, ma devo confessare che
sono uscito dalla sala più che soddisfatto. La prima di questo
thriller classico, più che classico (qualcuno lo ha già paragonato a
Hitchcock), si è tenuta al Fantastic Fest di Austin (Texas, USA)
dove ha ottenuto commenti positivi
e reazioni favorevoli tanto che la Film Factory Entertainment ne ha
subito acquisito i diritti di distribuzione (dovunque al di fuori
della Spagna) e lo proporrà a Cannes.
Dicevo della sua struttura classica senza spari e senza pistole,
senza ispettori di polizia che si occupino realmente del caso,
completamente basata sul (sui) racconti che un indagato fa al
proprio avvocato prima dell’udienza. Il ricco, giovane e rampante
imprenditore è stato trovato in una stanza d’albergo con il cadavere
della sua amante, con la catena alla porta e senza apparente via di
fuga per un eventuale assassino, eppure lui si dichiara innocente.
Di qui in avanti racconterà, a spizzichi e bocconi, quello che è
successo prima (praticamente di tutto) e perché è finito in
quell’hotel di montagna, aggiungendo ogni volta qualche particolare,
modificando quanto detto in precedenza e improvvisamente ammettendo
nuove responsabilità. Alle sue versioni si sovrappongono le
contestazioni e le possibili linee di difesa proposte dall’avvocato
in un crescendo di bugie, mezze verità e fatti incontrovertibili che
non riescono mai a incastrarsi alla perfezione. Insomma tante svolte
e ipotesi fino ai colpi (plurale) di scena finali.
Chiaramente non posso dire di più (non lo faccio per storie banali,
figurarsi per un thriller), ma sappiate che durante la prima
mezz’ora mi sembrava tutto assurdo e quasi idiota con i protagonisti
che facevano quanto di più sbagliato possibile, poi il film ha preso
la china giusta e infine mi sono reso conto che ogni piccolo
particolare, anche quelli ai quali non avevo dato eccessiva
importanza, aveva una sua ragione o serviva per giustificare un
evento successivo o addirittura spiegare il finale.
Ho rianalizzato, a memoria, il tutto e mi rimangono solo un paio di
perplessità ... tutto il resto combacia perfettamente. Nei minuti
finali il traballante castello di carta costruito sulle varie
versioni proposte da indagato e avvocato diventa improvvisamente
solido e, con un colpo di magia, ogni elemento si incastra
perfettamente al resto.
Sono d’accordo con chi ha scritto che questo è un film che è
opportuno guardare, con attenzione, una seconda volta. Mi dispiace
non poterne discutere più approfonditamente, facendolo direi
svelerei certamente qualcosa.
Segnate i titoli (originale e internazionale) e il nome del regista
e non ve lo fate sfuggire se e quando giungerà in Italia.
Paulo Oriol è appena alla sua seconda regia (dopo “El cuerpo”,
2012), ma è anche apprezzato sceneggiatore di entrambi e di altri
due film: “Los ojos de Julia” e “Secuestro”
IMDb 8,1
7 * “Silence” (Martin Scorsese, USA, 2016) * con Andrew Garfield,
Adam Driver, Liam Neeson
Non volendo riproporre le tante anticipazioni già note a tutti i
cinefili, né discutere del lungo e ricco curriculum di Scorsese, né
dei riferimenti storici del film, passo direttamente a esporre le
mie impressioni e valutazioni ... a caldo.
Il film è senz’altro ben realizzato e la mano di Scorsese si fa
sentire, o meglio, si vede. Il tema è estremamente scottante e,
anche se il regista anticipa alcune sue visioni, prende chiaramente
posizione solo nell’ultima parte, in particolare con l’immagine
conclusiva e dedica finale.
Non so se questo è proprio il punto di vista dell’autore del romanzo
dal quale è tratto il film o, al contrario, Scorsese ha voluto
capovolgere il messaggio.
Molti hanno già cominciato a sfruttare l’argomento per tornare a
parlare di persecuzioni religiose, ma penso che ognuno di loro lo
faccia artatamente o capziosamente che dir si voglia visto che
nessun credo (se non oggi, nel passato) sia senza macchia, perfino i
buddisti che finora sembravano essere i soli veri pacifici proprio
in questi giorni sono accusati di genocidio nei confronti dei
mussulmani del nord Birmania.
Devo dire che il pur bravo Andrew Garfield non convince del tutto,
ma si dovrebbe capire cosa gli stia stato chiesto di fare ... è lui
ad essere spesso troppo enfatico o Scorsese lo vuole mostrare quasi
come un invasato che non riesce a rendersi conto che si sta
confrontando con un’altra cultura?
Adam Driver e Liam Neeson interpretano degnamente il loro breve
ruolo e sono rimasto piacevolmente impressionato dai giapponesi in
linea generale ma in particolare da Issei Ogata nel ruolo di Inoue,
l’inquisitore (“professione” che doveva essere ben nota ai gesuiti
solo che stavolta i ruoli erano invertiti).
L'ho trovato inutilmente lungo (2h40’), si sarebbe potuto accorciare
di una ventina di minuti, ma in questo caso oltre alla nota
prolissità di Scorsese (spesso giustificata e piacevole, o
addirittura entusiasmante, per lo spettatore) mi sembra di leggere
anche in questo un doveroso omaggio ai grandi registi giapponesi di
metà secolo scorso, soprattutto a Mizoguchi con ben evidente
citazione nella scena con la luna e le barche nella nebbia.
Senz’altro da non perdere, ma non è un capolavoro. Il mio voto su
IMDb è stato 7 (a caldo, potrei riconsiderarlo, ma di poco)
IMDb 7,7 RT 88%
6 * “Deprisa, deprisa” (Carlos Saura, Spa, 1981) tit. it. “"In
fretta, in fretta" * con Berta Socuéllamos, Jose Antonio Valdelomar
González, Jesús Arias
Un film di Saura che mi mancava ... e non mi ha deluso
Oserei dire che Carlos Saura è un regista all'antica, uno di quelli
che con la sola cinepresa può fare un film ... intendo che non ha
bisogno di effetti speciali, scene ricostruite in ogni dettaglio,
luci particolari, né di grandi attori famosi, diventando in alcuni
casi quasi documentarista.
Questo “Deprisa, deprisa” è l'ultimo di una dozzina di film a
soggetto (fra i quali ci sono molti dei suoi migliori come “La caza”,
“Cria cuervos”, “Ana y los lobos”) prima di iniziare con la serie di
quelli dedicati alla musica e alla danza (la trilogia, Sevillanas,
Flamenco, Fados, Tango, Salome, ...).
Ritorna nell'ambiente dei giovani emarginati delinquenti di
periferia, un mondo già visitato nel suo film d'esordio "Los golfos"
una ventina di anni prima, ma quelli erano giovinastri, questi già
criminali con pochi scrupoli.
Cast di non professionisti, tre dei quattro interpreti principali ha
recitato unicamente in questo film e l'altro è successivamente
apparso solo in "El bosque animado" (Cuerda, 1987). Nonostante ciò,
abilmente diretti da Saura, offrono una prova più che dignitosa e
sembrano trovarsi assolutamente a loro agio in questo film
essenziale, quasi neorealista. Notevole la colonna sonora,
volutamente ripetitiva.
Orso d’Oro a Berlino 1981, merita una visione, come del resto quasi
tutti i film di Saura.
A chi conosce questo ottimo regista spagnolo solo per alcuni suoi
film successivi al franchismo ed alla transizione, suggeriscono di
recuperarne alcuni dei precedenti, almeno i già citati “La caza”
(Orso d’argento a Berlino), “Cria cuervos” (Gran Premio a Cannes),
“Ana y los lobos” (Nomination Palma d’Oro) ed eventualmente “Elisa
vida mia” (Nomination Palma d’Oro) e “Mamá cumple 100 años”
(Nomination Oscar).
IMDb 7,8 RT 89%
5 * “Mad Max” (George Miller, Aus, 1979) tit. it.
“Interceptor” * con Mel Gibson, Joanne Samuel, Hugh Keays-Byrne
George Miller è regista molto particolare, che ha scritto e prodotto
gran parte dei suoi soli 10 film (buona parte di successo) nell’arco
di 35 anni spaziando dal genere road-movie futurista (saga Mad Max),
al dramma, ai film di animazione (“Babe” e 2 “Happy Feet”). Questo
del ’79 è il suo primo film e, ovviamente, il primo della serie Mad
Max che l’anno scorso ha raggiunto il suo top (almeno al momento)
con “Fury Road” al quale furono assegnati ben 6 Oscar. Sappiate che
è annunciato “Mad Max: The Wasteland” e anche in questo caso Miller
sarà regista, sceneggiatore e produttore.
Vengo a questo suo film di esordio, non certo dei suoi migliori .
Pochi riprese o scene memorabili (se non per i fan), storia
abbastanza scontata, ovvia violenza (ma non ci si sofferma più di
tanto), inseguimenti e altre scene sulla strada non certo fra le
peggiori, interpretazioni trascurabili, scenari spettacolari
(Australia orientale).
L’anno scorso apprezzai molto Fury Road e per questo motivo non mi
sono lasciato sfuggire l’occasione di comprare (per 1 euro ciascuno
al solito mercadillo) i primi due della serie e quindi la settimana
prossima tocca a “Mad Max II (aka “Interceptor - Il guerriero della
strada”) da tutti giudicato migliore del primo.
Penso che questo sia giusto guardarlo per completezza, per sapere
qual è stato l’inizio di Miller e di Mad Max.
IMDb 7,0 RT 90%
4 * “8 femmes” (François Ozon, Fra, 2002) tit. it.
“8 donne e un mistero* con Catherine Deneuve, Isabelle Huppert,
Fanny Ardant, Emmanuelle Béart,
Coincidenze. Visto l’ottimo “Frantz” (Ozon, 2016) la mattina dopo ho
trovato il dvd di un altro suo film ... ed eccoci qua.
Anche a chi non lo sapesse, già dalle prime scene risulta evidente
che si tratta di un lavoro teatrale (una commedia di Robert Thomas)
portata sullo schermo. Similmente a quanto scrissi per Dogville
pochi giorni fa, anche in “8 femmes” non vedo molto cinema in quanto
Ozon ha scelto di mantenere l’unità del palcoscenico situandolo nel
grande salone d’ingresso di un villa di campagna di altri tempi, con
varie porte e finestre e scala per il piano superiore a vista e non
riesce ad aggiungere pressoché niente con i movimenti di macchina o
con il montaggio.
Bella la scena e i costumi molto colorati, con tanti contrasti, di
ottimo livello l’intero cast con Catherine Deneuve, Isabelle Huppert
e Fanny Ardant una spanna sopra le altre. Un aspetto che non mi è
piaciuto, del quale non afferro l’utilità, è l’inserimento di una
mezza dozzina di canzoni, alcune con una parvenza di minima
coreografia. Spezzano il ritmo e non aggiungono niente ...
Le 8 donne (madre, sorella, cognata, due figlie e due domestiche
della padrona di casa Catherine Deneuve) sono le uniche protagoniste
mentre il solo uomo si vede solo di spalle. Giocando spesso a
scaricabarile, pian piano vengono fuori tanti aspetti inaspettati
dei vari personaggi, e fino alla fine quasi tutti ritrattano più di
una volta le loro versioni dei fatti e dichiarazioni precedenti
scatenando una nuova reazione a catena.
Buona commedia-mystery, onesto film, ottime interpretazioni.
Da guardare.
IMDb 7,1 RT 79% * 2 premi a
Berlino
3 * “Passengers” (Morten Tyldum, USA, 2016) * con Jennifer Lawrence,
Chris Pratt, Michael Sheen
Sono andato a guardarlo per dovere di cronaca e per constatare di
persona se “Passengers” fosse veramente tanto malvagio come i più
sostengono. L'idea di base è senz'altro originale e affascinante,
quindi ottima per un film di fantascienza, ma adattarla in una
sceneggiatura si è rivelato compito difficile o almeno non alla
portata di Jon Spaihts (che tuttavia in “Doctor Strange” aveva
svolto un lavoro più che dignitoso) in quanto il risultato è
pressoché pietoso.
Venendo alla trama, dopo una mezzoretta i due sono certi di essere i
soli svegli sull'astronave e che tutti gli altri "resusciteranno"
solo quasi 90 anni più tardi e presto iniziano a fare una vita
“quasi normale” approfittando di tutte le comodità a loro esclusiva
disposizione e della reciproca compagnia ...
Per loro fortuna hanno cibo a volontà (previsto per 5.000 passeggeri
per 4 mesi), tempo a volontà ed anche fornitissimi guardaroba ...
appena sveglia Jennifer/Aurora (non a caso il nome della Bella
Addormentata) cambia mise 5 volte in un minuto.
Al contrario, la parte psicologica viene completamente messa da
parte pur potendo essere un ottimo modo di realizzare un film serio
senza seguire problemi tecnologici che lasciano il tempo che
trovano. Come pensano di andare avanti? Prendono mai in
considerazione la possibilità di procreare in modo che almeno parte
di loro arrivi a destinazione? Valutano l'ipotesi suicidio?
Continueranno a fare il possibile per re-ibernarsi?
Passando all’aspetto tecnologico (sottolineo che loro sono due
persone “normali”) pur non essendo un esperto astrofisico, nutro
dubbi sulla resistenza di un umano in un tunnel investito da un
fiume di fuoco ad altissima temperatura e velocità, penso che
"sparato" nello spazio dovrebbe continuare ad allontanarsi, che in
mancanza di gravità l'acqua di una piscina non creerebbe una sfera
liquida sospesa a mezz'aria al centro dell'ambiente dalla quale un
nuotatore non possa uscire ...
Inoltre, in un'astronave dichiarata perfetta e con tutte la
tecnologie mediche installate a bordo - certamente esistenti anche a
terra - come hanno potuto imbarcare un comandante con infinite
patologie ... quasi in fin di vita? Teoricamente, essendo ibernato,
quelle erano le esatte condizioni nelle quali è salito bordo. Le
falle e le incongruenze nella sceneggiatura sono tante, iI dialoghi
non aiutano di certo essendo assolutamente banali, avulsi dalla
situazione, e il finale poi è assolutamente ridicolo.
Sul versante spiritoso, il film ci anticipa che anche in futuro
dovremo continuare ad avere a che fare con i risponditori automatici
dei “customer care” che ci faranno girare a vuoto mandandoci di qua
e di là, fisicamente o via schermate, per dirci infine che noi o
loro non siamo "abilitati" o negare l'evidenza dei fatti asserendo
che tutto è in regola e perfettamente funzionante.
Si deve però ammettere che l'astronave ha un design bellissimo, con
interni ampi e spaziosi degni delle migliori imbarcazioni
superlusso. Spettacolare la piscina con la parete semisferica che
sporge nello spazio! Mi piacerebbe farci una nuotata ... :-)
Dopo le feste sono in arrivo in sala un sacco di buoni film non di
cassetta. Se avete aspettato finora rimandando la visione di
Pasengers, vi consiglio di tralasciarlo impiegando meglio il vostro
tempo e danaro.
IMDb 7,1 RT 32%
2 * “Frantz” (François Ozon, Fra, 2016) * con Pierre Niney, Paula
Beer, Ernst Stötzner
Molto superiore alle pur buone aspettative. Bel bianco e nero appena
guastato dall’idea di inserire brevi parti a colori. Questi sono
senz’altro ben fatti e sottolineano situazioni ed emozioni
particolari, tuttavia trovo che spezzino la continuità della
narrazione.
Trama interessante, concettualmente molto critica nei confronti
delle guerre nelle quali vengono mandati a morire tanti giovani e
che creano fratture inutili eppure quasi insanabili fra le
popolazioni. Si sviluppa sul filo delle bugie e finzioni (quasi
tutte con finalità buone se non addirittura nobili) intervallate da
tante svolte radicali e qualche colpo di scena.
Più che buona la recitazione, penso che Paula Beer abbia meritato il
suo premio a Venezia (ma non conosco le “avversarie”).
“Frantz” si ispira, non lo si può definire un vero remake, a “Broken
Lullaby” (Ernst Lubitsch, 1932) a sua volta basato sul testo
teatrale di Maurice Rostand “L’Homme que j’ai tué” (L’uomo che ho
ucciso).
Più che consigliato ... se è ancora in giro, non ve lo perdete.
IMDb 7,6 RT 71%
1 * “Monster” (Patty Jenkins, USA, 2003) * con Charlize Theron,
Christina Ricci, Bruce Dern
Non osando andare al cinema il 1° gennaio, ho iniziato l'anno con la
visione di "Monster"da dvd. Me lo ero perso all'uscita e quindi é
stata una "prima".
Film non proprio memorabile in quanto tale, ma certamente lo è
l'interpretazione di Charlize Theron che ha fornito un prova
eccezionale in "un corpo non suo". Al di là della trasformazione del
volto (in parte trucco) ricordo a chi non ne fosse a conoscenza che
l'attrice sudafricana ingrassò di ben 14 chili per questo ruolo che
le valse l'Oscar 2004.
Gli avvenimenti descritti nel film ricalcano la storia vera, ma
forse troppo romanzata, di quella che viene definita la prima donna
serial killer degli Stati Uniti: Aileen Wuornos (giustiziata nel
2002, dopo 10 anni nel braccio della morte).
Mi ha lasciato perplesso anche il personaggio della sua compagna,
molto meno violenta e disturbata, ma certamente non migliore della
killer.
Oscar a Charlize Theron come miglior attrice protagonista
IMDb 7,3 RT 82% |