51 * “Ochazuke no aji” (Flavor of Green Tea
Over Rice) (Yasujiro Ozu, Jap, 1952) * con Shin Saburi, Michiyo
Kogure, Kôji Tsuruta
Per quanto riguarda il valore
(sottovalutato e/o sconosciuto) della cinematografia giapponese
degli anni '50 vale quanto scritto ieri a proposito dell'opera di
Mizoguchi, e vale anche per questo film di Ozu completamente
differente per ritmo, ambientazione, stile.
Si tratta infatti di un dramma
leggero, con toni talvolta da commedia, che tratta della crisi
coniugale di una coppia borghese negli anni del dopoguerra.
Certamente un buon film realista
che, anche se non viene considerato fra i migliori di Ozu, fornisce
un ottimo spaccato di vita della classe agiata di Tokio solo pochi
anni dopo la guerra. In molte scene appaiono contemporaneamente
donne con il classico kimono e altre vestite alla moda
(internazionale) degli anni ’50.
Molti critici lo hanno visto come
ispiratore di due successivi film di Antonioni - “La notte” (1961,
con Jeanne Moreau e Marcello Mastroianni) e “Il deserto rosso”
(1964, con Monica Vitti e Richard Harris) - e nel complesso come un
innovatore nel campo del genere “realista”.
IMDb 8,0 RT 100%
52 * “Sweet Smell of Success” (Alexander Mackendrick, USA, 1957) *
con Burt Lancaster, Tony Curtis, Susan Harrison
Letteralmente in italiano sarebbe
“Il dolce odore (o profumo) del successo” che dà un’idea delle
motivazioni che muovono i protagonisti del film, tuttavia
distribuito in Italia con il nome “Piombo rovente” (sic!) nonostante
nel film non ci siano sparatorie.
Oltre all’eccellente interpretazione
di Burt Lancaster, c’è da registrare quella di un ottimo Tony Curtis
che si distinse in un ruolo abbastanza insolito - oltretutto in un
noir che è genere non usuale per lui - ottenendo la nomination al
BAFTA e vari altri riconoscimenti.
Non è del noir classico, non ci sono
gangster veri e propri né detective privati e l’obiettivo primario
una volta tanto non sono i soldi ma il potere e quindi quel
“successo” richiamato nel titolo.
Bellissimo bianco e nero del
cantonese James Wong Howe, vincitore di 2 Oscar, e non da ultimo c’è
un’ottima musica con la partecipazione diretta, praticamente dal
vivo, di Chico Hamilton e del suo quintetto.
“Sweet Smell of Success” è il primo film americano dell’inglese
Mackendrick, (nomination all’Oscar con “The Man in the White Suit”,
1951, con David Niven).
Vivamente consigliato.
IMDb 8,2 RT 100%
53 * “Borderland” (Zev Berman, USA,
2007) * con Brian Presley, Jake Muxworthy, Rider Strong
Film horror/splatter/satanico che,
nel suo genere, non è dei peggiori ed ha un buon ritmo e qualche
trovata decente.
La storia prende lo spunto da fatti
realmente accaduti nelle vicinanze della turbolenta frontiera
USA/Messico, terra di nessuno, aventi come protagonisti un gruppo di
“narcosatanicos”.
Mi aveva incuriosito solo per la
partecipazione di Damián Alcázar (protagonista degli ottimi “La Ley
de Herodes” e “La Dictatura Perfecta”, entrambe di Luis Estrada) che
però in questo film ha un ruolo molto marginale. Comunque, a mio
modesto parere, ha fatto una scelta sbagliata.
Fra gli amanti del genere ebbe un
discreto successo e c’è da notare che tutte le recensioni su Rotten
Tomatoes sono sopra la sufficienza e pertanto appare un
(estremamente) fuorviante 100%.
Se non siete appassionati di scene
sanguinolente e di torture è meglio che guardiate qualunque altra
cosa, ma non questo.
IMDb 5,6 RT 100% FA 4,4
54 * “Medium cool” (Haskell Wexler,
USA, 1969) * con Robert Forster, Verna Bloom, Peter Bonerz
Haskell Wexler non è stato regista
di professione, bensì documentarista e soprattutto direttore della
fotografia ed in questa seconda veste ha vinto 2 Oscar con “Chi ha
paura di Virginia Wolf” e “Questa terra è la mie terra” (tit. or.
“Bound for Glory”, biopic del famoso cantautore Woody Guthrie,
1912-1967), oltre ad ottenere 3 Nomination con “Qualcuno volò sul
nido del cuculo”, “Blaze” e “Matewan”, del quale parlerò in un
prossimo post.
“Medium Cool” è il suo unico
lungometraggio pur essendo un film assolutamente fuori dai canoni in
quanto i pochi attori si mischiano con i dimostranti (veri) dei
famosi moti del 1968, iniziati con l’assassinio di Martin Luther
King (4 aprile) e proseguiti in molte città americane fino al
culmine in Chicago in occasione della Convention del Partito
Democratico (fine agosto 1968). Addirittura, in una delle tante
“prese dirette” durante le manifestazioni si sente un assistente
gridare “Attento Haskell, è vera!” (riferendosi all’ordigno
fumogeno/lacrimogeno appena esploso vicino a lui.)
Questo eccellente film viene
tutt’oggi inserito nei programmi per gli studenti di cinematografia
in quanto ottimo esempio di cinéma vérité, oltretutto con una decisa
connotazione politica.
Lo vidi al Festival di Pesaro nel
1975 e scelsi il suo titolo italiano - “America, America dove vai?”
- quale nome identificativo della mia rassegna sul Nuovo Cinema
Americano al Teatro Instabile di Napoli nell’inverno successivo
(75/76) alla quale dedicherò un post specifico su Discettazioni
Erranti
http://discettazionierranti.blogspot.it/
Haskell Wexler, che si è sempre
occupato di questioni sociali come dimostrano i suoi lavori, è
deceduto un paio di mesi fa, il 27 dicembre 2015, e gli attentissimi
coordinatori della Cinemateca Portuguesa hanno pensato bene, molto
bene, di proporre “Medium cool” e “Matewan” in memoriam.
IMDb 7,4 RT 95%
55 * “Silver river” (Raoul Walsh,
USA, 1948) * con Errol Flynn, Ann Sheridan, Thomas Mitchell
Mitico regista che nel corso della
sua lunghissima carriera ha diretto ben 137 film cominciando con i
muti prima della I Guerra Mondiale e terminando nel 1964. Questo non
è certamente dei suoi più famosi e probabilmente neanche dei
migliori ma si distingue per la presenza di Errol Flynn (all’epoca
quasi quarantenne) che inusualmente non interpreta un “eroe
positivo”, ma di un uomo con pochi scrupoli. Con il successivo film
di questa raccolta "Canyon passage” componeva il double bill (doppio
spettacolo) di argomento western, di quelli buoni ma non
indimenticabili, con trame che si distaccavano dagli standard.
Dopo un preambolo relativo alla
Guerra di Secessione, la scena si sposta nel mondo delle miniere
d’argento, banche e avventurieri.
Cast di tutto rispetto che include,
fra gli altri, Thomas Mitchell il cui nome probabilmente non vi dice
niente, ma si tratta di un caratterista che ha interpretato molti
ruoli importanti in film indimenticabili come Ombre rosse (Oscar
come miglior attore non protagonista), Mezzogiorno di fuoco, Via col
vento, ...,
IMDb 6,6
56 * “Canyon passage” (Jacques
Tourneur, USA, 1946) * con Dana Andrews, Brian Donlevy, Susan
Hayward
Anche questo, come “Silver River”
con il quale era abbinato nel Doulbe Bill della Cinemateca
Portuguesa, non è un western classico nel vero senso della parola.
Nella prima parte dominano storie romantiche, di amicizia e
solidarietà fra i pionieri dell’Oregon con qualche “attrito”
marginale e qualche scazzottata. Solo verso la fine subentrano gli
“indiani” ... e sono problemi.
Non si vede nessun canyon nel film e
come me anche altri si sono chiesti il perché del nome.
Ad affiancare i protagonisti ci sono
un ottimo Ward Bond che interpreta il cattivissimo Honey Bragg e il
poliedrico cantautore, attore e pianista Hoagy Carmichael (Oscar nel
1947 per la miglior canzone).
(IMDb 6,6 RT 100%, ma con solo 4 recensioni) 1 Nomination
Oscar
57 * “Matewan” (John Sayles, USA,
1987) * con Chris Cooper, James Earl Jones, Mary McDonnell
Questo è il primo film di livello di
Sayles, che proveniva dalla scuola di Corman e aveva poi collaborato
con Joe Dante come sceneggiatore. Grazie soprattutto alla fotografia
di Haskell Wexler, che si guadagnò la nomination all’Oscar, ottenne
buona visibilità forte anche della sceneggiatura basata sulle lotte
condotte dai minatori negli anni ‘20 a Matewan, piccola città in
West Virginia.
I loro tentativi per ottenere
condizioni migliori, supportati da un sindacalista e chiaramente
osteggiati con la forza dai padroni delle miniere, sono narrati nel
film restando abbastanza fedeli alla realtà di allora. La
conclusione è storicamente ricordata come “massacro di Matewan”.
Particolarmente interessante è anche
vedere come Joe Kenehan (il sindacalista, interpretato da Chris
Cooper) dovesse lottare per unire i minatori stessi, ben divisi in
gruppi etnici che rifiutavano qualunque contatto con gli altri
(italiani, irlandesi, “negri”).
Buon film, ben diretto e ben
interpretato, con l’ottima fotografia di Wexler.
IMDb 7,9 RT 93% Nomination Oscar per Fotografia (Haskell Wexler)
58 * “Ordet” (Carl Theodor Dreyer,
Danimarca, 1955) “La parola” * con Henrik Malberg, Emil Hass
Christensen, Preben Lerdorff Rye
Pietra miliare del cinema danese,
penultimo film del maestro Dreyer (Prästänkan, Vampyr, La passion de
Jeanne d'Arc, Dies irae) uno dei suoi migliori, Leone d’Oro a
Venezia nel 1955.
Dramma tratto dall’omonima pièce
teatrale di un pastore protestante, è incentrata sullo scontro
ideologico e dialettico all’interno di una agiata famiglia di una
zona rurale danese. Tutti i componenti della famiglia in un modo o
nell’altro e per vari motivi contestano le rigide idee del
capofamiglia. Pur rispettato dai figli (uno agnostico, un altro -
studente di teologia - sull’orlo della follia, e il terzo che vuole
sposare la ragazza che ama ma di dottrina religiosa diversa) è da
essi criticato per la sua inflessibilità dovrà tentare di tenere
unita la famiglia e per di più si troverà ad confrontarsi con il suo
possibile consuocero su questioni prettamente religiose.
Ritmo lento ma privo di pause,
ottima interpretazione, bellissima fotografia (bianco e nero).
Questo è cinema!
IMDb 8,1 RT 100%
59 * “Tarahumara - Cada Vez Más Lejos” (Luis Alcoriza, Mexico,
1960) * con Ignacio López Tarso, Jaime Fernández, Aurora Clavel
Questo è uno di quei film che si
svolge in un ambiente completamente sconosciuto ai più, tra le
ripidissime valli della Sierra Madre nel nord del Messico ed oltre
la metà dei protagonisti sono di etnia Tarahumara (attualmente poco
più di 100.000).
Tuttavia riesce perfettamente a
mantenersi al limite del documentarismo senza mai superarlo.
La storia, pur essendo più o meno
prevedibile, è ben interpretata e si lascia seguire piacevolmente
anche per l’interesse che innegabilmente suscitano le abitudini e il
modo di vivere di questa popolazione di cultura precolombiana.
Cinematograficamente non è
eccezionale, ma chi lo guarda certamente non se ne pente.
Post relativo all’etnia dei Tarahumara ed in particolare della loro
predisposizione a correre distanze inimmaginabili per chiunque
IMDb 7,2 FA 7,3 Nomination Golden Globe Miglior film straniero
60 * “Ahì viene Martin Corona”
(Miguel Zacarías, Mexico, 1952) * con Pedro Infante, Sara Montiel,
Eulalio González
Classica commedia musicale messicana
degli anni ’50 con due protagonisti d’eccezione: Sara Montiel e
Pedro Infante. La prima è stata forse la più famosa attrice (anche
cantante) spagnola degli anni ’40-‘60, la prima a lavorare anche ad
Hollywood e di conseguenza anche in Messico. Il secondo è stato un
ottimo cantante che però ha avuto grande successo anche al cinema e
con Mario Moreno (meglio conosciuto come Cantinflas) condivide il
titolo di attore più famoso e soprattutto più amato dai messicani.
Trama classica con Infante eroe
buono, la bella straniera di turno (Sara Montiel) che finge di
snobbarlo, pochi amici fidati e un gruppo di cattivi che, ovviamente
alla fine hanno la peggio.
IMDb 7,1
61 * “F/X” (Robert Mandel, USA, 1986) * con Bryan Brown, Brian
Dennehy, Diane Venora
A mio parere è stato sottovalutato.
Non è un thriller di alto livello, ma la trama si distingue per la
sua originalità, ci sono tanti colpi di scena e varie incongruenze
possono essere tranquillamente perdonate.
Tutto ruota attorno ad uno
specialista di effetti speciali cinematografici ce viene convinto a
mettere in scena un falso omicidio che quasi fino alla fine non si
sa se è avvenuto o fosse effettivamente finto, chi sono gli
organizzatori del tutto e quali sono i loro scopi.
In effetti al pubblico è piaciuto
più che ai critici e quindi nel 1991 è stato prodotto “F/X 2” (con
gli stessi Bryan Brown e Brian Dennehy) e a partire dal 1996 la
serie di telefilm canadesi passati anche in Italia col nome “F/X -
The Illusion”.
IMDb 6,6 RT 86%
62 * “Blancanieves” (Pablo Berger, Spagna, 2012) * con Maribel Verdú,
Emilio Gavira, Daniel Giménez
Film di grandissimo pregio che però,
purtroppo non è riuscito ad avere una buona distribuzione,
probabilmente limitato dai preconcetti che tanti hanno nei confronti
del bianco e nero.
Ne ho parlato abbondantemente in questo post nel quale troverete
anche il trailer
Per dare un’idea del suo pregio,
basti ricordare che ebbe 18 Nomination ai Premi Goya (i più
importanti per i film in spagnolo) guadagnandosi ben 10 premi. Ha
ottenuto altri 36 premi e tante nomination in Festival di tutto il
mondo.
IMDb 7,5 RT 94%
63 * “El crack” (José Luis Garci,
Spagna, 1981) * con Alfredo Landa, María Casanova, Manuel Tejada
Buon film noir spagnolo (genere poco
frequentato dai cineasti iberici) riconosciuto da tutti i critici
come uno dei migliori del suo periodo. L’investigatore privato
Germán Areta (interpretato da Alfredo Landa) viene coinvolto nella
ricerca di una ragazza scomparsa e ben presto diventa oggetto di
pesanti minacce, ed anche qualcosa di più, da parte di chi vorrebbe
farlo desistere. Andrà ovviamente fino in fondo in un finale poco
comune e per niente ortodosso.
A seguito del successo ottenuto, nel
1983 fu prodotto anche “El Crack II”.
IMDb 7,3 FA 7,1
64 * “Dances with Wolves” (Kevin
Costner, USA, 2003) * con Kevin Costner, Robert Duvall, Diego Luna
Sono già passati 13 anni dall’uscita
di questo film che ebbe notevole successo anche al botteghino oltre
che nella corsa agli Oscar. Si tratta di uno di quelli che
descrivono il Far West in modo ben diverso rispetto agli standard di
quasi tutto il secolo precedente, con pochi pionieri, nessun
pistolero, quasi tutti i soldati sono cattivi e i pellerossa sono i
buoni. Questa sommaria ripartizione era probabilmente vera in molti
casi. Narra la storia di un ufficiale dell’esercito americano che
richiede specificamente di essere mandato ad un posto di frontiera
nell’estremo west dove scoprirà di essere quasi l’unico bianco ed
entrerà in contatto con gli “indiani”.
Il buon Costner avrebbe potuto
ottenere risultati migliori risparmiandoci alcune parti troppo lente
e un po’ melense e limitandosi a non più di 2 ore.
Non capisco come Mary McDonnell
possa aver avuto la Nomination come attrice non protagonista ...
misteri degli Oscar.
IMDb 8,0 RT 82% 7 Oscar + 5 Nomination
65 * “The Iron Mask”” (Allan Dwan,
USA, 1929) * con Douglas Fairbanks, Marguerite De La Motte, Dorothy
Revier, Nigel De Brulier, Ullrich Haupt
Classicissimo film di cappa e spada
della fine dell’epoca del muto, tratto dal romanzo di Dumas
“Vent’anni dopo” e con il divo di allora (in particolare per i film
di azione) Douglas Fairbanks nelle vesti di D’Artagnan.
Essendo trama nota non ne parlo e
passo direttamente ai brevi commenti. La partenza è un po’ lenta,
più da commedia romantica che da pellicola di azione colma di
intrighi e tradimenti. Tuttavia, appena la storia comincia a
prendere corpo, il ritmo è buono e il film diventa avvincente. Come
l’inizio, anche la chiusura mi è sembrata di livello un po’
inferiore al resto. In ogni caso resta un più che buon film d’epoca.
IMDb 7,7 RT 100%
66 * “The American Friend” (Wim
Wenders, Ger-Fra, 1977) * con Dennis Hopper, Bruno Ganz, Lisa
Kreuzer
Penso che sia uno dei buoni film di
Wenders anche se non fra i migliori. Trama da noir, cast misto
tedesco americano comprendente nomi di spicco come Bruno Ganz e Lisa
Kreuzer da un lato e due pietre miliari del cinema americano
dall’altro: Dennis Hopper e Nicholas Ray.
Ai più giovani o distratti ricordo
che il primo fu regista e protagonista di Easy Rider (1969, con
Peter Fonda e Jack Nicholson) mentre il secondo è a tutti gli
effetti un (grande) regista e le sue rare apparizioni nelle vesti di
attore si contano sulla punta delle dita. Senz’altro consigliato ma
non proprio imperdibile.
IMDb 7,4 RT 88% Wenders Nomination Palma d’Oro a Cannes
67 * “21 grams” (Alejandro González
Iñárritu, USA, 2003) * con Sean Penn, Benicio Del Toro, Naomi Watts
Secondo film della trilogia della
morte di Iñárritu, fra "Amores perros" e "Babel". Regista messicano,
produzione americana, cast internazionale. Fra tutti si distingue
certamente Benicio Del Toro (Nomination Oscar, così come Naomi Watts)
mentre mi sembra che neanche in questo film Sean Penn abbia saputo
dimostrare di essere un Attore.
Il particolare montaggio colmo di
flashback, volutamente molto confuso, tiene sempre viva l'attenzione
degli spettatori i quali devono riuscire a posizionare ogni scena
nel giusto ordine temporale per non perdere il filo della storia e
comprendere le varie connessioni fra i protagonisti le cui vite,
fino a un certo punto, seguono tre strade completamente distinte.
Secondo me questo è "molto più film"
del tanto declamato "The Revenant" dello stesso Iñárritu, fresco
vincitore di Oscar. A quelli che non lo conoscono e sono interessati
a guardarlo, suggerisco di prendere in considerazione l'intera
trilogia, nell'ordine temporale giusto.
IMDb 7,7 RT 87% 2 Nomination Oscar (Del Toro, Watts)
68* “El castillo de la pureza”
(Arturo Ripstein, Mex, 1973) * con Claudio Brook, Rita Macedo,
Arturo Beristáin
molti lo valutano fra i migliori di
Ripstein, stimato regista messicano ma non sono d'accordo. La storia
è abbastanza folle, anche se si conoscono casi simili, vale a dire
di persone prigioniere in casa propria. La stranezza, in questo
caso, è però che i componenti della famiglia (moglie e tre figli)
succubi del padre despota e carceriere, talvolta anche violento
senza motivo, sembrano non soffrire del loro isolamento e
segregazione, sembrando addirittura quasi contenti e soddisfatti
della loro vita da reclusi. Padre che vorrebbe proteggere in
particolare i figli da qualsiasi contaminazione esterna reputando
tutta la razza umana corrotta e quini da eliminare, in uno strano
parallelismo con il suo mestiere di produttore di veleno per topi.
Ma questa sua morale rigidissima non gli impedisce di cercare
avventure sessuali, anche a pagamento, nel corso delle sue uscite
per consegnare il ratticida. Nel complesso non mi ha convinto per
niente, resta la buona prova di Claudio Brook (il padre) che
qualcuno forse ricorda in "Simon nel deserto" di Buñuel, il regista
con il quale Ripstein si é fatto le ossa.
IMDb 7,7 FA 7,2
69 * “Whisky” (Pablo Stoll e Juan Pablo Rebella, Uurguay, 2004) *
con Andrés Pazos, Mirella Pascual, Jorge Bolani
Film uruguayo consigliatomi da una
esperta (in linea di massima di fiducia) ma stavolta non mi trova
d'accordo. Storia triste, lenta, quasi totalmente priva di azione o
di svolte sostanziali. Cercando di informami in merito alle
cinematografie sud americane al di là di quella argentina abbastanza
conosciuta e di più che discreto livello mi sono fatto convincere
anche dalle buone critiche e vari riconoscimenti ottenuti. Penso che
molte volte - non sempre per fortuna - venga “premiata” la novità
più che la qualità e di conseguenza molti prodotti siano
sopravvalutati. La sceneggiatura di Whisky è del genere triste
tendente al rassegnato. Volendo attribuirgli un merito, i pochi
colori con predominanti grigio, marrone e via discorrendo e tanti
quadri fissi e camera car lunghissimi trasmettono questa sensazione,
ma una drammatica storia di apatia scelta come soggetto per un
lungometraggio non basta a renderlo un buon film, ci vuole molto di
più.
IMDb 7,2 RT 100%
70 * “La estrategia del caracol” (Sergio Cabrera, Colombia, 1993) *
con Fausto Cabrera, Frank Ramírez, Delfina Guido
Comedia negra colombiana, film
corale la cui trama gira attorno una comunità di inquilini abusivi
(ma non è certo) che tenta di difendersi in tutti i modi dai
tentativi di sfrattarli da parte del (presunto) proprietario.
Vincitore di parecchi premi fra i quali un premio speciale al
Festival di berlino. Ha anche avuto buoni consensi da parte del
pubblico diventando un successo al botteghino.
IMDb 7,8 FA 7,3
71 * “Post Mortem” (Pablo Larrain, Chile, 2010) * con Alfredo
Castro, Antonia Zegers, Jaime Vadell
Film del chileno Larrain che gode di
buona fama aumentata dalle critiche positive del suo lavoro più
recente “El Club” che tratta il tema dei “cattivi preti”, come
“Spotlight” il vincitore dell’Oscar 2016.
Post Mortem, che non ha incontrato i
favori del pubblico secondo me è viziato da uno stile poco
comunicativo, quasi sperimentale. Non si contano le inquadrature
della nuca del protagonista, camera car, pianti quasi a dirotto,
autopsie, quadri fissi e, per finire, degli ultimi 10 minuti 6
consistono in un'inquadratura fissa con il protagonista, inquadrato
parzialmente e di spalle, che entra e esce dal campo accatastando
sedie, un materasso, mobili, un copertone e altro, ma sempre di
spalle ... e poi ci sono i 4 minuti di titoli, con fondo nero ... .
IMDb 6,6 FA 5,9
72 * “99 Homes” (Ramin Bahrani, USA, 2014) * con Andrew Garfield,
Michael Shannon, Laura Dern
Questo film affronta il dramma della
crisi immobiliare americana da tutt'altro punto di vista rispetto a
“The Big Short”. Singolare storia di uno "sfrattato" che si fa
assumere da chi l'ha buttato in strada e viene coinvolto nei suoi
affari. Rinuncerà a molti dei suoi principi morali, arrivando a
diventare il braccio destro del suo capo. Ma fino a quando
continuerà ad agire senza scrupoli? Cosa lo potrà fermare? Buon film
anche se non eccezionale.
IMDb 7,2 RT 92%
73* “La novia” (Paula Ortiz, Spagna, 2015) * con Leticia Dolera,
Manuela Vellés, Inma Cuesta
Un ennesimo film con sceneggiatura
adattata da "Bodas de sangre", dramma di Garcia Lorca. A detta dei
conoscitori è una delle più fedeli trasposizioni cinematografiche,
forse la più fdele in assoluto. Anche dal punto di vista
strettamente cinematografico ha indubbi meriti combinando molto bene
ambientazione, costumi e colonna sonora. Bella fotografia con buona
parte degli esterni ambientati nel sud della Spagna e, scelti per la
particolarità dei paesaggi, alcuni in Cappadocia. Anche la colonna
sonora è degna di nota, composta da un misto di canti tradizionali e
nenie. Inutule dire che il testo è eccezionale, ben interpretato da
tutti i componenti del cast, in particolare da quelli più avanti con
gli anni. Visto in aereo in versione originale con sottotitoli
inglesi sovraimpressi ... potrebbe essere che in rete questa
versione sia disponibile. Vivamente consigliato.
IMDb 7,4 FA 7,4 2 Premi Goya
74 * “El Milagro de P. Tinto” (Javier Fesser, Spagna, 1998) * con
Luis Ciges, Janusz Ziemniak, Pablo Pinedo
Questo film, scelto per la presenza
di Luis Ciges, ma senza saperne assolutamente niente di più, si è
rivelato una piacevolissima sorpresa.
Folle, surreale, demenziale, black
comedy ... tutte etichette compatibili per questo film nel quale
appaiono extraterrestri, evasi da manicomio, nani, la NASA,
fabbricanti di ostie per il Vaticano, treni che passano regolarmente
ogni 25 anni, macchine del tempo.
Chiaramente, ha i suoi punti deboli,
qualche rallentamento e qualche sorpresa un po' prevedibile, ma nel
complesso il ritmo rimane buono e i colpi di scena non mancano. Se
avete dimestichezza con lo spagnolo e buon senso dell'umorismo non
ve lo dovreste perdere ... lo trovate su YouTube.
IMDb 7,2 FA 6,4
75 * “Voces inocentes” (Luis Mandoki,
Mex, 2004) * con Carlos Padilla, Leonor Varela, Xuna Primus
Buon film su una storia quasi
dimenticata nella quale si parla anche di bambini soldato ma non in
Africa, bensì in El Salvador (Centro America). Tutto si svolge in un
piccolo centro abitato che si trova, per sua sfortuna, nella zona di
contatto fra i rivoluzionari e l’esercito. Gli spettatori saranno
testimoni di come i pacifici abitanti siano minacciati, sequestrati,
uccisi e di come i militari andassero a reclutare bambini di 10-12
anni direttamente a scuola.
Buon film, chi regge questo tipo di
argomenti (con tanti morti ed esecuzioni) non dovrebbe perderselo.
IMDb 8,0 RT 72% Orso di Cristallo al Festival di Berlino
76 * “Lucía (I)” (Humberto Solás, Cuba, 1968) * con Raquel Revuelta,
Eduardo Moure
L’aggiunta di (I) al titolo è
necessaria per specificare che si tratta solo della prima parte di
un film relativamente lungo che narra le storie di tre donne, tutte
di nome Lucía, vissute in tre epoche completamente diverse. La
prima, l’unica che ho trovato in rete, si svolge nel 1895, le altre
due rispettivamente nel 1932 e nel 196x (proprio così, un qualunque
anno dei ’60). Un bel bianco e nero, con grande uso della camera a
mano, descrive l’ambiente della ricca borghese della Cuba di fine
‘800. Una classica storia di passione che termina in tragedia e non
dirò di più.
Questa prima parte dura solo un’ora
ed è disponibile su YouTube.
IMDb 7,3 FA 6,8
77 * “The Passion od Joan of Arc”
(Carl Theodor Dreyer, Danimarca, 1928) * con Maria Falconetti,
Eugene Silvain, André Berley
Gli ultimi giorni di Giovanna
d’Arco,vale a dire il processo per eresia ed il rogo. Una serie
pressoché infinita di volti affascinanti, rugosi, rotondeggianti,
smunti, con sguardi minacciosi, preoccupati, increduli, deridenti,
primissimi piani e facce deformate dalle riprese ravvicinate dal
basso ... una collezione estremamente varia e quasi perfetta.
L'interpretazione e il montaggio,
relativamente rapido per un film degli anni '20, rende quasi
superflui i cartelli con il dialogo. Qualunque cinefilo dovrebbe
vederlo se non l’ha già fatto.
La versione che ho guardato (Criterion
Collection) si apre con una nota che rende edotti gli spettatori che
anche questo film fu vittima della censura (per motivi religiosi,
ovviamente) ancor prima della sua uscita e poco dopo andò a fuoco.
Un secondo negativo ri-montato da Dreyer fece la stessa fine. Per
oltre mezzo secolo circolarono quindi copie incomplete finché nel
1981 per puro caso fu ritrovata una copia danese in un armadio di un
manicomio norvegese.
Dalla collaborazione del Danish Film
Museum con la Cinémathèque française è stata prodotta la copia
restaurata attualmente in circolazione che si suppone essere quasi
identica alla quella originale.
IMDb 8,4 FA 97%
78 * “El bulto” (Gabriel Retes,
Mexico, 1992) * con Gabriel Retes, Héctor Bonilla, Lourdes
Elizarrarás
Film con trama originale, diretto da
Gabriel Retes e interpretato da lui stesso, sua madre, i suoi figli
e vari attori professionisti. Il tema non è quello che può sembrare
a prima vista, ma è un modo di mettere a confronto la vita e la
politica messicana a 20 anni distanza. Si tratta della storia di un
reporter di sinistra il quale, mentre scatta foto nel corso di una
manifestazione, viene colpito da una manganellata ed entra in coma.
Si risveglia dopo 20 anni, durante i quali è stato accudito
soprattutto dalla madre, dal figlio e dalla figlia che non ha mai
visto, essendo nata dopo l'incidente. Pur analizzando sommariamente
il ritorno alla vita e in famiglia (quasi estranea), e i rapporti
interpersonali dai vari punti di vista, l'intento del regista è
quello di mettere a confronto le idee rivoluzionarie dei giovani di
sinistra del '68 con quelle della fine degli '80 e tutti sappiamo
quali profondi cambiamenti sono intervenuti in quel periodo nelle
sinistre di tutto il mondo.
Prodotto a basso costo in un periodo
di stanca della cinematografia messicana, è stato apprezzato ed
elogiato soprattutto per la sua valenza politica. Per apprezzare
questo aspetto bisogna necessariamente conoscere almeno un po' la
storia e la società messicana, altrimenti resta solo il racconto di
un risveglio da un ventennio di coma con tutto ciò che ne consegue,
che comunque non è da buttare.
“Bulto” ha vari significati, in
questo caso “baule, peso, fardello”, ed è ovviamente riferito a
Lauro, il protagonista.
IMDb 7,3 FA 6,6
79 * “La extraña pasajera” (Fernando
A. Rivero, Mexico, 1953) * con Emilia Guiú, Víctor Manuel Mendoza,
Tito Junco
Non è un gran film ... si svolge
tutto su un treno sul quale, in poche ore, succede più o meno di
tutto, forse troppo.
Ci sono passeggeri comuni ma anche
un giocatore di professione (= baro?), una femme fatale, un
prigioniero in manette scortato da militari, un colonnello in
borghese, un maggiore in divisa, pistole e soldi in discreta
quantità. Per di più le storie sono in effetti due ma, dati gli
spazi limitati e i relativamente pochi personaggi, chiaramente si
intrecciano e qualcuno ha un ruolo determinante in entrambe.
Per chiarire tutto si deve attendere
la fine.
IMDb 6,8
80 * “Cuidado con el amor” (Miguel
Zacarías, Mexico, 1954) * con Pedro Infante, Elsa Aguirre, Fanny
Schiller
Per tenermi in allenamento con il
castigliano-messicano ho guardato un’altra classica commedia
musicale degli anni ’50 avente quale protagonista l’amatissimo Pedro
Infante.
Buono nel suo genere, ma
assolutamente trascurabile per il cinema serio e certamente non fra
i migliori prodotti dell’Epoca de Oro del Cine Mexicano, periodo al
quale appartiene.
IMDb 7,5 FA 7,2
81 * “Home - Storia di un viaggio“
(di Yann Arthus-Bertrand, Francia, 2009) * Film-documentario
prodotto da Luc Besson, colonna sonora curata da Armand Amar
Sono stato un po' indeciso se
inserirlo fra i film o meno ma poi, come è evidente, ho optato per
considerarlo (quasi) alla stregua di un film.
Si tratta di in documentario sui
generis che mi ha entusiasmato e pertanto gli
ho dedicato un post più lungo delle solite micro-recensioni
82 * “Phantom” (di F. W. Murnau, Germania, 1922) * con Alfred Abel,
Frida Richard, Aud Egede-Nissen
Si tratta di uno dei film di Murnau
generalmente meno apprezzati. Anch’io l’ho trovato macchinoso, un
po’ ripetitivo e inutilmente lungo. La versione disponibile in rete
è quella restaurata pochi anni fa in modo quasi perfetto.
Nonostante il titolo, la storia non
ha niente a che vedere con fantasmi né con fenomeni paranormali o
soprannaturali e quindi neanche con Nosferatu, uno dei suoi vari
capolavori, prodotto nello stesso anno.
IMDB 7.0
83 * “Niwemang - Half Moon” (di
Bahman Ghobadi, Iran, 2006) * con Ismail Ghaffari, Allah-Morad
Rashtian, Farzin Sabooni
Ancora un film iraniano che si è
fatto onore all'estero ottenendo vari riconoscimenti fra i quali tre
premi a San Sebastian dove il regista Ghobadi aveva già vinto due
anni prima con “Turtles can fly”.
In Niwemang penso che però abbia
perso l'occasione (o non gli è stato consentito) di approfondire la
tematica della musica proibita in Iran da Saddam Hussein per oltre
30 anni, con le cantanti confinate in un piccolo villaggio in quanto
era vietato loro di esibirsi davanti agli uomini e tutti i problemi
dei curdi tuttora lontani da una qualunque risoluzione.
Toccanti e affascinanti sono le
scene (seppur più cinematografiche che reali) della fabbrica di
strumenti musicali e delle cantanti sui tetti del villaggio, tutte
"armate" del loro imprescindibile tamburo a cornice. Per il resto il
film volge più alla commedia negra avvicinandosi talvolta a
situazioni al limite del surreale del tipo di quelle di Kusturica.
La presenza di Golshifteh Farahani (About
Elly) nella confusa parte conclusiva, non è una delle sue migliori
interpretazioni, di certo non salva il film.
IMDB 7.3 RT 100%
84 * “Gaav” (The Cow) (di Dariush
Mehrjui, Iran, 1969) * con Ezzatolah Entezami, Mahin Shahabi, Ali
Nassirian
Pare che sia un classico, film quasi
d'epoca (del 1969 quando al potere c’era ancora lo Scià di Persia.
La trama si basa su un dramma pirandelliano-kafkiano (con risvolti
comici) che si consuma un piccolo villaggio. Uno dei pochissimi
possessori di una vacca (che accudisce come fosse una figlia) un
giorno va in città e durante la sua assenza l'animale
improvvisamente e inspiegabilmente muore.
Di comune accordo tutti gli abitanti
decidono di sotterrarla immediatamente e dirgli che è scappata,
temendo che possa morire al conoscere la verità. Purtroppo le
conseguenze del loro gesto (pur fondato su buoni propositi) si
rivela essere peggiore e gli effetti saranno drammatici. (tipico
caso di cura peggiore della malattia).
La descrizione per immagini della
piazzetta/agorà, dei protagonisti, delle loro abitazioni e delle
stradine affascina per la sua semplicità e anche per i volti dei
coprotagonisti, senz'altro non attori professionisti, ma proprio per
questo estremamente reali e veritieri.
Interessante prodotto, sia per la
trama, sia per l'aspetto antropologico, sia per la ben bilanciata
messa in scena e narrazione.2016-0
IMDB 8.2
85 * “Badkonake sefid” (The white
balloon) (di Jafar Panahi, Iran, 1995) * con Aida Mohammadkhani,
Mohsen Kafili,Fereshteh Sadre Orafaiy
Quest'altro film iraniano, più
moderno, a colori e ambientato a Teheran, ha come protagonista una
bambina di 8 anni per la verità abbastanza irritante. Un po'
lamentosa, un po' capricciosa, abbastanza disobbediente e
sprovveduta, ma che fra pianti e qualche idea ingegnosa riesce a
coronare il suo sogno: avere un pesce rosso per il capodanno
persiano. Dal momento in cui, grazie anche al fratello di pochi anni
più grande, riesce ad ottenere dalla madre i soldi per andarlo a
comprare inizia il suo lungo e soprattutto travagliato viaggio fra
tanti intoppi, pericoli e coincidenze sfortunate.
Premiato a Cannes
IMDB 7.8 RT 80%
86 * “Son of Saul” (di László Nemes,
Ungheria, 2015) * con Géza Röhrig, Levente Molnár, Urs Rechn
Nulla da eccepire per questo Oscar
che, al di là della storia, è un ottimo prodotto cinematografico, al
contrario (secondo me) di Spotlight che si basa su un inchiesta
meritevole aver vinto il Pulitzer (premio di giornalismo) ma lo
stesso soggetto non dovrebbe essere sufficiente per vincere un Oscar
come miglior film.
Camera a spalla, riprese da dietro,
poca profondità di campo, fuoco su un personaggio per volta,
conseguenti sfondi spesso sfuocati e infine la scelta del formato
1,37:1 che quasi costringe a concentrare l’interesse sull’azione e
sul movimento del protagonista in luoghi affollati da disperati e
soldati, il tutto accompagnato dalla “colonna sonora” delle grida di
dolore e paura dei primi e di comando e minaccia dei secondi.
Al contrario Géza Röhrig, attore
protagonista, non parla quasi mai essendo solo concentrato a
sopravvivere ed a portare a termine il suo pio compito, anche a
costo della propria vita.
Ripeto ottimo Film, con la “F”
maiuscola.
IMDB 7.9 RT 96% Oscar 2016 Miglior film straniero
87 * “La tierra y la sombra” (di
César Augusto Acevedo, Colombia, 2015) * con José Felipe Cárdenas,
Haimer Leal, Edison Raigosa
Interessante film che si svolge
quasi interamente fra immensi canneti che vengono tagliati e
bruciati, una conseguente quasi continua pioggia di cenere ed una
piccola casa isolata nella quale vive un uomo, costretto a letto da
problemi polmonari peggiorati dalle ceneri, sua madre, la moglie e
il figlio di 6 anni ... fino al ritorno del padre allontanatosi da
casa da una dozzina di anni.
Dramma più che altro familiare che
si sviluppa attorno al rancore della nonna nei confronti del marito
e l’ostinazione a voler rimanere in quella casa che è la loro unica
proprietà. Tutto ciò aggravato dalla malattia e da problemi
lavorativi.
Buon film basato sugli sguardi, le
pause e le immagini che si alternano fra campi a perdita d’occhio e
la semioscurità degli ambienti della casa nella quale è d’obbligo
mantenere le finestre chiuse per cercare di limitare l’ingresso
delle ceneri. Storia raccontata attraverso le immagini e senza avere
bisogno di un cumulo di parole ... questa secondo me dovrebbe essere
l’essenza del cinema e per questo non amo le “sceneggiature
logorroiche”.
IMDB 7.4 RT 100% 4 Premi a Cannes
88 * “Mustang” (di Deniz Gamze
Ergüven, Francia, 2015) * con Günes Sensoy, Doga Zeynep Doguslu,
Tugba Sunguroglu
La storia la conoscono probabilmente
tutti, moderna, attuale, eppure ci mostra retaggi e tradizioni quasi
medioevali, purtroppo ancora radicati in parecchie regioni del
mondo. Dei tre questo è senz'altro il più vivace, il più vario,
passando in pochi istanti dal dramma alla commedia, a un certo punto
con tocco di Bollywood, ma la storia appare raffazzonata, mal
descritta temporalmente e con troppe incongruenze, al limite del non
plausibile. Credere che le cinque disinibite ragazze siano cresciute
in un piccolo villaggio turco, condizionato da una mentalità bigotta
seppur tradizionale è veramente difficile da credere. I loro
atteggiamenti, la loro biancheria intima che viene esibita quasi
costantemente, il loro stesso aspetto estremamente curato non
possono essere compatibili con 5 ragazze segregate in casa per lungo
tempo, alcune molestate dallo zio, senza contatti con l’esterno.
Forse anche in quanto mi aspettavo francamente di più l’ho trovato
veramente mediocre, appena sufficiente.
IMDB 7.6 RT 100% Nomination Oscar per Miglior film straniero
89 * “El abrazo de la serpiente” (di
Ciro Guerra, Colombia, 2015) * con Nilbio Torres, Jan Bijvoet,
Antonio Bolivar
Buon film, ma mi sembra un'occasione
mancata; un ottimo soggetto con due storie quasi parallele distanti
40 anni, proposte intrecciandole fra loro in fase di narrazione.
L'alternanza di discorsi seri, fra il filosofico e religioso, con
alcuni più triviali non giova al film, così come mi sono sembrati
eccessivi i troppi riferimenti a caucheros e l’incontro con
l'invasato brasiliano che si crede figlio di Dio. L’arrivo alla
missione e lo scontro con il cappuccino che domina la sua comunità
di bambini è forse la sola attinente alla storia nel complesso,
nella quale si percepisce di più l’aggressività e invasività e degli
occidentali nell’area amazzonica. Qualche pecca tecnica in
particolare durante quasi tutte le scene in piroga che spesso si
vede ferma mentre in controcampo si vede invece in movimento mentre
i protagonisti pagaiano. Infine, non c'è controprova per sapere se
la scelta di girare in bianco e nero sia stata giusta o meno. Belle
riprese, ma non le definirei memorabili.
IMDB 8,2 RT 100% Nomination Oscar
per Miglior film straniero - Premiato a Cannes e al Sundance
Festival
90 * “Umimachi Diary” (Little Sister) (di Hirokazu Koreeda, Japan,
2015) * con Haruka Ayase, Masami Nagasawa, Kaho
Classico film giapponese,
descrittivo, senza grandi avvenimenti, ma con una più che buona
descrizione dei protagonisti, in questo caso quattro (3 + 1) sorelle
che vivono in una grande casa antica, in una piccola cittadina
vicino al mare. Il film inizia con il funerale del padre delle
ragazze e le tre già adulte, figlie di primo letto, decidono di
“adottare” la sorellastra tredicenne non reputando opportuno che
rimanga sola con la madre.
Ben delineate le personalità delle
sorelle, tutte molto diverse fra loro. Film piacevole, ben diretto
ed interpretato, che in qualche modo richiama lo stile di Ozu.
Fra la storia di queste 4 sorelle
giapponesi e quella delle 5 sorelle turche di Mustang scelgo
senz’altro la prima.
IMDB 7.6 RT 84% Premiato a San Sebastian, Nomination Palma d’Oro
a Cannes
91 * “Profundo carmesi” (di Arturo
Ripstein, Mexico, 1993) * con Regina Orozco, Daniel Giménez Cacho,
Sherlyn
Ancora una volta Ripstein (Un lugar
sin limite, El castillo de la pureza, ...) propone una storia
torbida e questa volta anche violenta. Si tratta della storia vera
di un uomo che derubava donne sole alla ricerca dell’anima gemelle e
che si imbatte una “folle” che scopre il suo gioco e quasi lo
costringe a mettersi in società.
Mentre lui tende più ad essere un
semplice truffatore lei è senz’altro l’anima nera della coppia che
lascia dietro di sé una scia di sangue ... fino alla scena finale.
IMDB 7.3 RT 75% 3 premi ed 1
Nomination a Cannes 1996
92 * “Viaggio in Italia” (di Roberto Rossellini, Italia, 1954) * con
Ingrid Bergman, George Sanders, Maria Mauban
Sono andato al cinema con grande
entusiasmo e ne sono uscito molto deluso. Ottima operazione di
restauro della Cineteca di Bologna, ma avrebbero fatto meglio a
restaurare qualche altro film. Non è certo fra i migliori film di
Rossellini e per questo è fra i meno conosciuti. Già all’uscita fu
molto criticato ma poi i suoi famosi seguaci della Nouvelle Vague
francese ne hanno fatto quasi una pellicola cult. Mi interessava per
vedere qualche scorcio di Napoli degli anni ’50 e in questo sono
stato accontentato visto che per buona parte del film Ingrid Bergman
(venuta per vendere una villa da poco ereditata da uno zio) fa la
turista visitando Pompei, Cuma, l’Antro della Sibilla, la Solfatara,
il cimitero delle Fontanelle. La colonna sonora è costituita da
canzoni napoletane intercalate da grida di ambulanti e pescatori. I
numerosi stereotipi, incongruenze ed errori marchiani ne fanno quasi
un film di serie B. Non capisco quelli che lo osannano solo perché
il regista è un tale Rossellini ...
IMDB 7.4 RT 100%
93 * “La calle de la amargura” (di Arturo Ripstein, Mexico, 2015) *
con Alberto Estrella, Leticia Gómez Rivera, Silvia Pasquel
La più recente pellicola di Arturo
Ripstein, regista messicano settantenne che spesso a trattato temi
scabrosi e storie ambientate in luoghi a dir poco degradati.
Dei quattro suoi film che ho visto
questo è senz’altro il migliore anche perché si avvantaggia di una
splendida fotografia in bianco e nero, degna dei migliori noir e che
in alcuni momenti richiama addirittura l’espressionismo dei film
muti tedeschi degli anni ’20.
Come tutti i film di Ripstein, anche
questo è stato subito molto discusso, potrete trovare vari articoli
e recensioni in italiano dato che è stato presentato a Venezia,
fuori concorso.
La trama si ispira ad una storia
vera, due prostitute avanti negli anni e con difficoltà a
procacciarsi clienti decidono di drogare e quindi derubare due
lottatori nani (gemelli), ma qualcosa va storto. In tutto lo
squallore e il degrado della vita della maggior parte dei
protagonisti c’è anche molta ironia.
Non è per tutti, ma lo consiglio.
IMDB 6.5 RT 55%
94 * “Una separazione” (di Asghar Farhadi, Iran, 2010) * con Peyman
Moaadi, Leila Hatami, Sareh Bayat
Probabilmente è il più famoso film
iraniano e meritatamente. Nel complesso è un’ottima pellicola
drammatica, ben diretta, ben interpretata e con una eccellente
sceneggiatura per la quale ebbe anche la nomination all’Oscar.
Un’escalation di tensioni familiari
e interfamiliari costellata da eventi drammatici, bugie, riserve
mentali, illazioni e sospetti. Si inizia con un’udienza per un
divorzio e si finisce nello stesso modo, ma questa volta per
stabilire con quale dei genitori debba andare a vivere la figlia
tredicenne alla quale spetta la decisione. Lo spettatore non saprà
quale sia la scelta in quanto quando il giudice, su richiesta della
ragazza, fa uscire i genitori dall’aula iniziano a scorrere i titoli
di coda. Da non perdere.
IMDB 8.4 RT 100% Oscar 2012 come Miglior film straniero e altri
76 premi fra i quali Orso d'Oro a Berliino e Golden Globe
95 * “The Lobster” (di Yorgos
Lanthimos, Irlanda, 2015) * con Colin Farrell, Rachel Weisz, Jessica
Barden, Olivia Colman
Parte bene come dark comedy, ma ben
presto si perde, peggiorando strada facendo fino a uno
sconclusionato finale e non mi riferisco solo agli ultimi minuti.
Bravo Colin Farell e molti dei
caratteristi che impersonano gli ospiti del molto particolare
residence. La descrizione della varia umanità (?) che lo popola,
pensionanti e staff, è ben proposta ed ha aspetti e trovate
originali e divertenti, qualcuna geniale. Dal momento in cui si
passa alla comunità nel bosco calano il ritmo e divertimento, per
non parlare delle visite in città.
Film a doppia velocità, molto
deludente rispetto alle aspettative, ma non del tutto malvagio ...
più che altro un’occasione mancata.
IMDB 7.2 RT 92% 3 premi a Cannes
96 * “El patrón, radiografía de un
crimen” (di Sebastián Schindel, Arg/Ven, 2015)
con Germán de Silva, Joaquín Furriel,
Andrea Garrote
Ennesimo film basato su avvenimenti
reali che, nella fattispecie, furono peggiori e di maggior durata
rispetto a quanto rappresentato nel film. Storia di moderno
schiavismo, senza catene reali ma fatto di promesse campate in aria,
ricatti morali e vessazioni psicologiche, chiaramente a discapito di
persone deboli (non fisicamente) e di basso livello culturale.
Il protagonista principale è un buon
uomo, forte ma con una zoppia, arrivato a Buenos Aires dalla
provincia e impiegato in una macelleria. Gli altri personaggi sono
sua moglie, “l’istruttore-macellaio”, l’avvocato “quasi d’ufficio” e
ovviamente il patrón (piccolo boss malavitoso). Sono tutti
abbastanza ben descritti con una nota di merito particolare per il
suo mentore che è un cattivo (in quanto “rigenera” la carne
avariata) buono e parla del suo mestiere quasi come fosse una
missione.
Le parti della manipolazione delle
carni potrebbe essere troppo per i più sensibili di stomaco e per
gli igienisti e potrebbe creare nuovi vegetariani ...
Non un capolavoro, ma senz’altro
molto ben realizzato da Schindel che ha ottenuto numerosi
riconoscimenti così come Joaquín Furriel che interpreta il
protagonista Hermogenes
Da guardare se se ne ha l’occasione,
tenendo presente l’avvertimento di cui sopra.
IMDB 7.4 FA 6,8
97 * “Taxi Teheran” (di Jafar Panahi, Iran, 2015) * con Jafar Panahi
Apprezzabile per la creatività e per
il risultato nonostante i grossi limiti derivanti dalla proibizione
di filmare in Iran. Come per i due precedenti film Jafar Panahi in
un modo o nell’altro è riuscito ad aggirare il divieto e a produrre
questo film che si svolge per lo più in un taxi con lui alla guida e
anche i pochi avvenimenti all’esterno del veicolo sono ripresi
dall’interno con inquadrature fisse. Solo in alcuni casi è lui a
ruotare la camera ed un paio di volte le riprese sono quelle
effettuate con una digitale compatta da sua nipote Hana che lo
accompagna nella seconda parte del film.
La ragazzina è veramente sua nipote
ed è stata lei a ritirare l’Orso d’Oro a Berlino per conto dello zio
al quale è negato anche il passaporto e quindi la possibilità di
recarsi all’estero.
Onestamente penso che in mancanza di
questa situazione di censura e di limitazione di libertà di
movimenti Taxi non avrebbe ottenuto lo stesso successo, ma è
altrettanto vero che in tal caso Jafar Panahi avrebbe girato
tutt’altro film.
IMDB 7.5 RT 100% Orso d’Oro e Premio FIPRESCI a Berlino
98 * “Tangerine” (di Sean Baker,
USA, 2015) * con Kitana Kiki Rodriguez, Mya Taylor, Karren
Karagulian
Film della nuova frontiera
cinematografica, girato in tre settimane utilizzando tre comuni
iPhone 5S con un budget di appena 100.000 dollari!!! Ma ciò non
aggiunge o sottrae niente ai suoi meriti, in quanto si tratta di una
brillante commedia dark, ambientata fra transgender, prostitute e
omosessuali, ma senza alcuna volgarità gratuita, solo gli
atteggiamenti e lo slang che ci si aspetta si usino in tale
ambiente. Certamente non adatto ad educande (se ancora esistono) o a
orecchie troppo caste.
Ha già vinto numerosi premi e
raccolto ancor più nomination, è anche stato presentato al Festival
di Torino, spero in versione originale. Sarebbe un sacrilegio
doppiarlo facendo perdere allo spettatore i veri toni di ogni
battuta ed ogni insulto.
Non si intuisce subito come i vari
personaggi che si seguono all’inizio possano poi entrare nella trama
e i colpi di scena non mancano fino alla fine, anche quando talvolta
può sembrare che si sia giunti ad un punto morto. Umanità molto
varia che va dal tassista armeno ai passeggeri casuali che carica a
bordo e a sua suocera “più armena” di lui, dalla tenutaria di un
bordello di infimo ordine in un piccolo squallidissimo appartamento
alla ragazza orientale che gestisce il piccolo locale nel quale si
riuniscono verso la fine molti dei protagonisti.
Bei colori (ovviamente trattati),
musica perfetta e ben distribuita e, ovviamente, tanta camera (iPhone)
a mano.
Chiunque abbia un buon senso dello
humour e non sia un bacchettone, non dovrebbe perderselo!
Questo è il "red
band
trailer"
(= non censurato) originale ... giusto per farvene un’idea.
IMDB 7.1 RT 97%
99 * “Nie yin niang (The Assassin)”
(di Hsiao-Hsien Hou, Cina, 2015) * con Chen Chang, Qi Shu, Yun Zhou
Film di una lentezza estenuante,
quasi privo di avvenimenti, poco parlato, tante inquadrature fisse,
colori carichi ma poco vivi dopo la prima decina di minuti in bianco
e nero, accompagnato per lunghi periodi dal suono ritmato (4 o 5
secondi) di un singolo tamburo quasi a scandire il tempo.
Ambientata nel VII secolo, la storia
si sviluppa fra esterni naturali affascinanti (ai quali la
fotografia non dà il giusto merito) e ambienti interni ben
ricostruiti ma scarni. Anche una danza al ritmo di tamburi, che a
metà film ravviva un poco il ritmo, appare disgiunta dal resto e
anche se può richiamare per un attimo scene come quella in “La
foresta dei pugnali volanti” è molto lontana da quel livello. Gli
appassionati dei classici combattimenti fra maestri di arti marziali
con spade, bastoni o mani nude resteranno altrettanto delusi, sono
pochi e brevi.
Non posso dire che sia brutto o mal
fatto, ma dice poco, molto poco ... lo definirei ignavo.
I due premi ottenuti a Cannes (per
regia e colonna sonora) contrastano con i recensioni non eccellenti,
quasi scarse.
IMDB 6,5 RT 82% 2 premi a Cannes
100 * “Mandariinid” (Tangerines) (di
Zaza Urushadze, Georgia/Estonia, 2013) * con Lembit Ulfsak, Elmo
Nüganen, Giorgi Nakashidze
Dopo la parziale delusione del
novantanovesimo film guardato nel 2016, ho “festeggiato” con il
100°, forse quasi altrettanto lento ma con molta più tensione,
ottima descrizione dei personaggi e dei loro cambiamenti nel corso
della pellicola.
Il tutto si svolge al fra due case
isolate al margine del bosco e vicine all’agrumeto che fornisce il
titolo al film (da non confondere con il “Tangerine”, al singolare,
di Sean Baker, recensito un paio di giorni fa al numero 98).
Questa pellicola di produzione
estone-georgiana ci riporta ad uno dei vari conflitti successivi
all’indipendenza di molte repubbliche ex-sovietiche, in questo caso
gli scontri del 1992 fra georgiani, ossezi, acbasi e mercenari
ceceni e avvenuti in Georgia (già indipendente) dalla quale erano
scappati quasi tutti gli estoni, tornando in patria sul Baltico.
I protagonisti sono 4: i due estoni
(Ivo e Margus, unici residenti nelle due case) ed un ceceno e un
georgiano (combattenti su fronti opposti) feriti in un scontro a
fuoco ai quali i primi due salvano la vita. La convivenza sotto lo
stesso tetto chiaramente non è delle più semplici.
Apertamente contro la guerra, il
film scorre fra le sagge considerazioni di Ivo che in un modo o
nell’altro tenta di sopravvivere e far sopravvivere l’intero gruppo,
le ansie e le preoccupazioni di Margus per il suo raccolto di
mandarini messo a rischio dalla guerra, le continue minacce e gli
insulti che si rivolgono i due combattenti. Non manca una certa
ironia che va spesso a spezzare il clima di tensione che
inevitabilmente si crea fra i protagonisti.
Prodotto nel 2013, candidato
all’Oscar 2015 per i film stranieri (fra i quali c’era “Relatos
salvajes” aka “Storie pazzesche”, ma fu vinto dal polacco “Ida”),
dovrebbe uscire in Italia il 7 aprile 2016 ... meglio tardi che mai.
Consigliato.
IMDB 8.4 RT 86% Nomination Oscar 2015 |