259 “Il Buono, il Brutto, il Cattivo”
(Sergio Leone, Ita, 1966) * con Clint Eastwood, Eli Wallach, Lee Van
Cleef
Elemento conclusivo della cosiddetta “Trilogia del dollaro” (dopo
“Per un pugno di dollari e “Per qualche dollaro in più”) in merito
al quale c’è poco da aggiungere alle lodi pressoché unanimi.
Senz’altro è quello che preferisco fra i tre ed è (relativamente)
strano che l’ultimo sia il migliore ... di solito i “sequel” (anche
se non si tratta di un vero e proprio sequel) sono almeno un po’
inferiori al primo della serie in quanto è più difficile calamitare
l’attenzione degli spettatori e inserire novità.
Tralasciando ulteriori encomi alla regia di Leone, alla splendida
fotografia di Tonino Delli Colli che esalta gli in particolare gli
esterni (per lo più il solito Desierto de Tabernas, Almeria,
Spagna), l'eccezionale commento sonoro di Morricone e alle ottime
interpretazioni di Clint, Eli e Lee che sono perfetti per i
rispettivi personaggi, vengo all’unica parte che mi lascia un po’
perplesso, che trovo un po’ fuori posto, non in linea con il resto.
Si tratta di quella dell’arruolamento e della partecipazione diretta
alla guerra di secessione (o civile) americana con le scene
“dinamitarde” che sembrano tanto una prova generale (o un trailer?)
di “Giù la testa” di 5 anni dopo. Nel complesso sono approssimative,
incredibile l’esplosione simultanea (usando le micce impossibile) e
la scena finale è da B-movie.
La versione che ho guardato era di 153’ netti (praticamente non
esistono titoli di coda), ma il dvd conteneva anche 14 minuti di
scene tagliate che mi sono sembrate più interessanti e appropriate
di quelle appena citate, con tanti silenzi, il lento incedere di Lee
Van Cleef fra edifici in rovina, un confronto fra il Buono e il
Brutto, e qualcos’altro.
Il precisissimo sito IMDb informa che esistono varie versioni:
161 min, 186 min (dubbed), 179 min (2003 extended English), 142 min
(1968) (cut).
Quella che ho visto non coincide con nessuna si queste (con o senza
scene tagliate), ma era una edizione spagnola con audio italiano;
sarei curioso di vedere quella completa di oltre 3 ore o almeno
quella lunga inglese di poco più corta. Cosa mi sono perso?
Ho scelto di non affiancare alla locandina i soliti straconosciuti
fotogrammi ma alcune foto del Desierto de Tabernas, location di
centinaia di “spaghetti western”, da questo fino ai peggiori, meta
quasi obbligatoria per gli amanti del genere. Ci si può andare in
giro per ore e ore senza vedere anima viva e ci sono ancora un paio
di “studios” dove potrete vivere l’atmosfera dei western.
Film ovviamente da guardare e ri-guardare.
IMDb 8,9 RT 97% al 9° posto della classifica dei migliori film di
sempre IMDb
La mancanza di post relativi ai film nell’ultima decina di giorni è
dovuta alla visione (in 10 serate) dell’intera serie delle
“Avventure di Tintin”
249-258 - Tintin (serie tv 1991-92, Canada)
https://discettazionierranti.blogspot.com/2017/08/tintin-stephane-bernasconi-can-1991-92.html
248 * “Lucky Luciano” (Francesco Rosi, Ita, 1973) * con Gian Maria
Volonté, Vincent Gardenia, Rod Steiger, Silverio Blasi, Carlo
Mazzarella
Ennesimo esemplare ed interessante film di Rosi, sviluppato in stile
quasi documentaristico. Molto attento a non travisare i fatti, il
regista include date e fatti certi lasciando ben poco alla fantasia.
Quelli che si aspettavano il classico film di gangster
italoamericani e mafiosi siciliani rimasero delusi dal taglio
giornalistico e dalla quasi assenza di violenza e sparatorie.
Il film si avvale della solita bravura dell’ottimo Gian Maria
Volonté affiancato da alcuni nomi hollywoodiani come Vincent
Gardenia e Rod Steiger (già protagonista per Rosi in “Mani sulla
città”, 1963) e da vari personaggi che interpretano sé stessi fra i
quali l’indimenticato attore divenuto giornalista Carlo Mazzarella.
Lo definirei non solo un buon film, ma anche un interessante
rapporto (inevitabilmente conciso) in merito alle collusioni forze
alleate - mafia americana e mafia siciliana, con scambi di favori di
tutti i tipi, ad ogni livello.
Suggerisco quindi la visione per entrambe i motivi.
IMDb 6,4
247 * “El crimen de Padre Amaro” (Carlos Carrera, Mex, 2002) * con
Gael García Bernal, Ana Claudia Talancón, Damián Alcázar, Sancho
Gracia, Angélica Aragón
Audace adattamento di un famoso romanzo del portoghese Eça de
Queirós, pubblicato nel 1875, e attualizzato con tutto ill peggio
del Messico moderno. Il film fu un successo al botteghino, battendo
ogni precedente record e su anche candidato all’Oscar come miglior
film non in lingua inglese. Tuttavia ha ricevuto parecchie critiche
per aver generalizzato le critiche e per aver messo troppa carne a
cuocere. Lo sceneggiatore ha voluto includere narcos, guerriglieri,
preti ribelli e preti corrotti, riciclaggio di denaro e collusione
fra potere ecclesiastico (il vescovo) e potere politico, senza
dimenticare il condizionamento della stampa. Gael García Bernal non
mi è mai piaciuto più di tanto e questa non è neanche stata una
delle sue migliori interpretazioni. Ana Claudia Talancón può contare
solo sul suo bell’aspetto, quelli che si salvano fra gli attori sono
senz’altro Sancho Gracia, Angélica Aragón e soprattutto il sempre
ottimo Damián Alcázar.
Nel complesso è un film appena sufficiente.
IMDb 6,8 RT 62%
Manca 246 * “The Artist” (Michel Hazanavicius, Fra, 2011) *
245 * “Los motivos de Luz” (Felipe Cazals, Mex, 1985) * con Patricia
Reyes Spíndola, Alonso Echánove, Ana Ofelia Murguía, Delia Casanova
Questa è una delle varie storie tragiche e vere portate sullo
schermo da Felipe Cazals, regista apprezzato dagli addetti ai
lavori, ma politicamente scomodo. Se non avete modo di guardarli,
almeno leggete qualcosa in merito a “Canoa” (studenti in vacanza
vengono accusati da un prete di essere comunisti e quindi linciati
dai bigotti locali), “El apando” (primo lavoro “serio” che mostra la
situazione nelle carceri messicane), “Las Poquianchis” (soprannome
di tre sorelle tenutarie di un bordello, assassine e dedite ad ogni
crimine), fino a “Chicogrande” (episodio della spedizione punitiva e
caccia dell’esercito americano nei confronti di Pancho Villa) le cui
riprese furono ostacolate direttamente da Margarita López Portillo
(direttrice di Radio, Televisione e Cinemamessicani) sorella del
Presidente della Repubblica.
Anche “Los motivos de Luz” è basato sulla storia vera di una donna
trovata ubriaca al lato dei cadaveri dei suoi 4 figli, da 1 a 6
anni. Non fu mai possibile accertare l’esatto svolgimento
dell’eccidio, ma nel 1984 la vera Elvira Luz Cruz fu prima
condannata a 23 anni di carcere e quindi (dopo l’uscita del film)
assolta e rilasciata. All’epoca divenne un simbolo delle femministe
che addossavano tutte le colpe alla società e al machismo.
Addirittura intentò una causa nei confronti degli autori del film
che però vennero assolti in quanto si erano basati sui fatti così
come risultavano dalle udienze del processo e notizie riportate
dalla stampa.
Il film si può definire sperimentale, con lunghi dialoghi fra
l’accusata e la psicologa e con le interviste a suocera e compagno.
Non concedendo assolutamente niente allo spettacolo, resta un
documento preciso, rigoroso, un esempio di ottimo giornalismo più
che di cinema vero e proprio.
Buon film, ma solo per chi è interessato al tema.
IMDb 7,3
244 * “Michael Clayton” (Tony Gilroy, USA, 2007) * con George
Clooney, Tilda Swinton, Tom Wilkinson
Solido thriller in ambiente lobbistico-giudiziario. Tanti i bravi
attori - che non deludono - fra i quali spicca il solito Tom
Wilkinson, ma si deve anche notare l’interpretazione di Sidney
Pollack che si diletta a fare l’attore ma, per chi non lo
ricordasse, ha vinto 2 Oscar come regista (Out of Africa) e conta
varie Nomination a cominciare dalla sua prima nel 1970 per il cult
“Non si uccidono così anche i cavalli?”. In questo caso è anche
co-sceneggiatore e produttore.
Merita senz’altro una visione.
IMDb 7,3 RT 90% *
1 Oscar (Tilda Swinton non protagonista) + 6 Nomination (miglior
film, regia, George Clooney protagonista, Tom Wilkinson non
protagonista, sceneggiatura, musica originale)
243 * “Nuovo Cinema Paradiso” (Giuseppe Tornatore, Ita, 1988) * con
Philippe Noiret, Salvatore Cascio, Marco Leonardi, Jacques Perrin
... e tanti altri volti conosciuti
Non penso che Tornatore abbia bisogno di presentazioni, ma mi sembra
giusto sottolineare che è regista poco prolifico, con solo una
dozzina di film diretti nell’arco di 30 anni, quasi tutti
pluripremiati e acclamati anche a livello internazionale, di essi è
anche autore di soggetto e sceneggiatura ... circa la metà sono
ambientati nella sua Sicilia. “Nuovo Cinema Paradiso” è il suo
lavoro più famoso ed è quello che gli ha fatto vincere l’Oscar come
miglior film in lingua non inglese (anche se in questa categoria la
statuetta non va direttamente al regista).
Si tratta senz’altro di un tributo al “CINEMA” in tutte le sue
sfaccettature sociali, dal punto di vista degli spettatori di un
minuscolo paese di provincia. Non si può non pensare a un parallelo
con “Amarcord” di Fellini nel quale, similmente, venivano descritti
tanti personaggi particolari eppure abbastanza realistici se visti
in quel determinato ambiente.
Una quantità di buoni attori e caratteristi italiani interpretano i
loro ruoli in modo verosimile, finanche Enzo Cannavale che per il
resto si è guadagnato da vivere con le peggiori commedie ...
Fra i protagonisti spicca ovviamente Noiret ed è spassoso il
giovanissimo esordiente Salvatore Cascio, si difende Perrin nel suo
striminzito ruolo, Leonardi conferma la mia opinione espressa nel
post precedente a proposito di “Come acqua per la cioccolata”
(seppur successivo) ... mi sembra un vero incapace.
Per quanto detto pocanzi, trovo giusto citare almeno alcuni dei
co-protagonisti che “nel loro piccolo” non sfigurano di certo se non
paragonati a Noiret: Leopoldo Trieste, Tano Cimarosa, Isa Danieli,
Leo Gullotta, Pupella Maggio, Nicola Di Pinto e il già citato
Cannavale.
Infine, per i vecchi (o almeno incalliti) incorreggibili cinefili
c’è lo sfizio di riconoscere poster, foto e spezzoni di film che
hanno fatto la storia del cinema, dai muti con Eric Von Stroheim,
Rodolfo Valentino e Charlie Chaplin, a quelli degli anni ’30 come
Addio alle armi, Pepè le Mokò e Ombre rosse, ai classici italiani
del dopoguerra Riso amaro e Catene, vari film di Totò, e tanti
altri.
Dopo le tante citazioni sparse nell’arco delle quasi 2 ore del film,
nel finale viene mostrato un divertente rapido montaggio dei “baci”
tagliati da Noiret su intimazione dell’inflessibile Padre Adelfio.
Da guardare e riguardare con un occhio particolare ai dettagli e a
qualche incongruenza/sfasatura ... neanche questo ne è del tutto
esente.
IMDb 8,5 RT 90%
* Al 55° nella classifica IMDb dei migliori film di sempre
242 * “Como agua para chocolate” (Alfonso Arau, Mex, 1997) tit. it.
“Come l'acqua per il cioccolato” * con Marco Leonardi, Lumi Cavazos,
Regina Torné
In passato mi era capitato di vederne vari spezzoni e non mi aveva
mai attirato più di tanto, a inizio anno per puro caso ho trovato il
dvd e l’ho comprato.
Come film non mi ha certo entusiasmato, ma la storia (in particolare
per la parte culinaria) è affascinante, quasi seducente. Capisco che
non è possibile tradurre in immagini le sottigliezze della cucina
che, forse, si possono solo apprezzare con una descrizione minuziosa
e letterale delle tante sensazioni di chi cucina ...
Visto che mi diletto ai fornelli, sto prendendo in considerazione di
leggere l’omonimo libro di gran successo da cui è tratto il film.
Per inciso, il regista Arau già nel 1975 aveva sposato Laura
Esquivel, autrice sie del libro che della sceneggiatura.
Come dicevo, il film mi è sembrato un po’ pretenzioso, con dettagli
luci e colori da spot pubblicitario, recitazione da telenovela con i
due protagonisti bellocci, ma abbastanza incapaci. Per tutti i
succitati, che ebbero una certa fama proprio da questo film, “Como
agua para el chocolate” è rimasto il loro miglior lavoro ... Arau ha
diretto solo altri 4 film nei successivi 18 anni, Lumi Cavazos ha
recitato in altri film (tutti trascurabili) fino al 2010 per poi
passare definitivamente alle serie TV, Marco Leonardi che già 4 anni
prima aveva ricoperto un importante ruolo in “Nuovo Cinema Paradiso”
di Tornatore non è riuscito ad affermarsi e si barcamena fra cinema
e serie TV, per lo più italiane.
In conclusione, la cucina (come ambiente) è quella che ha calamitato
di più la mia attenzione, con la sua sovrabbondanza di ogni tipo di
cibo, degna della cucina di un re di un paio di secoli fa, le
“esposizioni” di verdure e cacciagione sembrano nature morte, gli
utensili e i fornelli di una volta sono estremamente interessanti.
Piacevole da vedere, se sopportate le gravi pecche nella recitazione
e nella realisticità della storia che però, è doveroso ricordare,
vuole essere di fantasia, tendente al magico.
IMDb 7,2 RT 90%
241 * “The full monty ” (Peter Cattaneo, UK, 1997) tit. it.
“Squattrinati organizzati” * con Robert Carlyle, Tom Wilkinson, Mark
Addy
Vorrei incontrare chi “inventa” i titoli italiani che poco o niente
hanno a che vedere con quelli originali. Potrebbero anche essere
geni del marketing ma, onestamente, ne dubito.
Ma veniamo al film. Ouasi esattamente 20 anni fa (14 agosto 1997)
questa insolita commedia drammatica fu presentata al Festival di
Locarno, suscitando un discreto scalpore, ma anche tanti commenti
positivi. Successivamente approdò anche agli Oscar con 4 Nomination,
miglior film, regia, sceneggiatura e colonna sonora aggiudicandosi
l’ambita statuetta in quest’ultima categoria.
Nella una volta ricca e prospera Sheffield (capitale dell’acciaio
inglese) regna ora la disoccupazione e la conseguente disperazione
di molti ... operai e dirigenti. Una mezza dozzina di loro decidono
di fare un po’ di soldi con un “audace” spettacolo.
Questa ottima commedia riesce ad alternare momenti drammatici e
comici, quasi surreali, forte anche di un cast eccellente che conta,
fra gli altri, su Robert Carlyle, il meno conosciuto Mark Addy e Tom
Wilkinson, sempre bravissimo, in qualunque ruolo, in qualunque
genere.
Se potete, guardatelo in versione originale ma, anche se siete
abbastanza ferrati in inglese “classico”, accertatevi di avere anche
i sottotitoli a disposizione, l’accento e lo slang (fondamentali
nella dinamica del film) non sempre sono facili da seguire.
Ieri sera mi sono divertito di nuovo e non poco, chi conta vari
decenni come me gradirà anche la colonna sonora “d’epoca”.
Comunque, da non perdere, lo consiglio a tutti.
IMDb 7,2 RT 95%
240 * “Comme une image” (Agnès Jaoui, Fra, 2004) tit. it.
“Così fan tutti” * con Marilou Berry, Jean-Pierre Bacri, Agnès Jaoui
Dramma molto articolato (si potrebbe dire “interlacciato”) che si
sviluppa fra innumerevoli (pessime) relazioni a molteplici livelli
fra genitori e figli, compagni, colleghi, insegnati e allievi,
ognuno legato per diversi motivi a vari altri. L'ipocrisia e
l'egoismo regnano sovrani (da cui il titolo italiano ... suppongo),
ma anche l'incomprensione ha un ruolo determinante.
La regista e protagonista Agnès Jaoui propone varie situazioni
interessanti, ma per metterle tutte insieme non ne approfondisce
nessuna a dovere e si riduce a narrare una serie di eventi in modo
abbastanza scollegato.
Film fatto quasi in famiglia visto che il ruolo principale (un
odioso e insopportabile scrittore di successo, ma al momento senza
ispirazione) è ricoperto da Jean-Pierre Bacri, marito della regista.
Il resto del cast è sulla sufficienza, niente di più.
In sostanza interessante, con buoni spunti di contrasti
sociali/familiari/affettivi, purtroppo lasciati quasi inesplorati;
quindi, pur fornendo buoni spunti di discussione, dice ben poco.
IMDb 6,9 RT 94%
239 * “Role models” (David Wain, USA, 2008) * con Paul Rudd, Seann
William Scott, Elizabeth Banks, Christopher Mintz-Plasse
Film giuntomi in un blocco, sapendo di che trattava non lo avrei
certo cercato. Fa parte di quella serie di commedie semidemziali
(più che altro con protagonisti dementi), più o meno giovanili, con
una certa dose di turpiloquio e allusioni sessuali di bassa lega.
A dire il vero non è fra i peggiori del genere e si prende gioco di
alcune situazioni tipicamente americane. Ma ciò non lo salva e gli
interpreti non aiutano ...
Solo sporadicamente arguto, spesso sopra le righe, per lo più
scontato.
Ce l'avevo e l'ho visto, dopo vari anni di rinvii ..., ma non ve lo
consiglio.
IMDb 6,9 RT 78%
238 * “A Wednesday” (Neeraj Pandey, India, 2008) trad. lett.
“Un mercoledì” * com Anupam Kher, Naseeruddin Shah, Jimmy Shergill
Avendo trovato più volte il titolo elencato nelle varie classifiche
di film indiani, o asiatici in genere e addirittura in quella dei
migliori film di tutti i tempi di IMDB (dove si trova al 180° posto,
con un ottimo 8,3) ho scaricato video e sottotitoli e melo sono
guardato, non senza “apprensione”. Il genere non è dei miei
preferiti (thriller-poliziesco-terroristico) e temevo una cattiva
realizzazione di qualche storia già vista e riadattata in stile
Bollywood. Niente di tutto ciò. C’è suspense, buona regia (tranne
che per qualche inquadratura ripetuta troppe volte), ottimi attori,
musica appropriata (indiana, ma senza canzoni né balli), durata
giusta (101’) e l’ultima mezz’ora è un vero e proprio susseguirsi di
colpi di scena, fino al fermo immagine conclusivo dopo il quale
iniziano a scorrere i titoli di coda.
In breve (tentando di non svelare niente) un uomo minaccia di far
esplodere bombe a Mumbai e per non farlo chiede il rilascio di
alcuni terroristi ... e ho già detto troppo. Sembra la solita trama,
ma vi assicuro che non è così.
Sceneggiatura ottima, tempi giusti, forse si può solo obiettare
sulla “morale” ...
Assolutamente consigliato, specialmente a chi è aperto alle
cinematografie di altre culture.
IMDb 8,3 * al 53° posto nella
classifica IMDb
dei migliori film indiani di sempre
ATTENZIONE: al contrario dell’originale, il remake ufficiale
hollywoodiano 'A Common Man' (diretto Chandran Rutnam, 2013, con Ben
Kingsley e Ben Cross) deve essere tutt’altra cosa in quanto “vanta”
un miserrimo 4,7 su IMDb e su RT c’è una sola recensione (ampiamente
negativa) e il gradimento del pubblico è stato del 18%!
237 * “Gulliver's Travels” (Dave Fleischer, USA, 1939) tit. it.
“I viaggi di Gulliver” * animazione
Secondo lungometraggio di animazione nella storia del cinema, di due
anni successivo a “Biancaneve e i 7 nani” di Disney. Purtroppo per i
Fleischer Studios, il film uscì in un pessimo momento dal punto di
vista commerciale, a Natale 1939 con la incombente guerra in Europa
dove quindi fu distribuito poco e male. Ciò fu una delle concause
del loro successivo fallimento e da allora Disney ebbe praticamente
il monopolio del settore.
Il film tratta solo della prima parte della storia (che suppongo
conosciate), cioè quella relativa al naufragio e alle sue avventure
nel Regno di Lilliput. Pur non apprezzando più di tanto il genere,
devo dire che non mi è dispiaciuto e l’ho trovato meno sdolcinato
degli omologhi disneyani di metà secolo scorso. In merito
all’animazione si può avere qualche riserva, ma i disegni li ho
trovati più che buoni e direi migliori di tante altre produzioni
moderne generate con i computer. Ogni immagine fu disegnata a mano e
i fondali erano ad acquerello. Pur essendo un film di quasi 80 anni
fa, vi potete godere l’ottima versione restaurata, attualmente
disponibile gratuitamente in rete (anche in HD 1080p) essendo
divenuta opera di Pubblico Dominio.
Secondo me merita una visione anche se fosse solo per fare un
raffronto con i film d’animazione successivi.
IMDb 6,8 RT 67%
236 * “Too hot to handle” (Terence Young, UK, 1960) tit. it.
“Londra a mezzanotte” * con Jayne Mansfield, Leo Genn, Karlheinz
Böhm, Christopher Lee
Un misto commedia, musical e gangster story che si svolge a Soho
(Londra) e che vede la “guerra” - mal mascherata - fra i gestori di
due locali di striptease, uno di fronte all’altro, nella stessa
strada. Ai tentativi di ricatto, fughe rocambolesche, un
doppiogiochista, pezzi musicali, vita nei camerini dove, ovviamente,
non tutte le ragazze vanno d’accordo, si aggiunge un intrigante
giornalista francese con fotografo al seguito ... e non tutti
gradiscono.
Il finale resta un po’ vago e delle tante possibile conclusioni
sembra essere quella meno accattivante e certamente la meno
probabile.
Da notare che il regista è Terence Young, il quale un paio di anni
avrebbe diretto i primi 4 film della serie di James Bond. Nel cast
si fa notare Jayne Mansfield, stavolta non solo per la sua presenza,
ma anche pre una più che onesta interpretazione e, seppur in un
ruolo secondario, Christopher Lee.
Pur lungi dall’essere memorabile o imperdibile, è un buon film
d’epoca.
IMDb 6,5
235 * “Confession” (Ken Hughes, UK, 1955) aka “The deadliest sin” in
USA * con Sydney Chaplin, Audrey Dalton, Jefferson Clifford
Noir inglese abbastanza poco convenzionale, con varie situazioni che
si sviluppano in modo abbastanza inaspettato. Soci in una rapina che
si scontrano per il bottino, una uccisione quasi non voluta, una
seconda premeditata, una storia d’amore stroncata sul nascere, un
difficile rapporto padre-figlio e una confessione “pericolosa” e
ovviamente un prete ...
Ben girato e ben interpretato, non ha molto da invidiare ai ben più
noti analoghi film di oltreoceano.
Se piace il genere, da non perdere.
IMDb 6,7
234 * “The man called back” (Robert Florey, USA, 1932) * con Conrad
Nagel, Doris Kenyon, John Halliday
Qualche storico del cinema ha definito un “pre-noir” questo insolito
mix fra melodramma, thriller e court movie, che inizia in un’isola
malese e termina in un tribunale londinese, di produzione americana,
con regista francese. Quest’ultimo non è molto noto, ma fu fra gli
sceneggiatori del classico Frankenstein del 1931 con Boris Karloff
... in effetti gli fu soffiata la regia, ma in compenso gli fu
affidata quella dei “Delitti della Rue Morgue” (1932, con Bela
Lugosi) altro classico horror tratto dall’omonima storia di E. A.
Poe.
Film piacevole, che pur essendo essenziale e di durata relativamente
breve (74’), riesce a delineare bene i caratteri dei vari
personaggi. La trama è tutt’altro che banale e scontata ed in
chiusura riserva agli spettatori un paio di sorprese.
Prodotto d’epoca che, nella sua semplicità, è più che godibile.
Chi se la cava con l’inglese lo può
scaricare gratuitamente anche a 720p , ma si trova facilmente
anche su youtube e altri siti.
IMDb 6,2
233 * “La nana” (Sebastián Silva, Cile, 2009) tit. it. “Affetti &
dispetti ” * con Catalina Saavedra, Claudia Celedón, Alejandro Goic
Film cileno pluripremiato (34 premi e 21 Nomination, fra le quali
una ai Golden Globe) giunto in Italia grazie al Festival di Torino.
Discreto film ma non del tutto convincente, gli ho concesso una
seconda visione dopo quella di una mezza dozzina di anni fa, ma la
mia opinione non è cambiata.
La protagonista quarantenne, a servizio nella stessa benestante
famiglia cilena per la metà della sua vita, viene presentata come
una donna troppo insoddisfatta, acida e introversa per durare tanto
nello stesso ambiente. I suoi scontri con vari membri della famiglia
e soprattutto con le varie “aiutanti” sono poco plausibili, così
come la conclusione della storia. Con le dovute riserve considerati
i personaggi, gli attori sono tutti da apprezzare e la regia, pur
con eccessivo uso della camera a spalla, non è male.
Penso che i buoni rating siano soprattutto dovuti al fatto di essere
stato prodotto in un paese che sforna ben poco e si vede anche
tenendo conto degli altri film del regista, solo alcuni dei quali
raggiungono la sufficienza.
IMDb 7,4 RT 94
232 * “Still Alive: A Film About Krzysztof Kieslowski” (Maria
Zmarz-Koczanowicz, Pol, 2006) * con Irene Jacob, Wim Wenders,
Krzysztof Kieslowski
Interessante documentario che ripercorre la vita professionale di
Kieslowski, dagli anni della scuola, ai primi documentari, dai
rapporti non sempre facili con il potere comunista a Solidarność,
dalle prime sottovalutate proiezioni ai festival fino all’unanime
acclamazione a Cannes, a Berlino, a Venezia e alle Nomination
all’Oscar.
I tanti amici, colleghi, critici e collaboratori con le loro brevi
interviste delineano un ritratto di un regista meticoloso, creativo
e testardo, concentrato sul suo lavoro, sempre al limite fra ciò che
si poteva dire e/o mostrare e ciò che era “vietato”.
Per apprezzare il documentario, tuttavia, si deve conoscere almeno
parte dei lavori di Krzysztof Kieslowski i più accessibili dei quali
sono i 10 episodi del “Decalogo”, “La doppia vita di Veronica” e la
trilogia dei colori (Film Blu - Film Bianco - Film Rosso), suo
ultimo lavoro.
Morì nel 1996, a soli 55 anni, dopo essere arrivato in pochissimo
tempo e con poche regie ad essere osannato come uno dei più grandi
registi moderni.
IMDb 7,7
231 * “Kill Bill: Vol. II” (Quentin Tarantino, USA, 2004) tit. it.
“Kill Bill - Volume 12” * con Uma Thurman, David Carradine, Michael
Madsen
Conclusa la lunga “introduzione” con l’eliminazione di un paio di
soggetti sulla “lista nera” di Uma, ecco la seconda metà, più
parlata, a tratti quasi filosofica, con scontri più brevi e
sorprendenti, punteggiata da racconti significativi e azioni a dir
poco sadiche.
Dialoghi, colonna sonora, inquadrature, colori e dettagli ancora una
volta calamitano l’attenzione dello spettatore attento che sa
leggere (almeno in parte) riferimenti e citazioni e, al contrario di
quelli superficiali e distratti, sa che in un film di Tarantino
niente è casuale.
Il buon Quentin si conferma un maestro nel padroneggiare un formato
non facile come il Panavision (2.35 : 1) e ciò, ovviamente, vale
anche per l'altro.
Da guardare, ovviamente a brevissima distanza di tempo dal Vol. I,
ancora meglio se in continuità.
IMDb 8,0 RT 84%
230 * “Kill Bill: Vol. I” (Quentin Tarantino, USA, 2003) tit. it.
“Kill Bill - Volume 1” * con Uma Thurman, Lucy Liu, Vivica A. Fox,
Daryl Hannah
Ho aspettato di ri-guardare anche il “Vol. II”, in sequenza, prima
di stendere le due micro-recensioni. Dovrebbe essere chiaro a tutti
che Tarantino l’ha pensato come un solo film e che è stato
distribuito in due parti per motivi commerciali ... il secondo non è
un sequel, è il completamento della storia lasciata a metà nel
primo.
Ovviamente non stupisce l’abbondanza di sangue, né il linguaggio, né
i temi e pertanto ciò che è da apprezzare di più sono le scene in sé
e per sé, il montaggio, i frequenti dettagli mostrati in primo
piano, il lungo inserto realizzato con disegni in stile “anime” e,
assolutamente non da ultimo, la variegatissima e sempre appropriata
colonna sonora che include ben oltre 30 temi e canzoni.
Tuttavia, devo dire che ho trovato la scena che precede lo scontro
di Uma Thurman (the Bride) con O-Ren Ishii (Lucy Liu) eccessivamente
lunga e ripetitiva, rompe il ritmo fino a quel punto incalzante e,
pur volendola vedere come un omaggio ai B-movie di arti marziali
orientali, stona rispetto al resto.
Tarantino presenta vari personaggi (in primis The Bride) senza
lasciar trapelare troppo, proponendo molti avvenimenti in modo vago
e avvolti nel mistero, i flashback aiutano ma non sono esaurienti,
del Bill del titolo ci fa sentire solo a voce, si vede una sua mano,
ma non il volto.
IMDb 8,1 RT 85% * al 180°
posto nella classifica IMDb dei migliori film di sempre
229 * “Midnight Cowboy” (John Schlesinger, USA, 1969) tit. it.
“Un uomo da marciapiede” * con Dustin Hoffman, Jon Voight, Sylvia
Miles
Film che ha fatto epoca, emblematico nell’ambito della rivoluzione
del Nuovo Cinema Americano (American New Wave) soprattutto per aver
portato sullo schermo, in modo abbastanza esplicito per l’epoca,
scene di prestazioni sessuali a pagamento (in questo caso da parte
del protagonista, un “gigolò”), di un doppio stupro e di incontri
omosessuali. All’uscita fu addirittura classificato “X” come i film
pornografici e solo dopo vari anni (pur senza tagliare niente) passò
a “R”.
Superba l’interpretazione di Dustin Hoffman, per molti (me compreso)
la migliore della sua lunga carriera ... avrebbe meritato l’Oscar
che invece andò a John Wayne per “True Grit”. Quest’ultimo, già ben
noto per le sue idee “conservatrici”, criticò aspramente e in modo
palesemente omofobo i temi trattati in “Midnight Cowboy”.
"Wouldn't you say that the wonderful love of these two men in
Midnight Cowboy, a story about two fags, qualifies as a perverse
movie?"
Non è chiaro se questo suo astio fu accresciuto dal fatto di essere
anche citato (seppur in modo non offensivo) in un dialogo fra Ratso
(Hoffman) e Joe (Voight) a proposito dei cowboy:
Ratso : "Cowboys are fags!"
Joe: "John Wayne is a cowboy! Are you calling John Wayne a fag?"
A mio modesto parere è un gran film, non solo per quello che
rappresentò all’epoca, ma anche per il modo di raccontare la storia
di Joe Buck, sprovveduto giovane texano che da un paesino del sud si
trasferisce a New York dove pensa di fare un mare di soldi
semplicemente e “piacevolmente”. Il rapido montaggio, in particolare
per le tante scene di ricordi, piacevoli e spiacevoli, sogni e
fantasie, con alternanza di bianco/nero e colore è uno dei migliori
che ricordi. Cinematograficamente parlando, lo trovo un film fatto
talmente bene che le parole sono superflue.
Sarei curioso di sapere se e quante volte “Un uomo da marciapiede” è
passato in TV in edizione integrale ...
La canzone “Everybody's Talkin' “ (composta da Fred Neil e cantata
da Harry Nilsson), eseguita più volte nel corso del film, divenne un
successo internazionale
Senz’altro un film da non perdere, per il soggetto e la
sceneggiatura, le interpretazioni, la regia, il montaggio e la
Musica! Cosa volete di più?
IMDb 7,9 RT 90% *
3 Oscar (miglior
film, regia, sceneggiatura non originale) e altre 4 Nomination per
entrambe gli attori protagonisti Dustin Hoffman, Jon Voight, per
Sylvia Miles non protagonista e per il montaggio.
228 * “The Silence of the Lambs” (Jonathan Demme, USA, 1991) tit.
it.
“Il silenzio degli innocenti” * con Jodie Foster, Anthony Hopkins,
Lawrence A. Bonney
Pur apprezzandolo, non mi entusiasmò quando lo vidi oltre 25 anni fa
né lo ha fatto ieri sera. Concordo su elogi e lodi all’indirizzo di
Anthony Hopkins, del film nel complesso e della regia, ma continuano
a non convincermi l’interpretazione di Jodie Foster e la
sceneggiatura che la presenta pressoché come una incapace ... altro
che “agente speciale” (oltretutto non sopporto la sua voce/pronuncia
con la bocca quasi chiusa e le labbra serrate).
Diciamo che in genere tutto il sistema FBI, polizia, istituti di
rieducazione e compagnia bella sembrano un’armata Brancaleone.
Stavolta si esagera in senso opposto a quei film nei quali tutti
capiscono tutto immediatamente, sono sempre pronti all’azione e,
ovviamente, sono infallibili. A me piacciono di più i film con
personaggi più “umani” e almeno in parte credibili, pur convenendo
che le storie inusuali sono quelle che affascinano. Ripeto, soggetto
ottimo, sceneggiatura non all’altezza.
Pur trovando spropositata la sua 23^ posizione nella classifica dei
migliori film di tutti i tempi di IMDB (ma chi crede più alle
classifiche? al massimo forniscono qualche input o ci ricordano
qualche titolo dimenticato), mi sento di suggerire una attenta
visione de “Il silenzio degli innocenti”.
5 Oscar (miglior film, regia, sceneggiatura non originale e migliori
protagonisti Anthony Hopkins e Jodie Foster) e altre 2 Nomination
per sonoro e montaggio.
IMDb 8,6 RT 95%
227 * “Carne trémula” (Pedro Almodóvar, Spa, 1997) * con Liberto
Rabal, Francesca Neri, Javier Bardem, Angela Molina, José Sancho,
Penelope Cruz,
Più guardo e ri-guardo i film di Almodóvar e più li apprezzo. Al di
là delle sue storie talvolta estreme, contorte, a spirale e spesso
circolari con corsi e ricorsi di situazioni e scene, trovo che
dimostri sempre un “buon gusto” (non sempre buongusto), con
immagini, colori (inclusi i soliti classici colpi di rosso) e
dettagli accompagnati da ottime colonne sonore (anche stavolta uno
struggente pezzo di Chavela Vargas).
In “Carne trémula” ci propone (è co-sceneggiatore) non un triangolo
ma un “pentagono” con due coppie e un elemento di disturbo (e
relativamente disturbato, ma neanche gli altri scherzano) in una
storia che si avviluppa su sé stessa, con tante incredibili
coincidenze e casualità, forse poco credibili e plausibili eppure
possibili, piazzate magistralmente nel corso di tutto il film.
Ottimo il cast, dai protagonisti agli attori di “contorno”, quasi
tutti icone del cinema spagnolo e/o appartenenti a varie famiglie
storiche. Liberto Rabal è nipote di Francisco “Paco” Rabal, Javier
Bardem è nipote del grande regista Juan Antonio Bardem e di sua
sorella minore Pilar che in questo film interpreta Doña “Centro de
Mesa”.
Ri-guardato con molto piacere, e ovviamente lo consiglio.
IMDb 7,4 RT 80%
226 * “Cabaret” (Bob Fosse, USA, 1972) * con Liza Minnelli, Michael
York, Joel Grey, Helmut Griem, Marisa Berenson
Storia debole e (pretestuosi) riferimenti al nascente nazismo a
parte, è un ottimo film.
Eccezionale Joel Grey, brava Liza Minelli, eccellente la colonna
sonora e la parte visuale nel complesso.
Non per niente si aggiudicò ben 8 Oscar (Liza Minelli protagonista,
Joel Grey non protagonista, regia, fotografia, scenografia,
montaggio, sonoro, musica originale) e solo le altre 2 Nomination
(miglior film e sceneggiatura non originale) non si trasformarono in
altrettante statuette.
Consigliato.
IMDb 7,8 RT 97%
225 * “The Ninth Guest” (Roy William Neill, USA, 1934) * con Donald
Cook, Genevieve Tobin, Hardie Albright
Buon mistery-thriller, precursore dei classici stile Agatha Christie
ed in quanto alla trama questo ricorda molto il suo giallo “10
little indians” e quindi le innumerevoli successive versioni e
adattamenti sia cinematografici che televisivi.
In questo caso 8 membri dell'alta società newyorchese vengono
invitati a mezzo telegramma ad una festa in un lussuosissimo
penthouse. Dopo aver appurato che nessuno dei presenti (che si
conoscono tutti fra loro, ma non sono certo tutti amici) è il
mittente degli inviti, né il padrone di casa, una voce da una radio
li informa che non possono uscire dall’appartamento e inizia una
specie di sfida “psicologica”, una specie di gioco della verità nel
quale la penalità è la morte.
Niente male.
IMDb 7,1 RT 90%
224 * “En construccion” (José Luis Guerín, Spa, 2001) * con Juana
Rodríguez Molina, Iván Guzmán Jiménez,Juan López López
Particolare ed interessantissimo documentario, privo di ogni
commento con voce fuori campo. Attento, acuto, e particolarmente
umano propone le reazioni di tutti quelli coinvolti in un modo o
nell'altro nella demolizione di un vecchio edificio e la costruzione
di un moderno grande condominio in un quartiere popolare di
Barcellona. Deliziosi i commenti del "pubblico" che segue l'attento
lavoro degli archeologi dopo la scoperta di una necropoli romana
scavando per le nuove fondamenta. Egualmente appassionanti sono i
racconti dei pensionati che ricordano avvenimenti vari e le loro
molto particolari interpretazioni di problemi legati a economia,
urbanistica, demografia e chi più ne ha più ne metta, l'interazione
degli operai con gli "osservatori" affacciati da finestre e balconi
circostanti o appena dietro reti e transenne, i diversi rapporti fra
capomastri, supervisori e maestranze, che includono molti immigrati
nord-africani, il tutto ai margini del "barrio chino" (quartiere
cinese).
Unico elemento negativo, a mio parere, è le troppe scene dedicate
alla giovane coppia di squatters tossicodipendenti.
Mi sembrano assolutamente meritati i 3 premi a San Sebastián e il
Goya come miglior documentario per questo singolare racconto che va
dal progetto finanziato con fondi europei alla vendita degli
appartamenti, passando per demolizione e ricostruzione.
IMDb 7,6
223 * “The Big Wheel” (Edward Ludwig, USA, 1949) tit. it. “La pista
di fuoco” * con Mickey Rooney, Thomas Mitchell, Mary Hatcher
Film abbastanza scadente, dvd comprato solo per la presenza di
Mickey Rooney, non particolare conosciuto in Italia, ma famosissimo
negli States. Oltre 100 film e innumerevoli serie televisive, attivo
fino ai suoi ultimi giorni di vita (“Notte al museo - Il segreto del
faraone”, 2014, a quasi 94 anni), vita hollywoodiana molto intensa,
con ben 8 matrimoni, il primo dei quali nientemeno che con Ava
Gardner.
La sua particolarità? la statura, solo 1,57, ben 11cm in meno della
suddetta Ava. Proprio per la sua altezza per anni a ricoperto ruoli
del ragazzini imberbi, come è stato anche in questo caso all’età di
29 anni.
Tutto si svolge a margine delle gare automobilistiche in pista,
prima su quelle sterrate di provincia e infine a Indianapolis.
Si fa guardare solo per curiosità, ma come detto in apertura vale
ben poco.
IMDb 5,7
222 * “Take the money and run” (Woody Allen, USA, 1969) tit. it.
“Prendi i soldi e scappa” * con Woody Allen, Janet Margolin, Marcel
Hillaire
Primo vero film di Allen, costruito quasi come un documentario sulla
vita di un criminale (da strapazzo). Commedia abbastanza divertente
(con solo alcuni spunti geniali) che portò il regista newyorkese
all’attenzione del grande pubblico. Molti la giudicano una delle
migliori di Woody Allen che cominciò ad esibire la sua vasta gamma
di facce, smorfie e balbettii che poi divennero quasi il suo
“marchio di fabbrica”.
La scelta del semidocumentario implica chiaramente tanta voce fuori
campo che altrettanto ovviamente appesantisce la narrazione e il
film si riduce ad una serie di sketch, divertenti ma abbastanza
slegati fra loro. Meritano certamente i commenti dei genitori del
“criminale” che, per la vergogna, rispondo alle domande
dell’intervistatore cercando di rendersi irriconoscibili con naso
finto, baffi e sopracciglia cespugliose, rassomigliando quasi a
Groucho Marx.
Se invece della commedia preferite guardare un semi-documentario
serio, fra il noir e il poliziesco, vi consiglio senz’altro “The
Naked City” (Jules Dassin, 1948, 2 Oscar, con Barry Fitzgerald).
Woody Allen non è certo il mio regista preferito, riconosco che ha
prodotto qualche discreta sceneggiatura, come “attore” non lo
sopporto.
Dovranno passare vari decenni prima che ri-guardi “Prendi i soldi e
scappa” e prima di allora certamente mi godrò almeno un altro paio
di volte “The Naked City”.
IMDb 7,3 RT 90%
221 * “Exodus” (Otto Preminger, USA, 1960) * con Paul Newman, Eva
Marie Saint, Ralph Richardson, Peter Lawford, Lee J. Cobb, Sal Mineo
Lunghissimo (3h19’) film che ci fa conoscere un periodo della
travagliata nascita dello stato di Israele, pochi anni dopo la fine
della guerra, quando la Palestina era ancora sotto il dominio
inglese. Storicamente interessante anche se non vi so assolutamente
dire quanto sia accurato, ma certamente ci deve essere molta verità.
La precisa regia di Premiger certamente si fa notare, così come le
buone interpretazioni degli attori, Paul Newman su tutti, mentre le
due donne sono penalizzate dai loro personaggi più o meno insulsi,
certamente irritanti. Non mi convince del tutto la Nomination
ottenuta da Sal Mineo come attore non protagonista (lo ricorderete
nel ruolo di Plato in “Gioventù bruciata”).
“Exodus” vinse l’Oscar per la miglior colonna sonora di film
drammatico e ottenne anche un’altra Nomination per la fotografia a
colori curata da Sam Leavitt.
Da guardare solo se motivati (qualunque siano i motivi), altrimenti
non si giunge alla fine ...
IMDb 6,8 RT 64%
220 * “Eye of the Needle” (Richard Marquand, UK, 1981) tit. it.
“La cruna dell’ago” * con Donald Sutherland, Kate Nelligan, Stephen
MacKenna
Thriller storico ambientato in UK nei giorni che precedettero lo
sbarco in Normandia. Lessi l’omonimo romanzo di Ken Follet (non fra
i miei autori preferiti, ma di gran lunga migliore del
sopravvalutassimo Dan Brown) molti anni fa e poi vidi anche il film.
Anche riguardandolo ora resto dell’idea che il film è ben lontano
dalla qualità del libro e non basta un buon Donald Sutherland a
risollevarne le sorti.
Richard Marquand è un regista relativamente poco conosciuto con solo
7 film all’attivo nell’arco di un decennio (1978-87), fra i quali
però c’è anche il VI episodi di Guerre stellari, Il ritorno dello
Jedi. Secondo il sito Rotten Tomatoes, “La cruna dell’ago” dovrebbe
essere il suo miglior film, ma al di là delle buone scenografie, il
buon testo originale e la bella fotografia, mi sembra che la regia
sia lungi dall’essere memorabile.
Discreto film, se piace il genere; potendo scegliere fra libro e
film, libro senza dubbio.
IMDb 7,1 RT 85%
219 * “M.A.S.H.” (Robert Altman, USA, 1970) * con Donald Sutherland,
Elliott Gould, Robert Duvall, Tom Skerritt, Sally Kellerman
Indimenticabile commedia cult, dissacrante e dirompente, che tratta
in modo estremamente graffiante e, per alcuni, irrispettoso i drammi
quotidiani di un ospedale da campo americano della guerra in Corea,
proprio mentre erano invece in corso asprii combattimenti in
Vietnam. Il film uscì pochi mesi prima di “Catch-22” (Comma 22, di
Nichols, tratto dall’omonimo romanzo di Heller) e da allora i due,
pur trattando guerre diverse in modo diverso, sono rimasti
assolutamente insuperati nel genere black comedy belliche.
Erano gli albori del nuovo cinema americano del quale Altman fu uno
dei primi rappresentanti divenendo famoso proprio con MASH (il suo
quarto film, ma il primo di successo), seguito pochi anni dopo da
altri registi che hanno fatto la storia del cinema moderno e sono
ancora sulla breccia (p.e. Scorsese, Spielberg, Lucas, ...). Negli
anni successivi numerose scene cult di MASH sono state citate,
riprese o copiate in innumerevoli film.
Tanti i volti noti, da quelli già famosi allora (p.e. Donald
Sutherland, Elliott Gould, Robert Duvall) ad alcuni esordienti fra i
quali c’è Bud Cort, il quale sarà protagonista del successivo film
di Altman (Brewster McCloud - Anche gli uccelli uccidono, 1970)
anche se i più lo ricordano come l’Harold si “Harold and Maude” (di
Hal Ashby, 1971).
Si fa notare anche la simpaticissima Sally Kellerman, impacciata e
“anomala” per la sua altezza (quasi 1,80), che interpreta la
memorabile “hot lips” (labbra bollenti, soprannome molto equivoco,
ma i dialoghi del film in generale non sono certo per educande),
soprannome tradotto in italiano come “bollore” ... penso che nessuno
ricordi il suo vero nome: Maggiore Margaret O'Houlihan. Così si
guadagnò la sua unica Nomination (non protagonista) ed il film vinse
l’Oscar per la sceneggiatura non originale, e ottenne altre 3
Nomination per miglior film, regia, montaggio.
Dark comedy da non perdere!
IMDb 6,9 RT 80%
MASH è l’acronimo di Mobile Army Surgical Hospital (ospedale mobile
chirurgico militare)
218 * “Il fiore di 1001 notte” (Pier Paolo Pasolini, Ita, 1974) *
con Ninetto Davoli, Franco Citti, Franco Merli, Ines Pellegrini
Parimenti al precedente "I racconti di Canterbury" Pasolini si
avvale della collaborazione di Danilo Donati per i costumi e Dante
Ferretti per le scenografie, non c’è Tonino Delli Colli a dirigere
la fotografia (al suo posto Giuseppe Ruzzolini) ma resta in squadra
Ennio Moricone con risultati molto più incisivi (penso che a nessuno
possa venire in mente di paragonare le musiche del nord Europa con
quelle del Medio Orente!), e i risultati sono ancora una volta
evidenti. A ciò si aggiungono le meravigliose location che includono
San'a (Yemen), Esfahan (Iran), oltre a varie località in Etiopia e
Nepal e le citazioni letterali dall'originale testo di “Le 1001
notte” (X secolo, ben prima del Decameron e Racconti di Canterbury),
poesia pura.
Tuttavia alla bellezza visuale si contrappone la solita scelta di
Pasolini di utilizzare tanti attori non professionisti e fra questi
metterei anche Ninetto Davoli il quale, dopo tanti film, ancora non
riesce a recitare in modo neanche lontanamente accettabile ... ma
forse così gli era richiesto.
Al di là delle (per me) discutibili interpretazioni, il film è un
piacere per gli occhi e merita senz’altro una visione (su schermo
grande).
IMDb 6,9 RT 80%
217 * “I racconti di Canterbury” (Pier Paolo Pasolini, Ita, 1972) *
con Hugh Griffith, Laura Betti, Franco Citti, P. P. Pasolini,
Ninetto Davoli
Molto merito deve andare all'eccellente "squadra" di Pasolini, in
particolare a Danilo Donati per la sua incredibile creatività nel
proporre splendi abiti e soprattutto copricapo di ogni foggia
possibile e immaginabile ma sempre abbastanza plausibili e a tema,
per non parlare degli accostamenti di colore e tinte. Ma, oltre a
lui, PPP contava anche sulla fotografia del ben noto Tonino delli
Colli e le scenografie di Dante Ferretti (per chi non lo sapesse ha
vinto 3 Oscar e ottenuto altre 6 Nomination).
A parte le meraviglie fornite da questo trio, il film non offre
molto di più. Certamente non è lontanamente a livello delle prime
opere di Pasolini, “Accattone” su tutti, ma lo trovo anche un passo
indietro al precedente “Il Decameron”. Stasera chiudo con il terzo
della film della “trilogia della vita”: “il fiore di 1001 notte”.
Ho trovato singolare l’apertura con l’immortale canzone napoletana
“Fenesta ca lucive” (pubbl. 1842, musica attribuita a Bellini)
cantata con un giusto divertentissimo accento inglese da un
venditore di indulgenze, canzone inserita anche nella colonna sonora
del precedente “Decameron” cantata Franco Citti.
Interessanti anche i richiami alla pittura classica (vedi ultime due
foto).
Da guardare per quanto detto in apertura e per completezza, ma non
pregevole.
IMDb 6,5 RT 63%
216 * “Big Wednesday” (John Milius, USA, 1978) tit. it.
“Un mercoledì da leoni” * con Jan-Michael Vincent, William Katt,
Gary Busey
Più piacevole e più credibile di “The Lion and the Wind” (Milius,
1975) visto ieri. Rappresenta bene un certo ambiente (senz’altro di
nicchia, limitatissimo) della gioventù statunitense di metà anni
’70. Il mito del surfboard, le spiagge californiane, le giornate
intere passate ad affrontare o ad aspettare le onde o a guardare
quelli che le cavalcavano, per poi finire con il solito party quasi
selvaggio. A interrompere questa routine arrivano le chiamate alle
armi (Vietnam) ma Milius lascia la guerra molto a margine della
storia contando solo i reduci e quelli che non ce l’hanno fatta.
Ottime le riprese dei surfisti in acqua (e con che tavole!), molto
apprezzabili se si considerano i mezzi disponibili all’epoca.
Fra film sportivo e commedia giovanile (ce ne sono di tipi strani
...) “Big Wednesday” resta un film abbastanza piacevole, anche a
distanza di quasi 40 anni. Certo, chi ha vissuto quel periodo lo può
apprezzare di più.
Senza infamia e senza lode, ma certamente sopra la sufficienza.
IMDb 7,3 RT 67%
215 * “The Wind and the Lion” (John Milius, USA, 1975) tit. it.
“Il vento e il leone” * con Sean Connery, Candice Bergen, Brian
Keith
Sarò più conciso del solito: The Wind and the Lion deludente. La
bella fotografia e gli esterni, l’ottimo John Huston (qui attore),
nonché le oneste (lungi dall’essere superlative) interpretazioni di
Sean Connery e Candice Bergen non portano il film al di sopra della
mera sufficienza. Il personaggio di Roosevelt interpretato da Brian
Keith è proposto in modo abbastanza ridicolo e i luoghi comuni
(politicamente scorretti, ma si era ancora negli anni ’70)
abbondano. Imprecisioni e pressapochismo sia nella trama (molto
vagamente basata su un evento reale) che nelle scene d’azione fanno
il resto.
Le 2 Nomination Oscar le ottenne per il sonoro e musica originale
...
Se ne può fare a meno. Pronto per il prossimo Milius, visto solo una
volta poco meno di 40 anni fa.
IMDb 7,0 RT 75%
214 * “Windtalkers” (John Woo, USA, 2002) * con Nicolas Cage, Adam
Beach, Peter Stormare
Dvd comprato senza sapere troppo del film, ma preso per John Woo
(del quale apprezzo moltissimo “Red Cliff”, edizione integrale), per
la presenza dei navajo, per la location nella mia cara Oahu (nella
solita valle affacciata sulla costa nordorientale dell’isola), un
poco per Mark Ruffalo, ma non certo per Nicholas Cage che trovo sia
in genere assolutamente sopravvalutato e, visto il film, ne sono
ancor più convinto.
Di Windtalkers mi è piaciuto l’inizio e la fine, ma solo perché in
quei pochi minuti ci sono belle riprese delle distese infinite della
Navajo Nation dell’Arizona, punteggiate dalle caratteristiche
meravigliose torri di roccia. Della riserva si vede molto poco e nel
corso del film i due “indiani” sono presentati quasi come
macchiette. I dialoghi sono penosi, i vari soldati-cliché ci sono
tutti (peggiori del solito) e le scene di guerra sono del tutto
risibili. In sostanza uno dei peggiori film bellici mai visti,
ridicolo e neanche divertente ... e oltretutto non erano necessarie
più di due ore per raccontare, molto male, quasi niente.
Da evitare accuratamente. I rating, per quanto bassi, sono da
considerarsi valutazioni molto benevole e generose.
IMDb 6,0 RT 32%
PS - ho appena letto che è classificato al 4° posto nella speciale
classifica “Most Inaccurate Military Movies Ever Made”
213 * “We were Strangers” (John Huston, USA, 1949), tit. it.
“Stanotte sorgerà il sole” * con Jennifer Jones, John Garfield,
Pedro Armendáriz
Film di Huston poco conosciuto e poco apprezzato, ambientato
all’Havana all’epoca della caduta del dittatore Machado nel 1933. A
molti sembrò strano che il già noto regista affrontasse questo tema
“rivoluzionario” nel periodo embrionale del maccartismo, mentre a
Cuba Batista (che praticamente successe a Machado) governava più o
meno con gli stessi metodi dittatoriali. Fin dalla seconda metà
dell’800 gli Stati Uniti ufficialmente o solo per interessi
commerciali influirono sulla politica ed economia dell’isola. In
quanto a Machado la loro posizione cambiò più volte e non fu mai
chiara, anzi rimase sempre molto ambigua. Per di più John Garfield
(che interpreta Tony Fenner, venuto proprio dagli USA sotto mentite
spoglie con il preciso scopo di fomentare la rivoluzione e far
cadere la dittatura) era già schedato come comunista, fatto che lo
costrinse ben presto ad abbandonare la sua brillante carriera e lo
portò alla morte ad appena 39 anni. A molti il suo nome può
risultare quasi sconosciuto, tuttavia ottenne due Nomination Oscar
per “Four Daughters” (1938) e “Body and Soul” (1947), fu il
protagonista con Lana Turner del primo e originale “Il postino suona
sempre due volte” (1946, unanimemente giudicato molto migliore del
remake del 1981 con J. Nicholson e J. Lange) ed era molto amato dal
pubblico americano tanto che al suo funerale attesero oltre 10.000
persone, nonostante fosse vittima della “caccia alle streghe” del
maccartismo.
La produzione si attirò molte critiche (che condivido in tutto e per
tutto) per aver fatto parlare gli attori in inglese, ma con un forte
accento latino, cosa ridicola in quanto i rivoluzionari non
parlavano certo inglese e quindi la scelta doveva essere limitata al
lasciare il presumibile originale cubano o doppiare tutti senza
accenti di sorta. Per di più, di tanto in tanto i protagonisti
pronunciano brevi frasi o saluti in spagnolo, facilmente
comprensibili. Queste scelte balzane non sono purtroppo rare e per
un film “serio” assolutamente inopportune ... è - forse -
accettabile solo per Stanlio e Ollio (perché sempre così sono stati
presentati in Italia) ma non per altri.
Il film in sé e per sé non è male e nel cast molto vario, che
include validi caratteristi americani e cubani (il film fu girato
all’Havana), spiccano gli altri due protagonisti assoluti: Jennifer
Jones e l’eclettico e sempre bravo Pedro Armendáriz.
Per quest’ultimo, avendone grande stima, mi sento in dovere spendere
qualche parola in più. Come Garfield è poco conosciuto in Italia pur
essendo stato fra i protagonisti anche di varie produzioni nostrane
fra le quali il notevole “Uomini e lupi” (1957) con Silvana Mangano
e Yves Montand, regia di Giuseppe De Santis con il quale
collaborarono al soggetto e sceneggiatura Tonino Guerra, Elio Petri,
Cesare Zavattini, ... roba seria. Di padre messicano e madre
americana, studiò negli States ed era assolutamente bilingue. Star
durante l’Epoca de Oro del cinema messicano, fu protagonista di “El
bruto” di Luis Buñuel (1956) e di molti capolavori di Emilio
Fernández “el Indio”, ma lavorò tanto anche in produzioni
hollywoodiane con registi del calibro di John Ford e Michael Curtiz.
Concluse la sua brillante carriera al 125° film al fianco di Sean
Connery nel secondo 007 (“Dalla Russia con amore”, regia di Terence
Young, 1963) senza riuscire a terminare del tutto le riprese (fu
cambiata un po’ la sceneggiatura e ove possibile fu sostituito da
una controfigura). Soffriva per un cancro in stato molto avanzato e
(pare) che per recitare avesse bisogno di morfina; ricoverato in
ospedale a Los Angeles si suicidò con un colpo di pistola. Ma anche
questa fine tragica è legata al mondo del Cinema ed in particolare
al film “The Conqueror” (“Il conquistatore”, 1956, biopic di Gengis
Khan - interpretato da John Wayne - prodotto da Howard Hughes).
Questo film fu un fiasco clamoroso, ma viene ricordato per gli
effetti ben più terribili su interpreti e maestranze. Infatti gli
esterni furono girati in Utah abbastanza vicino alla zona del Nevada
sede un paio di anni prima di test nucleari. Anche se è impossibile
determinare con certezza le origini di un cancro i numeri sono
impressionanti: pochi anni dopo, a 91 dei quasi 200 partecipanti fu
diagnosticato un cancro e 46 di loro ne morirono. Fra questi ultimi,
oltre ad Armendáriz, gli attori protagonisti del film John Wayne,
Susan Hayward, Agnes Moorehead e John Hoyt , nonché il regista Dick
Powell.
IMDb 6,7 RT 70%
212 * “Il gusto del sakè” (Yasujirô Ozu, Jap, 1962), tit. or. “Sanma
no aji” , tit. int. “An Autumn Afternoon” * con Chishû Ryû, Shima
Iwashita, Keiji Sada
Ultimo film della mia selezione di film di Ozu e ultimo della sua
carriera (sarebbe morto l’anno successivo, nel giorno del suo 60°
compleanno). Non so se all’epoca subisse già gli effetti del cancro
alla gola che lo portò alla morte, ma “Il gusto del sakè” non mi è
sembrato al livello dei precedenti lavori pur essendo più che buono.
Leggendo una sua breve biografia, ho scoperto che fu un gran
bevitore e con non si sposò mai e visse con la madre che morì appena
due anni prima di lui. Probabilmente, la sua passione per l’alcool
spiega la presenza di bottiglie in tantissime scene (sono convinto
che fosse sponsorizzato da produttori di birre come Asahi e Sapporo
e varie marche di whisky le cui bottiglie sono facilmente
riconoscibili) ed il tema ricorrente del rapporto figli / genitori
soli.
Quindi, ovviamente, anche in “Sanma no aji” si ritrovano situazioni
molto simili, forse più del solito, a suoi film precedenti. Per
esempio il trio di maturi amici che cercano di organizzare matrimoni
è quasi identico a quello di “Akibiyori” del quale ho scritto ieri,
gli uffici sembrano assolutamente uguali, alcuni concetti sono
ripetuti quasi pedissequamente, gli ubriachi sono solo un po’ più
frequenti con saké che scorre a fiumi in aggiunta a birra e whisky,
alcuni figli un po’ più indisponenti.
A ciò si aggiunge il cast composto quasi sempre dagli stessi attori
principali nel corso degli anni e perfino i nomi sono spesso
ricorrenti come la famiglia Hirayama presente con uno o più membri
in ruoli importanti se non addirittura da protagonisti (bisognerebbe
sapere se esiste un significato particolare).
In conclusione di questo breve ciclo di 6 film di Ozu, mi sento di
affermare che nel complesso è imperdibile e che il “Il gusto del
sakè” non è certo il migliore del lotto, e se doveste limitare la
scelta a pochi titoli consiglierei: Tarda primavera (Banshun),
Viaggio a Tokio (Tôkyô monogatari) e Tardo autunno (Akibiyori)
IMDb 8,3 RT 95%
211 * “Tardo autunno” (Yasujirô Ozu, Jap, 1960), tit. or.
“Akibiyori” , tit. int. “Late Autumn” * con Setsuko Hara, Yôko
Tsukasa, Mariko Okada
Altra eccellente commedia sui “matrimoni combinati”. Tre amici di
vecchia data cercano di trovare un marito alla figlia di un quarto
loro compagno di avventure, deceduto vari anni prima. Come già visto
in altri film, i figli si preoccupano di non lasciare i genitori
soli e quindi i tre cercano di sistemare anche la madre (la vedova),
vecchia fiamma di quasi tutti loro ed ancora molto ammirata. Così
fra riunioni, bugie, piani di battaglia e false notizie fatte
circolare ad arte, si procede con sorprese e colpi di scena ma non
senza l’intervento dei figli che aiutano a scompigliare le carte .
Due ore che passano velocemente con i tre (quasi) imperturbabili
signori di mezza età (due dirigenti d’azienda ed un professore
universitario) non solo impegnati a trovare un buon partito per la
figlia dell’amico scomparso, ma anche alle prese con le loro
critiche mogli e non da ultimo con i propri figli.
Anche con “Akibiyori” Ozu fornisce un arguto spaccato del ceto
medio-alto del Giappone di inizio anni ‘’60, in velocissima
evoluzione e, soprattutto, in un processo di americanizzazione.
Vale quanto detto per i precedenti ... da non perdere.
IMDb 8,2 RT 100%
210 * “Buongiorno” (Yasujirô Ozu, Jap, 1959), tit. or.
“Ohayô” , tit. int. “Good Morning” * con Chishû Ryû, Keiji Sada,
Yoshiko Kuga,
Stavolta Ozu passa alla commedia “sociale” in un ambiente più
popolare dei flm precedenti, occupandosi di problemi abbastanza
diversi che comprendono i rapporti fra vicini con relative
maldicenze, pettegolezzi e sospetti, l’educazione dei bambini, la
diffusione degli elettrodomestici (televisori e lavatrici in
primis), oltre ad accenni ai soliti temi del matrimonio, alcolismo,
vita familiare.
Continua a mantenere alcuni dei suoi schemi e immagini peculiari
come, per esempio, i panni stesi ad asciugare all’aperto (con i
quali apre e chiude il film), i terrapieni, il ritorno a casa dei
mariti e relativa “svestizione” (foto). Per quanto riguarda le
riprese, per lo più si mantiene fedele a inquadrature fisse e spesso
ricorrenti con campi più o meno lunghi perfettamente in asse con un
corridoio o una stradina, immancabilmente attraversati da soggetti,
protagonisti o meno, vicini o lontani, che quindi appaiono nella
sola parte centrale del fotogramma scomparendo quasi immediatamente
di lato entrando in una stanza o dietro un edificio (p.e bambini che
passano sulla limitata parte del terrapieno visibile fra le case,
alle loro spalle - vedi foto).
Pur apparendo in un certo senso ripetitivo, Ozu costruisce ogni
scena con criterio e con piccole variazioni sempre significative,
utilizza alla perfezione ambienti limitati ed essenziali e, con il
supporto del suo ottimo “cast di fiducia”, pur raccontando
relativamente poco riesce a non annoiare mai (checché ne dica
qualcuno). Divertenti le opinioni espresse da diversi personaggi a
riguardo della televisione (vedi foto).
Ozu riesce ad essere preciso, incisivo, piacevole e arguto anche in
un film leggero come “Buongiorno”, che quindi merita una visione
alla pari degli altri.
IMDb 7,9 RT 88%
209 * “Fiori d'equinozio” (Yasujirô Ozu, Jap, 1958), tit. or.
“Higanbana” , tit. int. “Equinox Flower” * con Shin Saburi, Kinuyo
Tanaka, Ineko Arima
Primo film a colori per Ozu, che per l’occasione scelse di mantenere
una predominanza di colori variabili fra il verdastro, l’ocra e il
marrone, senza mai creare contrasti e senza mai usare colori intensi
o accesi.
Piccolo cambio di registro nello stile di ripresa, ai soliti “tatami
shots” si aggiungono tanti primi piani e mezzo busto, con chi parla
esattamente al centro dell’inquadratura e con lo sguardo rivolto
(quasi) verso l’obiettivo.
Si dibatte ancora di matrimonio, ma in senso più ampio e analizzando
varie situazioni molto differenti, quasi tutte in contrasto con la
“morale” vigente all’epoca in Giappone ... chiare conseguenze
dell’inarrestabile occidentalizzazione.
L’immancabile Chishû Ryû stavolta non è protagonista, ma appare in
un ruolo minore.
Meno incisivo dei due visti nei giorni scorsi, forse limitato dal
troppo parlare, comunque merita un’attenta visione ... come tutti i
lavori di Ozu.
Lo “sponsor” di questo film sembra essere la birra ASAHI con tante
bottiglie della famosa A. Gold (lanciata sul mercato appena l’anno
prima), pubblicità meno evidente di quella della Bridgestone in
Tokyo Story in quanto molto “diluita”, eppure presente nell’arco di
tutto il film .
IMDb 8,0 RT 88%
208 * “Viaggio a Tokio” (Yasujirô Ozu, Jap, 1953), tit. or. “Tôkyô
monogatari” , tit. int. “Tokyo Story” * con Chishû Ryû, Chieko
Higashiyama, Sô Yamamura
“Tôkyô monogatari” è giudicato fra i migliori film di sempre
considerando sia gli occidentali che gli asiatici ed in vari
sondaggi, anche recenti, compare addirittura al primo posto
assoluto.
Nel sondaggio effettuato dalla rivista Sight & Sound's nel 2012
interpellando ben 358 registi, “Tôkyô monogatari” fu votato come
miglior film di sempre, di tutto il mondo.
Si tratta di un film relativamente lungo e articolato che fra il
mostrato e il narrato sviscera i reali livelli affettivi fra una
coppia di anziani genitori, i loro 4 figli e la nuora, vedova del
quinto. Assolutamente essenziale e pur non ricorrendo a lunghi
dialoghi fornisce agli spettatori una percezione esatta dei i vari
rapporti familiari, dai nonni ai nipoti, mettendo cinicamente a nudo
i lati negativi ed esaltando quelli positivi.
Nella consueta abbondanza di quadri fissi e “tatami shots”, ho
notato una breve (insolita per Ozu) carrellata, ma molto di più mi
ha molto incuriosito una “pubblicità occulta” (in effetti molto
evidente) con caratteri occidentali. In due separate scene, separate
da una inquadratura di Noriko che risponde al telefono, in primo
piano appare un settore di pneumatico Bridgestone (sappiate che,
nonostante il nome, si tratta di azienda giapponese fondata nel
1931). Per pura curiosità dovrò approfondire. (vedi ultima foto, da
apprezzare anche la "perfezione" della composizione dell'immagine,
ovviamente un "tatami shot" = ripresa dal basso).
Come nel precedente “Tarda primavera”, Chishû Ryû interpreta
l’anziano genitore mentre a Setsuko Hara spetta la parte
dell’amorevole nuora. Ho letto che per un lungo periodo la brava e
molto amata attrice quasi si “specializzò” in questo tipo di
personaggio di giovane donna sola (nubile o vedova) tanto devota a
persone di maggiore età da rinunciare al matrimonio e che per tal
motivo si guadagnò il soprannome di “eterna vergine”.
Film da non perdere per nessun motivo.
IMDb 8,3 RT 100%
207 * “Tarda primavera” (Yasujirô Ozu, Jap, 1949), tit. or.
“Banshun” , tit. int.
“Late Spring” * con Chishû Ryû, Setsuko Hara, Yumeji Tsukioka
Con “Tarda primavera” inizio il mio mini-ciclo dedicato a Ozu,
regista giapponese del quale non si parla tanto, eppure giudicato
quasi unanimemente uno dei migliori di sempre.
Come in molti dei suoi lavori, anche in questo analizza rapporti
interpersonali nell’ambito di una classica famiglia di ceto medio,
nel Giappone dell’immediato dopoguerra. Ritmo lento, tante
inquadrature fisse e tanti “tatami shots”, vale a dire le sue
caratteristiche riprese dal punto di vista di un ipotetico
spettatore seduto sul tatami (classico rivestimento modulare del
pavimento delle case).
Per apprezzare i film di Ozu (e ciò vale anche per tanti altri
ambientati in Giappone) è utile conoscere almeno un poco delle
tradizioni nipponiche, dalla cerimonia del tè all’abbigliamento (in
particolare il valore del kimono), dai legami fra figli e genitori
al matrimonio e all’educazione, dal rapporto con la morte alla
religione.
In “Tarda primavera” Ozu ci mostra il particolare rapporto fra un
padre vedovo ed una figlia (già da un po’ in età da marito) che non
vorrebbe sposarsi per non lasciarlo solo. E’ un sottile gioco di
“bugie bianche” dette da entrambi, per di più soggetto
all’interferenza di amici e parenti. Accuratamente narrato,
splendidamente proposto in immagini.
Ottimo film che, ovviamente, consiglio.
IMDb 8,3 RT 100%
206 * “Moonfleet” (Fritz Lang, USA, 1955) tit. it.
“Il covo dei contrabbandieri” * con Stewart Granger, George Sanders,
Joan Greenwood, Jon Whiteley.
Lang, quasi a fine carriera, si cimentò anche con un film
d'avventura in costume e per ragazzi.
Il cast di un certo livello include anche George Sanders, ma i veri
protagonisti sono Stewart Granger ed il piccolo Jon Whiteley.
La storia abbastanza movimentata, con una buona varietà di scene e
ambienti, ricchi costumi di metà '700. Verso il finale appare
l'immancabile marchiano errore (sembra che i film privi di essi si
contino sulla dita di una mano).
Pur vantando un rating migliore di "Secret Beyond the Door" (visto
un paio di giorni fa) non ha il fascino di quel buon thriller, che
oltretutto vanta una ottima fotografia in bianco e nero, molto più
piacevoli dell’Eastman Color del 1955.
Genere inusuale per Lang che, ovviamente, non si esprime al meglio.
I vari Metropolis, Mabuse, M, Scarlet Street, sono un lontano
ricordo.
IMDb 6,8 RT 75%
205 * “Secret beyond the door” (Fritz Lang, USA, 1947) tit. it.
“Dietro a porta chiusa” * con Joan Bennett, Michael Redgrave, Anne
Revere
Confesso che lo stile di Lang mi piace, anche in film come questo,
certamente non memorabile. Tempi, inquadrature, pause, alternanza pp
e campi totali sono sempre sintatticamente corretti anche quando
qualche dettaglio non lo è (pure Lang, come Kubrick, ha qualche
“problema di porte”).
Come commentava qualcuno pochi giorni fa, ovunque ci sia una porta
da non aprire, ci sono tanti che vogliono sapere cosa c’è dietro, e
qualcuno ovviamente riesce a varcarla. Seppur in situazione e modo
differente, anche in questo caso una moglie “ruba” la chiave della
stanza proibita al marito (come in “Notorious”) ... e non dirò di
più.
Nell’essenza, si tratta di un noir psicologico, con tanti espliciti
tentativi di spiegare con la psicoanalisi gli strani comportamenti
del protagonista.
Senz’altro datato, “Dietro a porta chiusa” vanta una buona
fotografia, oneste interpretazioni (specialmente in campo
femminile), un po’ di buona suspense e vari colpi di scena.
Merita la visione.
IMDb 6,8 RT 54%
204 * “La Tigre e il Dragone” (Ang Lee, Taiwan, 2000) tit. or. “Wo
hu cang long” , tit. int.
“Crouching Tiger, Hidden Dragon” * con Yun-Fat Chow, Michelle Yeoh,
Ziyi Zhang
Certamente ha i suoi meriti, tanti, ma in questo genere non è fra i
miei preferiti (amo "La foresta dei pugnali volanti").
Eccezionali le scelte scenografiche esterne (so di essere di parte,
ma fra deserto e montagne è una gioia per gli occhi) oltretutto
esaltate da un'ottima fotografia. Belli anche i costumi, gli interni
e affascinante la musica.
Qualcuno si starà chiedendo: allora, qual è il problema?
La trama molto debole e troppi, inutili "voli" non strettamente
legati alle varie "esibizioni" di arti marziali, oggettivamente ben
realizzate.
Se si sopporta il genere, è da non perdere, altrimenti ... passate.
IMDb 7,9 RT 97% * 4 Oscar (miglior film in lingua non inglese,
fotografia, musica originale e scenografia) e altre 6 Nomination
(miglior film, regia, sceneggiatura, costumi, montaggio, canzone
originale)
203 * “The sea of trees” (Gus Van Sant, USA, 2015) tit. it.
“La foresta dei sogni” * con Matthew McConaughey, Naomi Watts, Ken
Watanabe
Durante la mia ultima visita alle bancarelle dei dvd di seconda
mano, oltre ad una quindicina di titoli noti, ho comprato anche
questo "a fiducia", contando soprattutto sul regista e sugli
interpreti, ma anche incuriosito dall'ambientazione e dalle poche
righe riassuntive del soggetto riportate sulla custodia.
Devo dire che sono rimasto abbastanza deluso dalla messa in scena,
in particolare per la parte nel magico, affascinante bosco che
avrebbe meritato una regia più competente in materia. Ciò che viene
mostrato non ha alcun senso, mi è sembrato mal narrato e le poche
"sorprese" sono ampiamente prevedibili.
Peccato, l'idea di fondo era buona ed il cast niente male .
Gus van Sant non è nuovo a questi alti e bassi, alternando film come
Good Will Hunting (1997) o Milk (2008) a flop quasi clamorosi.
IMDb 5,9 RT 12%
Manca 202 * “Mein liebster feind” (Werner Herzog, Ger, 2004) tit.
it.
“Kinski, il mio nemico più caro” * documentario, con
Werner Herzog
e Klaus Kinski
201 * “Nelly was a Lady” (J. Richard Westen, USA, 1947) * con Donald
Reed, Milton Shockley, John Stanley
Film “misterioso”, del quale si sa poco o niente. Segnalato e reso
disponibile online da Jimbo Berkley, un appassionato sempre a caccia
di film di pubblico dominio, quasi sempre misconosciuti. Tramite il
suo sito
free-classic-movies.com
ho avuto occasione di guardare altri film “strani” come il black
movie “Gang Smashers” (di Leo C. Popkin, 1938) e vari muti
interessanti. Vale la pena leggere il suo
articolo di presentazione (c'è ancke il link per streaming o
download)
“Nelly was a Lady” è il titolo di una canzone di Stephen C. Foster
(1826-1864), unanimemente reputato il padre dei cantautori americani
avendo scritto centinaia di canzoni (fra le quali anche la
famosissima "Oh! Susanna”), morto in circostanze abbastanza
misteriose.
Il film tratta della vita di Foster, da quando era impiegato come
contabile presso la ditta del fratello fino alla sua morte. |