299 “Sky High” (Lynn Reynolds, USA, 1922) *
con Tom Mix, J. Farrell MacDonald, Eva Novak
Interessante ambientazione della gran parte del film nel Grand
Canyon tanto da sembrare quasi uno spot pubblicitario per il Parco
istituito appena 3 anni prima. Nei titoli di testa vari cartelli
forniscono dati geografici e geologici e si afferma che le
spettacolari riprese aeree del Canyon effettuate per il film sono
state le prime in assoluto. Oltre alla bellezza dei luoghi - seppur
mostrati in bianco e nero - colpiscono gli stunt che propongono
arrampicate su pareti quasi verticali, corse su strettissime cenge,
una corsa a cavallo lungo un pendio impressionante, un volo del
protagonista (o della sua controfigura) appeso ad un aereo con una
corda ... considerata l'epoca tutto veramente notevole.
Oltre che per la location “Sky High” si distingue dai soliti western
di Tom Mix per la evidente modernità (aerei e auto) e anche per il
soggetto che tratta di immigrazione clandestina di cinesi dal
Messico negli Stati Uniti.
Nel 1998 è stato scelto per la conservazione nel National Film
Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.
“Cimelio storico” molto interessante per i cinefili.
298 “Il giorno della civetta” (Damiano Damiani, Ita, 1968) * con
Claudia Cardinale, Franco Nero, Lee J. Cobb
Questa versione cinematografica ha abbastanza travisato il breve
romanzo di Leonardo Sciascia, facendo anche perdere gran parte della
plausibilità della trama. Troppa importanza viene data all’unica
protagonista femminile, vedova (?) che pur essendo ufficialmente
“onorata” e fedele al marito si comporta e soprattutto si veste in
modo poco credibile per l'epoca e per quell'ambiente. Il delitto con
il quale si apre il film viene inopinatamente spostato dal centro
città ad una desolata e deserta strada di campagna con implicazioni
e conseguenze ovviamente molto diverse. Mi sembra che il friulano
Damiano Damiani non conoscesse abbastanza a fondo la provincia
siciliana degli anni ’60, né comprendo il vasto impiego di attori
non solo non siciliani ma addirittura stranieri (Lee J. Cobb, Serge
Reggiani, Nehemiah Persoff, Fred Coplan) in ruoli principali con
conseguente necessità di doppiaggio. Inoltre nel testo di Sciascia
il dialetto, la necessità di tradurlo per il veneto capitano Bellodi
(Franco Nero) e i tentativi dei locali di esprimersi in italiano
hanno ben altro spazio e valore.
In pratica il film si regge in piedi quasi esclusivamente per il
soggetto d Sciascia (anche se mal adattato) e le poche credibili
interpretazione sono merito degli attori “secondari”, professionisti
siciliani o quanto meno meridionali. Franco Nero si salva avendo un
ruolo di settentrionale e Lee J. Cobb è bravo come sempre ma il film
merita di essere visto solo se non si ha tempo né voglia di leggere
il libro di Sciascia.
IMDb 7,1
297 “Sud” (Gabriele Salvatores, Ita, 1993) * con Silvio Orlando,
Antonio Catania, Claudio Bisio, Francesca Neri
Dopo i vari film ambientati all’estero (Marrakesh Express, Puerto
Escondido, ...) e subito dopo l’Oscar a “Mediterraneo”, Salvatores
passa a occuparsi - fra il serio ed il faceto - di alcuni dei tanti
problemi di casa nostra, fra i quali disoccupazione, corruzione
politica e immigrazione.
Ancora una volta, mi sembra che riesca a tirar fuori quasi il meglio
da attori più che onesti, ma non certo di alto livello.
L’ambientazione a Marzamemi è perfetta per il suo dichiarato
obiettivo: girare una specie di western moderno, con un gruppo di
persone mal assortite asserragliate in un “fortino”, sotto assedio
da parte dell’esercito, con l’intromissione del viscido “cattivo” di
turno. La piazza assolata, il caldo e la colonna sonora (che include
il fammoso pezzo dei 99 Posse “Curre curre guaglió”) contribuiscono
a creare la giusta atmosfera fra false promesse, tentennamenti,
cambi di opinioni e colpi di scena più o meno divertenti.
Se ve lo foste perso e avete un'ora e mezza libera, ve lo consiglio.
IMDb 6,5
296 “Father’s Little Dividend” (Vincent Mnelli, USA, 1951) * con
Spencer Tracy, Joan Bennett, Elizabeth Taylor
Ho trovato questo sequel di “Father of the Bride” molto più
divertente e arguto del film iniziale. Spencer Tracy è assolutamente
padrone della scena e l’ottima sceneggiatura lo favorisce. Ho molto
apprezzato la caratterizzazione (un po’ caricaturale ma molto vicina
alla realtà) dei consuoceri e della “concorrenza” spietata che si
fanno per qualunque motivo, dal nome del nascituro alla casa, alla
pianificazione del suo futuro.
Consiglliato.
IMDb 6,7 RT 100%
295 “Father of the Bride” (Vincent Mnelli, USA, 1950) * con Spencer
Tracy, Joan Bennett, Elizabeth Taylor
Classica commedia americana del dopoguerra, con più di un occhio al
botteghino, operazione di cassetta ... basta guardare i nomi degli
interpreti principali e del regista. Allo stesso tempo, gli stessi
garantiscono una buona qualità, ma niente di più.
Il film ebbe il previsto successo tanto che l’anno successivo uscì
il sequel “Father’s Little Dividend”, con l’identica squadra.
Se in questo Spencer Tracy, medio borghese che vuole organizzare un
bel matrimonio per la figlia (Elizabeth Taylor), deve stare attento
alle esorbitanti spese, nel secondo vivrà l’attesa di diventare
nonno; ma di ciò scriverò domani, dopo che stasera avrò visto il
film.
IMDb 7,2 RT 93%
* 3 Nomination Oscar: miglior film, sceneggiatura e Spencer Tracy
protagonista
294 “Bullfighter and the Lady” (Budd Boetticher, USA, 1951) tit. it.
“L’amante del torero” * con Robert Stack, Joy Page, Gilbert Roland
Dopo aver guardato “The Brave Bulls” per la presenza di Miroslava,
seguendo il mio solito metodo di associazioni di idee, ho aggiunto
altri due film incentrati su toreri e l’ambiente delle corride. Dopo
l’ottimo “Blood and Sand” (1922, Sangue e Arena) concludo con questo
“L’amante del torero” ... ennesimo insulso e fuorviante titolo
italiano. La storia è originale per quanto poco credibile, ma il
film ha il merito di essere ben realizzato e soprattutto ho
apprezzato moltissimo che, una volta tanto, i messicani interpretano
messicani e i pochi attori americani (quasi tutti protagonisti)
interpretano americani con la sola eccezione di Joy Page, che
tuttavia era di discendenza latina essendo figlia di Don Page,
meglio conosciuto come Don Alvarado.
Ma non basta, nel film - al contrario di “The Brave Bulls” che
egualmente ambientato in Messico - ognuno parla la propria lingua
senza ridicoli accenti, sottotitolata quando necessario, ma il più
delle volte c’è qualcuno che traduce visto che vari dei protagonisti
sono bilingue. In tanti altri film, e non solo in filmacci, si
ascoltano persone di tutte le lingue ed estrazioni sociali parlare
perfetto inglese o comunque non aver nessun problema a comprendere
anche sottigliezze e vocaboli poco comuni.
Interessante, ma il biondo “torero americano” rasenta l’assurdo.
IMDb 7,0
293 “Blood and Sand” (Fred Niblo, USA, 1922) tit. it.
“Sangue e arena” * con Rudolph Valentino, Rosa Rosanova, Nita Naldi
Film che tutti conoscono di nome ma non so quanti abbiano visto per
intero. Anche a me mancava, ho provveduto e si è rivelato molto
superiore alle aspettative. In particolare la prima metà è veramente
molto ben realizzata, con montaggio veloce (inusuale in quegli anni)
che sopperisce alla mancanza di movimenti di macchina. Nella seconda
parte il ritmo rallenta e il film tende al melodramma. I tanti
personaggi sono ben caratterizzati e ho molto apprezzato la scelta
degli interpreti per la loro fisionomia molto “spagnoleggiante”.
Buona parte dei tanti cartelli sono abbelliti da schizzi di soggetto
appropriato, sono significativi sia per i dialoghi sia per la
“massime” del filosofo, e nella versione spagnola che ho visto
conservano tutti i caratteristici soprannomi originali del romanzo
del 1909 di Vicente Blasco Ibáñez, autore anche de “I quattro
cavalieri dell'Apocalisse” portato sullo schermo l’anno prima e
anche in quel caso Valentino fu protagonista.
Buoni anche i dettagli, i costumi, le scenografie e il fluido
inserimento di riprese dal vero di corride e tutto ciò che ruota
attorno. Autrice (uncredited) di quest’ultima operazione fu Dorothy
Arzner che nel 1927 sarebbe diventata la prima regista donna di
Hollywood.
“Blood and Sand” è il terzo dei film più rappresentativi di Rudolph
Valentino, dopo il succitato “I quattro cavalieri dell'Apocalisse”
(di George Melford,1921) e “Lo Sceicco” (di Rex Ingram, 1921).
Visione più che consigliata.
IMDb 7,2 RT 100%
292 “Stranger on Horseback” (Jacques Tourneur, USA, 1955) tit. it.
“Il paradiso dei fuorilegge” * con Joel McCrea, Miroslava, John
Carradine, John Carradine, Kevin McCarthy
Seguendo le orme di Miroslava, sono giunto a questo strano western,
non male ma rovinato da pessimi colori, conseguenza dell’utilizzo di
pellicole Ansco Color, mai sentite prima e che penso - se questa era
la qualità - portarono alla pronta chiusura della fabbrica.
Il protagonista è un giudice e non il solito sceriffo, ma avrà a che
fare con la solita famiglia guidata da un ranchero pretotente, con
un figlio scapestrato e una figlia giovane e bella, esperta sia nel
montare a cavallo che a sparare.
Pur includendo i vari soliti cliché, il film si distingue dai tanti
simili film degli anni ’50 e si fa notare in senso positivo il
lavoro di Jacques Tourneur, regista di altri buoni western come
“Canyon Passage e "Wichita"”, ma noto soprattutto per ottimi noir
come “Out of the past” e “Nightfall” e un buon numero di horror.
Oltre ai due buoni protagonisti Joel McCrea e Miroslava (questa
volta mora) si fa notare il solito John Carradine nei panni
dell’ambiguo avvocato.
Ovviamente in Italia fu distribuito con un titolo molto fantasioso
“Il paradiso dei fuorilegge” ...
IMDb 6,9
291 “The Brave Bulls” (Robert Rossen, USA, 1951) tit. it “Fiesta
d'amore e di morte” * con Mel Ferrer, Miroslava, Anthony Quinn
E terminati i film messicani recentemente acquisiti, ora seguo le
tracce di Miroslava (da poco vista in “La noche es nuestra” e “Ella
y yo”) passando ad un paio di sue apparizioni in produzioni
hollywoodiane pur essendo questa prima ambientata in Messico.
Diretto da Robert Rossen (non uno qualunque, solo 10 film fra i
quali però ci sono “Lo spaccone” e “Tutti gli uomini del re”),
contava su un cast quasi tutto messicano ma con i primi attori di
livello internazionale. La lingua usata sul set fu senz’altro il
castellano in quanto Mel Ferrer era di origini cubane, Miroslava
(ceca) giunse in Messico all’età di 6 anni e Anthony Quinn è puro
messicano di Chihuahua. Assodato che il doppiaggio era quindi
necessario quasi per tutti, è veramente ridicola l’applicazione di
un indecente e marcato accento latino all’inglese americano che
rende ancor più ridicolo l’impacciato Mel Ferrer, il vero
protagonista, assolutamente non a proprio agio nel ruolo di un
famoso torero.
La sceneggiatura è adattata dall’omonimo romanzo di Tom Lea, ma
soffre del fatto che ciò che era consentito scrivere per descrivere
l’ambiente delle corride non si poteva assolutamente mostrare. Di
conseguenza il film perde moltissimo della carica drammatica
espressa nel testo, che riesce a descrivere meglio gli stati d’animo
del torero, famoso ma attanagliato dalla paura. Un punto di vista
inusuale, successivamente meglio descritto nel misconosciuto
“Torero” (di Carlos Velo, 1956, Nomination Oscar) al limite fra
fiction e documentario, basato sulla vita del famoso torero
messicano Luis Procuna, anche lui vittima di una lunga crisi di
paura. Indipendentemente da ciò che si possa pensare della
tauromachia, è interessante il modo in cui viene mostrata la
vulnerabilità del torero che si deve guardare non solo dal toro ma
anche dal pubblico, disposto ad osannarlo ma prontissimo a
maledirlo, disprezzarlo e perfino aggredirlo al primo tentennamento.
In conclusione, Robert Rossen non poteva fare molto di più dovendo
essere attento a non infrangere le ferree regole del “Code” e avendo
un protagonista poco incisivo, assolutamente sovrastato
dall’emergente Anthony Quinn, ma ha svolto un ottimo lavoro con le
immagini del pubblico e del contorno in genere.
A chi interessa il tema suggerisco di guardare il molto più
realistico “Torero”, nel quale compare anche il famosissimo Manolete.
Un breve commento sui titoli ... in inglese si interpreta come “I
tori coraggiosi (indomiti)”, assonante con il classico “Toros bravos”
solitamente annunciato sui manifesti delle corride dove “bravo” ha
però più il significato di selvaggio, violento, e infine in Italia è
diventato un insulso “Fiesta d'amore e di morte” senza alcun
riferimento all’argomento (tori, corrida, arena, ...).
IMDb 7,1
290 “Ella y yo” (Miguel M. Delgado, Mex, 1951) * con Pedro
Armendáriz, Miroslava, Manuel Tamés hijo
Terminata - per il momento - la mia ricerca di film di/con Emilio
Fernández “el Indio” o con Arturo de Córdova, passo a qualche film
con Miroslava, menzionata una decina di giorni fa per “Una aventura
en la noche”
Similmente a “Pecado de juventud”, del quale ho appena scritto, si
tratta di una commedia di contrasti fra due classi quasi del tutto
opposte, ma stavolta i soldi non mancano a nessuno. La giovane e
affascinante Irene (Miroslava), contro il volere della ricchissima
ma avara zia con la quale vive, lascia Monterrey per andare nella
capitale per sposare un famoso campione di golf. Per una serie di
eventi fortuiti durante il viaggio conosce il ranchero Don Pedro
Múñoz (il sempre ottimo Pedro Armendáriz) ricco, spaccone e
donnaiolo e poi si trova nell’impossibilità di proseguire il
viaggio. Fra i vari incontri-scontri fra i due, Delgado approfitta
dell’ambientazione per inserire serenate per le strade e rancheras
nella “cantina” di San Juan, molto amate dal pubblico e ben
interpretate da Los Xochimilcas.
Ennesima piacevole commedia popolare, “macchiata” dalla presenza di
Regulo e Madaleno, coppia di comici insulsi e, in quasto caso, anche
fuori luogo.
IMDb 6,9
289 “Pecado de juventud” (Mauricio de la Serna, Mex, 1962) * con
Arturo de Córdova, Ana Bertha Lepe, Carlos López Moctezuma
Ultimo film di quelli con Arturo de Córdova (già citato più volte)
che stavolta interpreta un non più giovanissimo avvocato molto
smaliziato che difende i meno abbienti per poco o niente e mangia in
continuazione cacahuates (arachidi), in qualunque luogo in qualsiasi
occasione.
Come appare chiaro, si tratta di una commedia nella quale
l’arroganza e la prepotenza dei ricchi non riesce ad avere la meglio
sull’ingenuità, la bontà e solidarietà dei poveri ma (quasi) onesti.
Ovviamente, Carlos López Moctezuma interpreta il ricco capofamiglia
senza scrupoli che non esita a ricorrere ad avvocati imbroglioni e
malavitosi nel tentativo di non sborsare un solo peso per riparare
ai “danni” causati da suo figlio.
Nel suo genere piacevole e divertente per la caratterizzazione dei
personaggi, interpretati da bravi attori “navigati”.
IMDb 6,7
288 “La entrega” (Julián Soler, Mex, 1954) * con Arturo de Córdova,
Marga López, Enrique Rambal, Julián Soler
Questo è il primo di altri due film che ho trovato, con protagonista
Arturo de Córdova, uno dei miei attori preferiti. Chi non focalizza
immediatamente il suo volto, lo può forse ricordare come interprete
di "El" di Luis Buñuel.
La regia è Julián Soler, uno dei fratelli Soler, Fernando, Andrés e
Domingo, tutti nomi di rilievo nella storia del cinema messicano,
con Fernando elemento più di spicco, anche lui protagonista di due
film di Buñuel (“El gran calavera” e “Susana”).
Anche in questo caso i messicani riescono a mettere in scena un buon
film con poco, contando su una buona sceneggiatura e su ottimi
attori; oltre ai succitati si distingue anche la protagonista
femminile Marga López, moglie di Arturo de Córdova nella vita reale.
Vale la pena sottolineare che la sceneggiatura è basata sul romanzo
“Nada Meno Que Todo un Hombre” di Miguel de Unamuno, uno dei più
importanti letterati spagnoli (per la precisione basco) vissuti a
cavallo fra ‘800 e ‘900, non solo scrittore ma anche poeta,
filosofo, scrittore, drammaturgo e politico.
Arturo de Córdova interpreta Alejandro Gómez, un gachupín (immigrato
dalla Spagna) che dopo essere andato in bancarotta a causa dei
banchieri lascia il pueblo e infine torna ricchissimo e quasi
diventa padrone di tutte le attività, ma per lo più con fini
filantropici. I nemici sono solo i banchieri e i loro accoliti, ma
di mezzo c’è anche la bella (e ribelle) figlia del banchiere.
Consigliato.
IMDb 6,7
287 “La noche es nuestra” (Fernando A. Rivero, Mex, 1952) * con
Jorge Mistral, Emilia Guiú, Ramón Gay
Film trovato veramente per caso in quanto il link indicava "Apasionada"
(di Alfredo B. Crevenna, stesso anno, stesso interprete principale)
ma ciò che in effetti ho scaricato è stato questo, che si è rivelato
essere un buon dramma.
Incontro molto casuale fra un giornalista e un’affascinante donna
... molto misteriosa. Ci vuole mezzo film per conoscere almeno parte
della vera vita della donna e infine arriva il colpo di scena
conclusivo.
Altro film messicano misconosciuto che, come tanti altri dell’epoca,
non è memorabile ma non ha punti deboli. Un onesto prodotto di
un’industria che all’epoca sfornava un numero incredibile di film di
qualità più che sufficiente, fra i quali anche molti ottimi.
IMDb 6,6
286 “Vagabunda” (Miguel Morayta, Mex, 1950) * con Antonio Badú,
Leticia Palma, Luis Beristáin
Buona trama drammatica-romantica piena di sorprese; pur
presentandosi come una storia banale che procede fra teatro di
rivista, locali notturni e tanta buona musica che spazia da ritmi
latini caraibici come rumba e mambo (di gran moda all’epoca) a
quelli più classici come son, fandango e danzòn.
Vale una visione da parte di chi si interessa all’Epoca de Oro del
Cine Mexicano
IMDb 6,6
285 “Un Dorado de Pancho Villa” (Emilio Fernández “el Indio”, Mex,
1967) * con Emilio Fernández, Maricruz Olivier, Carlos López
Moctezuma
Ultimo della serie di film di Emilio Fernández "El Indio" che non
avevo visto e che ho recuperato in rete.
"Un Dorado de Pancho Villa” è uno di quelli dei quali fu sia regista
che protagonista, uno dei pochi a colori, a quanto mi risulta, il
primo.
El Indio si avviava già a concludere la sua carriera da regista (nei
seguenti 12 anni avrebbe diretto solo altri 5 film), ma fino alla
sua morte (1986) ne avrebbe interpretati quasi altri 30 fra i quali
3 cult di Sam Peckinpah "The Wild Bunch" (1969, nel quale
interpretava il terribile generale Mapache), “Pat Garret ande Billy
the Kid” (1973) e “Bring me the Head of Alfredo Garcia” (1974, il
mio preferito).
Il film non è niente male pur non avendo la carica dei suoi film
drammatici, ma devo confessare di non aver mai apprezzato più di
tanto quelli "rivoluzionari". A tratti sembra quasi un western, sia
come struttura che ambientazione.
Per inciso, i “Dorados” costituivano il corpo scelto dei soldati di
Pancho Villa, avevano la sua massima fiducia e fungevano anche da
guardie del corpo..
IMDb 6,3
284 “Cuando levanta la niebla” (Emilio Fernández “el Indio”, Mex,
1952) * con Arturo de Córdova, María Elena Marqués, Columba
Domínguez
Questo è certamente un thriller in cui si nota lo stile
dell’accoppiata Fernández - Figueroa, anche se non è di quelli di
caratteristica ambientazione messicana ... la location potrebbe
essere stata in un qualunque altro paese.
Il solito bravo Arturo de Córdova interpreta il ruolo di un soggetto
psichicamente instabile (più sull’orlo di un esaurimento che della
follia vera e propria) che prima si ricovera volontariamente in una
clinica neuropsichiatrica e poi passa agli omicidi.
Interessanti le riprese in esterni e le inquadrature parziali o di
dettagli, ma la “palla al piede” del film è il pessimo commento
sonoro, ripetitivo, di scarsa qualità e troppo alto e invadente.
Peccato.
283 “La cage doréè” (Ruben Alves, Fra, 2013) * con Rita Blanco,
Joaquim de Almeida, Roland Giraud
Più che buona commedia franco-portoghese, una di quelle del tipo
(popolare negli ultimi anni) basato su comuni cliché di caratteri
regionali, nazionali e di categoria.
Al centro della storia c’è una famiglia portoghese trapiantata in
Francia da oltre 30 anni. Come tante coppie emigrate negli anni ’80,
lui muratore poi diventato capomastro e lei portiera in un elegante
condominio al centro di Parigi. Una miriade di personaggi singolari
sia francesi che portoghesi ruotano attorno alle coppia e ai loro
due figli.
La notizia di una grossa eredità, che loro vorrebbero mantenere
momentaneamente segreta ma in poche ore diventa di dominio pubblico,
dà inizio ad una serie di bugie, equivoci, falsità, dispetti e
cambiamenti di atteggiamenti.
Molto gradevole, arguto, vario e quasi senza pausa ... per
apprezzarlo appieno è utile conoscere il (presunto) carattere dei
parigini e soprattutto avere abbastanza cultura portoghese, dalle
abitudini alla cucina.
Purtroppo, pare non sia stato distribuito in Italia. Io ho visto la
versione doppiata in spagnolo, "La Jaula Dorada".
IMDb 7,3 RT 88%
282 “La bien amada” (Emilio Fernández “el Indio”, Mex, 1951) * con
Roberto Cañedo, Columba Domínguez, Julio Villarreal
Comparato ai tanti altri film diretti da Emilio Fernández “el Indio”
che ho visto, questo mi sembra il peggiore e neanche il direttore
della fotografia Gabriel Figueroa (di solito ottimo) riesce ad
essere ai suoi soliti livelli. Anche gli attori sembrano non siano
stati coinvolti dalla triste storia e non offrono una prestazione
decente.
Nettamente sotto la
media, assolutamente evitabile.
281 “Pepita Jimenez” (Emilio Fernández “el Indio”, Mex, 1950) * con
Rosita Díaz Gimeno, Ricardo Montalban,Fortunio Bonanova
Una delle varie versioni cinematografiche del famoso romanzo omonimo
di Juan Valera. Come esplicitato nei titoli di testa questo film di
Emilio Fernández “el Indio” volle essere un omaggio alla cultura
spagnola.
La storia si svolge in Andalusia a metà dell'800 e per quanto
possibile fu ricostruito (in Messico) un classico ambiente di case
bianche, col sottofondo di arie e coplillas (versi improvvisati)
flamenche, fiori alle finestre e personaggi in ricchi costumi
(premiati) tradizionali. Per ottenere l'inconfondibile accento
andaluso tutti i protagonisti furono interpretati da noti e bravi
attori della "peninsula", spagnoli originali. Tuttavia, questo
eccesso di "andalusizzazione" si rivela la pecca del film, aggravata
dall'inserimento di tutti i possibili stereotipi e luoghi comuni
riguardanti il sud della penisola iberica.
Ottima la fotografia di Alex Phillips (300 film, canadese
trapiantato in Messico), al livello di quella del maestro del bianco
e nero Gabriel Figueroa, con le riprese dal basso, di primi piani e
mezzobusto, gli allineamenti diagonali, i giochi d’ombra.
In conclusione, un buon melodramma ben realizzato, adattamento di un
classico romanzo di metà XIX secolo.
Merita la visione.
IMDb 6,6
280 “Callejera” (Ernesto Cortázar, Mex, 1949) * con Marga López,
Fernando Fernández, Manuel Dondé
Storia classica di ambiente messicano cittadino e povero, per alcuni
versi affine al genere musicale e caberetero. Il titolo è quello di
una famosa canzone, cavallo di battaglia del sempiterno Vicente
Fernandez.
Protagonisti fiacchi, ma spicca Manuel Dondé, caratterista con quasi
300 film al suo attivo, fra i quali vari con Bunuel (El, Subida al
cielo, El rio y la muerte) tanti classici della Epoca de Oro
messicana e anche vari western hollywoodiani fra i quali “Il tesoro
della Sierra Madre”, nel ruolo del Jefe.
Appena sufficiente
279 “Una aventura en la noche” (Rolando Aguilar, Mex, 1948) * con
Luis Aguilar, Miroslava, Susana Cora
Storia molto misteriosa che vede fra i protagonisti un medium, due
cineasti e due sorelle che, fino all'ultimo, non è dato di sapere se
sono vive o morte, o una è viva e l'altra solo uno spirito. La trama
può sembrare trita e ritrita, eppure in vari risvolti è abbastanza
originale.
Il film non è certo fra i migliori dell’Epoca de Oro messicana, ma
non è per niente da disprezzare; l’avevo scelto per la presenza di
Miroslava star di “importazione” (all’anagrafe Miroslava Šternová,
nata a Praga) del cinema messicano per un breve periodo, ma di lei
dirò di più in separato post.
IMDb 7,0
278 “Badhaai Ho Badhaai” (Satish Kaushik, USA, 2002) * con Anil
Kapoor, Anang Desai, Rohini Hattangadi
Classico mediocre prodotto di Bollywood di inizio 2000. Non troppo
lungo (2h35’) per gli standard indiani riesce comunque a includere
una mezza dozzina di canzoni (ovviamente ballate da un sostanzioso
corpo di ballo), a seguire una trama abbastanza articolata con dei
nemici giurati, anziani capofamiglia un po’ più saggi, giovani
innamorati, qualche personaggio comico e tanta morale a buon
mercato.
Lungi dall’essere memorabile, scorre piacevolmente in coloratissimi
ambienti tradizionali, contando su bravi attori, dai più anziani ai
più giovani e ai caratteristi, con musiche orecchiabili e
coreografie più che accettabili.
Ripeto, classico prodotto medio, realizzato da ottimi mestieranti.
277 “Vampyr” è la versione italiana molto rimaneggiata di “Martin”
(George A. Romero, USA, 1978), con John Amplas, Lincoln Maazel,
Christine Forrest.
Molto rimaneggiata da Dario Argento, che aggiunse anche le musiche
di Goblin.
Leggi tutto in questo post.
RottenTomatoes 90%
IMDb 7,2 (rating ovviamente riferiti alla versione orignale)
276 “Night of the Living Dead” (George A. Romero, USA, 1968) tit.
it.
“La notte dei morti viventi” * con Duane Jones, Judith O'Dea, Karl
Hardman
Opera prima di Romero (scomparso un
paio di mesi fa, a 77 anni) divenuta quasi immediatamente un cult e
non solo per gli appassionati del genere horror.
Con la sua originale messa in scena e affidandosi ad attori non
professionisti (anche loro all’esordio cinematografico e quasi tutti
apparvero poi in soli pochissimi film) Romero è riuscito a produrre
un film che non si avvale di situazioni viste e riviste, non si basa
su stereotipi e citazioni, ha una più che buona parte teatrale (le
aspre discussioni fra Ben e Harry sono notevoli e anche ben
interpretate) e con un budget di poco più di 100.000 dollari ha
stabilito uno “standard” che ha segnato centinaia di produzioni
successive.
Certo, c’è qualche punto debole come per esempio l’autoimmolarsi di
alcuni dei protagonisti che quasi si gettano fra le braccia dei
“morti viventi” ma al buon Romero, considerati oltretutto i limiti
di spesa e l’esordio, si perdona tutto.
A confronto di questo film divertente e ben realizzato, senza
bisogno di effetti speciali e CGI, molti autori contemporanei si
dovrebbero vergognare dei loro prodotti che contano su stelle del
cinema, maestranze altamente specializzate, mezzi tecnici
all'avanguardia e budget quasi illimitati.
RottenTomatoes 96% IMDb 7,9
Stasera guarderò "Martin" (George A. Romero, USA, 1978) che forse
moti conosceranno con il titolo italiano "Vampyr" che però, per me,
resterà solo e sempre riferito all'originale del maestro Carl Th.
Dreyer del 1932.
275 “The Bachelor and the Bobby-Soxer” (Irving Reis, USA, 1947) tit.
it.
“Vento di primavera”, ridistribuito nel 1955 col titolo
“L'intraprendente signor Dick” * con Cary Grant, Myrna Loy, Shirley
Temple
Classica commedia americana del dopoguerra con un trio di attori più
che famosi: l’ineffabile Cary Grant, la già matura ma ancora
avvenente Myrna Loy (all’epoca 42enne, ma già con oltre 100 film
alle spalle) e l’insopportabile Shirley Temple (la Bobby-Soxer del
film) la quale, se era passabile come bambina prodigio, da teenager
aveva ben poco da dire. Dopo questo film interpretò un’altra mezza
dozzina di film nei due anni successivi e a soli 21 anni abbandonò
definitivamente il cinema. Il film è praticamente retto da Cary
Grant.
Curiosi i due diversi titoli italiani i quali, come spesso accade,
hanno comunque ben poco a che vedere con quello originale che si
potrebbe tradurre “Lo scapolone e la ragazzina”.
RottenTomatoes 75% IMDb 7,3
* Oscar al noto scrittore Sidney Sheldon, autore di soggetto e
sceneggiatura
Due film di Bollywood, ma non i classici musical
273 “Maha-Sangram” (Mukul Anand,
India, 1990) tit. int.
“The Big Battle” * con Vinod Khanna, Govinda and Madhuri Dixit
274 “Khanjar” (Chander Sharma,
India, 2002) tit. int.
“The Knife” * con Laxmikant Berde, Gulshan Grover, Tabu
Sono molto diversi fra loro, per
stile, trama e genere. Entrambe fanno parte di un cofanetto che
comprai per pochi euro proprio per rendermi conto di cosa ci fosse
oltre le grandi e spesso sfarzesche produzioni indiane.
Come accennato nel titolo internazionale, il primo narra di uno
scontro fra le famiglie di due “boss”. Il tentativo di
riconciliazione, sinceramente caldeggiato da un’anziana donna di una
parte, sembra andare in porto con due matrimoni incrociati (e quindi
più che “combinati”, “imposti”). Fra doppi giochi, doppi
doppiogioco, fughe d’amore, inganni e colpi di scena, dopo due ore e
mezza si giunge al cruento epilogo. Il cinema indiano ha offerto e
offre molto di meglio, ma per essere un B-movie d’azione è
senz’altro piacevole, scorrevole e la trama in sé non è per niente
male ... un film che - ne sono certo - Tarantino avrebbe amato
molto.
Il secondo si muove - molto male -
fra commedia, thriller, e botte da orbi, il tutto condito da qualche
pezzo cantato e ballato (per fortuna pochissimi).
Se ne può salvare pochissimo o forse proprio niente.
272 “The Southerner” (Jean Renoir, USA, 1945) tit. it.
“L'uomo del Sud” * con Zachary Scott, Betty Field, J. Carrol Naish
Questo è giudicato il migliore dei 5 lungometraggi diretti da Renoir
negli States (1941-1947). La regia è senz’altro di ottimo livello,
ma ho trovato la sceneggiatura troppo emblematica, i personaggi poco
credibili, e la serie di eventi sfortunati plausibili sì, ma
difficilmente ripetibili in sequenza.
Considerato che neanche gli attori brillano, il film si salva solo
per l’ottima regia e una bella fotografia.
IMDb 7,3 RT 91% * 3
Nomination Oscar (regia, sonoro e musica)
Curiosità: l’assistente regia era
“tale” Robert Aldrich. A chi ha poca memoria per i nomi ricordo che,
oltre ad essere stato il regista di “Quella sporca dozzina”, ha
diretto “Che fine ha fatto Baby Jane?” (1962, al 249° posto fra i
migliori film di tutti i tempi secondo IMDb)), l’unico film in cui
apparvero insieme Bette Davis e Joan Crawford, delle quali ho
parlato nel post precedente.
271 “Rain” (Lewis Milestone, USA, 1932) tit. it.
“Pioggia” * con Joan Crawford, Walter Huston, Fred Howard
IMDb 6,9 RT 100%
Micro-recensione e molto altro in questo post
270 “Smouldering Fires” (Clarence Brown, USA, 1925) * con Pauline
Frederick, Laura La Plante, Malcolm McGregor
Buon muto, ben girato, che inizia come film romantico e termina il
melodramma.
Brave le attrici
Pauline Frederick e Laura La Plante, un po’ meno il primo attore
Malcolm McGregor. Tutti e tre restarono sulla cresta dell’onda fino
a quando si produssero muti ma non riuscirono ad adattarsi alla
diversa recitazione necessaria per quelli sonori. Quindi, furono
scritturati sempre più raramente e a metà degli anni ’30 terminarono
anzitempo la carriera. Solo Laura La Plante (classe 1904) interpretò
altri due film dopo il 1935, ma a gran distanza di tempo (1947 e
1957). Interessante la trama con protagonista una donna
inflessibile e intraprendente, proprietaria e dirigente unica di una
fabbrica di articoli di abbigliamento.
Buon prodotto d’epoca.
IMDb 7,1
269 “The Devil Bat” (Jean Yarbrough, USA, 1940) tit. it.
“La Notte Dei Pipistrelli” * con Bela Lugosi, Suzanne Kaaren, Dave
O'Brien
Scelto per la presenza di Bela Lugosi, specializzato in ruoli horro
e vampireschi, stavolta nei panni di uno scienziato “folle”. I
pipistrelli del titolo non hanno niente a che vedere con Dracula e/o
vampiri ma vengono utilizzati dal protagonista per scopi
strettamente personali.
Nel complesso abbastanza insignificante.
268 “The Fast and the Furious” (John Ireland, USA, 1954) * con John
Ireland, Dorothy Malone, Bruce Carlisle
Questo è il primo, e quindi l’originale, film con tale nome che con
tutta la serie moderna ha ben poco in comune se non auto
sfreccianti. In questo caso si tratta di una fuga, ma senza
inseguimenti, e parte dl film si svolge nell’ambiente delle gare su
strada. La “protagonista” è una elegantissima Jaguar decappottabile
XK120 del 1954.
Dopo quasi 50 anni i diritti di utilizzo del solo titolo furono
ceduti e così nel 2001 uscì il nuovo “The Fast and the Furious” con
Vin Diesel, seguito poi da tanti altri dello stesso genere.
John Ireland (regista e protagonista) era attore già conosciuto
seppur con pochissimi ruoli da protagonista alle spalle, ma tanti
personaggi abbastanza importanti come per esempio Jack Burden in
“Tutti gli uomini del re” che gli valse la sua unica Nomination
all’Oscar, ma molti lo ricorderanno per aver successivamente
interpretato Johnny Ringo in “Sfida all’OK Corral” (1957).
Nella sostanza non è un noir, né un film d’azione, né di gare
automobilistiche ... ha vari buoni spunti (per lo più mal
sfruttati), i tempi sono ben scanditi e ci sono vari attimi di
suspense niente male, ma vale la visione solo per essere un classico
B-movie degli anni ’50, prodotto in soli 9 giorni da Roger Corman
(suo anche il soggetto), il quale utilizzò anche riprese di vere
gare per riempire i soli 70 minuti del film.
267 “The Untouchables” (Brian De Palma, USA, 1987) tit. it.
“Gli intoccabili” * con Kevin Costner, Sean Connery, Robert De Niro,
Andy Garcia
Famoso sì, ma non un gran film. Kevin Costner quasi scompare quando
è al lato di un ottimo Sean Connery (con il suo caratteristico
accento un po’ “sibilante”) e anche nei pochi incontri/scontri con
De Niro/Capone non regge assolutamente il confronto.
Senza infamia e senza lode le interpretazioni di Andy Garcia,
Charles Martin Smith (che molti ricordano solo per “American
Graffiti”, Lucas, 1973) e l’esordiente Patricia Clarkson.
Ottima la ricostruzione di ambienti d’epoca, ma la sceneggiatura ha
enormi carenze con molte scene che appaiono troppo artefatte, a
cominciare da quella famosa della carrozzina sulle scale della
stazione (chiara citazione della “Corazzata Potemkin”, Eisenstein,
1925) tirata troppo per le lunghe e in pratica irreale e ripetitiva.
In conclusione, buono in apparenza, piacevole per l’intrattenimento,
cinematograficamente deludente.
Resta comunque nella storia per la famosa frase di De Niro/Capone:
“you're nothing but a lot of talk and a badge” (solo chiacchiere e
distintivo) ripetuta più volte.
RottenTomatoes 80% IMDb 7,9
* Oscar a Sean Connery attore non protagonista e 3 Nomination
(scenografia, costumi e musica originale, di Morricone)
266 “Jesus Christ Superstar” (Norman Jewison, USA, 1973) * con Ted
Neeley, Carl Anderson, Yvonne Elliman
Conoscendo quasi a memoria musica e testi per aver avuto in casa
l’LP, ascoltato e riascoltato, e avendo visto l’opera al Palace
Theatre di Londra nel 1973, ho trovato la versione cinematografica
un po’ fredda e senz’altro deludente, affidata alla regia di Jewison.
Questi fu probabilmente scelto per aver diretto due anni prima un
altro musical di gran successo (ben più famoso e importante dal
punto di vista cinematografico) vale a dire “The Fiddler on the Roof”
(Il violinista sul tetto”, 3 Oscar e 5 Nomination fra le quali
quella per la regia).
Può interessare sapere che la messa in scena londinese (la prima nel
1972) ebbe molto più successo di quella di Broadway e rimase in
cartellone per 8 anni (record inglese per un musical teatrale) ed il
regista era l’allora misconosciuto australiano Jim Sharman che poi
diresse un altro film-musical sia al teatro che nella versione
cinematografica (1975). Mi riferisco al cult dei cult nel suo
genere: “The Rocky Horror Picture Show” che continua ad essere
proiettato nei campus, spettacoli di mezzanotte, ecc. con la maggior
parte degli spettatori vestiti come qualche protagonista e la
maggior parte di loro recitano all’unisono ogni battuta del film!
Tornando al film di Jewison, l’ambientazione nel deserto presso i
reali luoghi storici nei quali Jesus passò i suoi ultimi giorni è
senz’altro affascinante, molto meno lo sono le varie “aggiunte
moderne”.
In ordine di preferenza, LP, spettacolo teatrale (opera rock
composta da Andrew Lloyd Webber con testi di Tim Rice) e, buon
ultimo, il film.
IMDb 7,2 RT 55% * Nomination Oscar
per la miglior musica
265 “Carnage” (Roman Polanski, Fra, 2011) * con Jodie Foster, Kate
Winslet, Christoph Waltz, John C. Reilly
Chi ha a mente i lavori dell’iraniano Asghar Farhadi (p.e. “A
separation”, “About Elly”, “The salesman” potrà vedere alcune
similitudini in questi discorsi senza fine e senza punto di arrivo,
con continui cambiamenti di toni e punti di vista ... sarà per il
sangue persiano che corre nelle vene di Yasmina Reza, autrice della
piece teatrale “Le Dieu du carnage” (2007, “Il dio del massacro”)
dal quale è tratta a sceneggiatura?
Eccellente lavoro di Polanski che gestisce magistralmente i quattro
protagonisti nel ristretto ambiente di un appartamento newyokese e
dei pochi metri che lo separano dall’ascensore. Bravi gli attori, ma
nessuno al top ... comunque Waltz e Reilly sono i più incisivi.
I personaggi sono egualmente insopportabili e riescono a farsi
“odiare” già dopo il primo quarto d’ora, e di ciò va dato merito
alla Reza.
Purtroppo l’ho ri-visto in italiano, con un doppiaggio a dir poco
scandaloso, in particolare quello delle signore ...
Nel complesso un buon film, se potete guardate l’originale in
inglese (americano)
IMDb 7,2 RT 71%
264 “Planet Ocean” (Yann Arthus-Bertrand e Michael Pitiot, Fra,
2012) documentario
Altro ottimo documentario di Yann Arthus-Bertrand, stavolta
affiancato da Michael Pitiot. A differenza di “Home” (suo lavoro di
esordio, 2009) nel quale il film era diviso in varie decine di
“capitoli”, ciascuno dedicato ad una nazione diversa, in “Planet
Ocean” c’è un vero e proprio filo conduttore che prima segue
l’evoluzione e poi le interazioni degli uomini con il mare e gli
esseri viventi che lo popolano.
Non è didascalico, la narrazione appare equilibrata e, anche a detta
degli esperti, tutto ciò che espone ha solide basi scientifiche.
Non si adagia sulla bellezza delle sole immagini naturali (da quelle
aeree a quelle subacquee, dai panorami a foto macro molto spinte) ma
le associa a quelle di pescherecci illegali, megalopoli sul mare,
animali uccisi dall'inquinamento e cimiteri di natanti, sempre
collegandole alla narrazione.
Tutta la fotografia è spettacolare (come potrete vedere dai pochi
screenshot allegati) ed i 90 minuti del film passano in men che non
si dica.
Appassionante, interessante ed educativo, “Planet Ocean” fornisce
anche tanti spunti per riflettere in merito alla “brutta strada” che
l’umanità nel suo complesso ha imboccato. In questo senso devo dire
che è un po’ avvilente.
Comunque sia, mi sento di consigliarlo a tutti, sia a chi è attratto
al lato scientifico, sia a quelli più sensibili ai problemi sociali
e ambientali.
Il film si trova anche su YouTube a
720p
IMDb 7,9
263 “The Snows of Kilimanjaro” (Henry King, USA 1952) * con Gregory
Peck, Susan Hayward, Ava Gardner, Hildegard Knef
Grandi nomi nel cast non fanno per forza un buon film. Peck si
difende, ma non è aiutato né dal ruolo, né dalla sceneggiatura
(seppur basata su una short story di Hemingway, con vari spunti
autobiografici), e le dive al suo lato offrono poco più che la loro
pur piacevole presenza.
Fra gli oltre 100 film diretti dal regista Henry King, finora a me
sconosciuto, non si trova niente di memorabile e questo viene sembra
essere uno dei migliori!.
Praticamente consta di una serie di flashback che illustrano vari
momenti salienti (?) di uno scrittore in fin di vita a causa di
un’infezione contratta durante un safari in Africa. Protagonista
presuntuoso e bevitore, che si accompagna a personaggi femminili per
diversi motivi insopportabili.
Si saltella da un posto all’altro (Madrid, Parigi, di nuovo Spagna
con la guerra civile ...) senza un vero schema o continuità.
All’epoca furono apprezzate le varie scene di caccia (vera e/o
fotografica) in technicolor e non per niente il film ottenne 2
Nomination: fotografia a colori e scenografia.
Nel complesso lento e noioso, la parte del delirio porta quasi
all’esasperazione.
Film sostanzialmente ignavo, produzione quasi inspiegabile
IMDb 6,2
262 “Maclovia” (Emilio Fernández, Mex 1948) * con María Félix, Pedro
Armendáriz, Carlos López Moctezuma, Columba Dominguez
Altro bel film dell’epoca d’oro del cinema messicano.
Emilio Fernández “El Indio”, coadiuvato da maestro delle riprese in
bianco e nero Gabriel Figueroa (scelto più volte anche da Luis
Buñuel), dirige due mostri sacri di quel periodo: María Félix, Pedro
Armendáriz. Nel cast figurano numerosi altri famosi volti del cinema
messicano, soprattutto caratteristi, a cominciare dall’ineffabile
Carlos López Moctezuma (prima foto dopo il poster) del quale si
contano sulle dita di una mano le volte in cui non ha ricoperto
ruoli di infami, malvagi, prepotenti, violenti, ignobili o spietati.
“Maclovia” ricorda molto “Janitzio” (1935) nel quale “El Indio”
ricopriva il ruolo di protagonista. Entrambe le storie (amori di
giovani locali, contrastati da “bianchi arroganti e dispotici”) si
svolgono appunto nella comunità indigena di pescatori che vive
sull’isola di Janitzio, nel lago di Patzcuaro, dove vigono alcune
drastiche “leggi” indie.
In conclusione avendo detto dell’ottima regia, splendida fotografia,
protagonisti e non protagonisti più che convincenti, buona
sceneggiatura, non posso che consigliarne la visione.
IMDb 7,0
261 “White Zombie” (Victor Halperin, USA 1932) tit. it.
“L'isola degli zombies” * con Bela Lugosi, Madge Bellamy, Joseph
Cawthorn
Viene reputato il primo lungometraggio avente gli “zombies” come
protagonisti. In effetti hanno una parte abbastanza limitata e
caratteristiche diverse da quella alle quali siamo ormai abituati,
grazie anche e soprattutto al buon Romero.
In questo caso la scena la ruba senza dubbio il magnetico Bela
Lugosi e la storia è abbastanza originale.
Interessante anche la regia e vari accorgimenti di montaggio, curata
e nitida la fotografia..
Ne consiglio la visione visto che, oltretutto, in rete si trova
un’ottima versione (ben) restaurata
IMDb 6,4
260 “Guerra e pace” (Sergey Bondarchuk, URSS, 1967) tit. or. “Voyna
i mir” * con Sergey Bondarchuk, Lyudmila Saveleva, Vyacheslav
Tikhonov
RottenTomatoes 100% IMDb 7,9
Oscar come miglior film non in lingua inglese
Per vari motivi l’ho dovuto diluire in un paio di giorni (dura circa
7 ore!)
https://discettazionierranti.blogspot.com/2017/08/secondo-me-un-vero-capolavoro-ma-di.html |